Il Faito

a cura di Maurizio Cuomo

Seppur brevemente vogliamo dedicare una pagina di LR al Faito, il nostro “gigante buono”, riportando ciò che nel 1842 scriveva il nostro conterraneo Catello Parisi, nel suo encomiabile “Cenno storico descrittivo della città di Castellammare di Stabia”.

Faito - litografia del 1823 (coll. Gaetano Fontana)

Faito – litografia del 1823 (coll. Gaetano Fontana)

Dagli Appennini sub-Campani Castellammare è dominata. Il monte Faito che ne una diramazione da molti autori l’antico monte Lattario creduto, verso il sud le fa immediatamente spalliera e nel sottoposto mare si specchia. Alle sue falde fabbricata è la nostra città… Sulla sommità del monte Faito una immensa spianata trovasi di sorprendente amenità.

Il golfo di Stabiae (foto Maurizio Cuomo)

Panorama dal Faito (foto Maurizio Cuomo)

Vari paesi da essa guardansi sottosposti e l’occhio incantato percorre un estesissimo orizzonte di variato e pittoresco spettacolo. Gli Appenini, il Vesuvio, Napoli, tutta la Campania, il nostro golfo il nostro cratere vedesi da una parte, e dall’altra il golfo di Salerno è pur dominato da sì bella incantevole pianura. L’animo dello spettatore si eleva a tal sublime panorama e di pura dolcissima gioia trasogna.

Faggio secolare (foto Maurizio Cuomo)

Faggio secolare (foto Maurizio Cuomo)

Molti annosi faggi, da cui il nome di Faito a questo monte si dava, l’abbellivano che in gran parte n’erano infelicemente recisi nell’anno 1822 ed ora tutta questa bella e magnifica pianura a poche vacche serve di pascolo.


Fortemente ispirati dalla bellezza naturale di questa montagna che morfologicamente accoglie e protegge nel suo grembo “materno” anche la nostra Castellammare, chiudiamo questa amabile dissertazione storica con un nostro personalissimo pensiero liberamente ispirato da “Passeggiata a Monte Faito” di Piero Girace (anno 1937).

naturalistica

Maggio 2017: sentiero di cresta che dal Belvedere del Faito mena alla Croce dell’eremita (foto F. Fontanella)

Il Faito diviene toccasana per spirito e corpo di arditi escursionisti e ancor più di tranquille famigliole, quando calura e afa estiva fanno desiderare l’aria fresca delle alture, e il vento non vuol discendere alle gremite marine, che splendono orgiastiche al sole. Vetusti faggi raccontano un luogo in cui le vacche si aggiravano mansuete sul pianoro a digrumare l’erba aromatica, retaggio dei tempi andati. Già all’altezza del Belvedere, la montagna fa sentire il suo odore; che acre di vegetazione vergine, risveglia l’appetito. Tutte le erbe medicinali di cui parla il vecchio Galeno, impregnano l’aria della loro essenza; Erbe odorose, selvatiche, che nascono e muoiono nel fitto della boscaglia, fra un tronco d’albero ed un bianco macigno. La strada girando, stringe nelle sue ampie spire la montagna: l’uno, appresso l’altro, si scorgono incantevoli i paesaggi dove l’occhio sconfina perdendosi nello spettacolo eterno offerto da Madre Natura, generosa. Quanta bellezza e quanta malinconia, il Faito si estende ed adagia la sua maestosa mole, nel mare che ai suoi piedi sembra seta azzurra. Ivi si nascondevano i briganti; forse bivaccando, senza accendere i fuochi, nella selva che veloce corre verso la vetta. Ancor prima di essi questi eremi selvosi accolsero santi ed anacoreti. Solitudini fascinose racconta la Montagna. Del reverbero, ancor oggi, s’avvolge il fortunato avventore, e i sentieri si impigliano fra i piedi.

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