di Enzo Cesarano
Il presepe dell’Immacolata, o meglio, se vogliamo essere originali e campanilistici, il presepe di “fratielle e surelle”, per uno stabiese come me, simboleggia l’apertura del periodo natalizio che culminerà con la nascita di Gesù.
L’idea di commissionare al maestro Franco Liguori, un presepe del genere: semplice, essenziale, e concedetemelo, per nulla banale, mi è balenata per la testa, per la repulsione che avverto nei confronti di una società, che attratta dai media, è divenuta ostaggio della globalizzazione, causa di un’esasperata diffusione di tendenze e culture a noi estranee (si veda la notte di Halloween di antica origine celtica, poi adottata negli States si è allargata a macchia d’olio in tutto il mondo occidentale). Siamo infatti, tutti vittime delle mode del momento che stanno snaturalizzando, sostituendosi un po’ alla volta, alle vere tradizioni nostrane.
Perdere una tradizione è un po’ come perdere memoria del proprio passato, ecco perché penso che alle nuove generazioni bisogna trasmettere l’importanza dei trascorsi dei nostri avi.
Va fatto, però, un netto distinguo tra la tradizione del dare la voce di “fratielle e surelle” (che affonda le sue radici storico-culturali nel contesto stabiano), e la negletta ed inopportuna appropriazione di questa usanza da parte di vandali disturbatori che esplodono bombe carta alle prime ore del mattino. Distinguo opportuno, da farsi anche per i cosiddetti “fuocaracchi” che riprendono l’usanza di accendere un fuoco originariamente di dimensioni ridotte (veniva acceso in strada per scaldarsi, in raccoglimento ed in preghiera, in attesa dell’arrivo dell’Immacolata), ben altra cosa rispetto all’esasperata e pericolosa costruzione di falò dalle dimensioni mastodontiche.
Puntualizzato ciò, ad onor del vero e del giusto, sono fermamente convinto che bisogna difendere la vera tradizione e mantenerla viva.
Per noi stabiesi, e soprattutto per chi come me è orgoglioso di esserlo, l’Immacolata, il dare la voce di “fratielle e surelle“, i fuocaracchi, per non parlare poi, del protettore San Catello (santo poco conosciuto altrove), sono peculiarità che bisogna salvaguardare, difendere e mantener vive, perché riescono a coinvolgere e a rendere coeso un intero territorio.
Forza Castellammare, evviva le nostre tradizioni, sempre e comunque!!!