L’intera redazione del Libero Ricercatore, pubblicando il video che vedrete ha voluto celebrare un doveroso omaggio a Mons. Petagna, che donò alla cittadinanza stabiese, fino ad impoverirsi, un tesoro di inestimabile valore. Monsignor Francesco Saverio Maria Petagna nacque a Napoli il 13 dicembre 1812, fu eletto vescovo di Castellammare di Stabia a 38 anni, rimase alla guida spirituale della Diocesi stabiese per 28 anni, dal 1850 al 1878.
Forse di ideologia filoborbonica, fu allontanato da Pio IX a Marsiglia, dopo l’Unità d’Italia (1860-1866); ivi si pose in evidenza per la sua generosità verso i meno abbienti; per la sua grande preparazione biblica; per il suo amore per chi era lontano dalla Patria. Si disse di lui: – visse beneficando, morì povero. –
Il 14 dicembre 1866 fece ritorno nella Diocesi di Castellamare di Stabia. Partecipò al Concilio Vaticano I° (1870), contribuendo con grande sapienza con la sua riflessione teologica sull’infallibilità papale nell’esercizio del Ministero Petrino. Monsignor Petagna morì a Castellammare di Stabia il 18 dicembre 1878.
Centotrentaquattro anni dopo la sua morte Papa Benedetto XVI ha riconosciuto che il servo di Dio Mons. Francesco Saverio Petagna esercitò in modo eroico le Virtù Cristiane, dichiarandolo Venerabile.
A Monsignor Francesco Saverio Maria Petagna si devono le origini del Presepe Monumentale di Stabia. Da una sua collezione di pastori, del XVII e XVIII secolo, prese vita il presepio attuale; durante il suo esilio a Marsiglia furono aggiunti dei pezzi (fino a 500 fra statue, rappresentazioni di animali e suppellettili). Nel 1919 il sacerdote Angelo Torre e Domenico Santoro, ripresentarono alla città il presepe stabiano; tutta la navata destra diveniva scenografia della natività. Le maestranze del Cantiere Navale contribuirono agli allestimenti.
Durante la II° Guerra Mondiale la rappresentazione della Natività non fu realizzata… In tale periodo, purtroppo alcuni pezzi furono danneggiati o, nella peggiore delle ipotesi trafugati. Negli anni ’50, la passione e la fede di Antonio Greco (maestro di arte presepiale), dopo uno scrupoloso restauro, restituì l’opera munumentale alla città. Opera fu esposta nella Cattedrale di Santa Maria dell’Assunta per volere del Direttore dell’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo Francesco Pandolfi, dell’avvocato Franco Scarselli e di don Paolo Cecere. Correva l’anno 1962 (6 dicembre) e fino al 20 gennaio 1963, quando il presepe stabiano fu protagonista di mostre all’Antoniano di Bologna e all’Angelicum di Milano. Il terremoto dell’80, e l’abbandono, diedero un altro duro colpo al presepio. Ad inizio millennio, l’opera fu sottoposta ad un nuovo restauro con i finanziamenti di Giovanni Irollo e l’aiuto della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e Provincia.
Dal 2001 in poi furono nuovamente fruibili la Sacra Famiglia, i Magi, una donna con bimbo in fasce e diversi animali; successivamente nel 2004 furono restaurati altri pastori, fino ad un totale di sessanta figure. Le scene più rappresentative che vengono oggi riproposte sono: la Natività con la Madonna, San Giuseppe, un pastore in ginocchio, un angelo, il bambino ciaramellaio, il dormiente e il cherubino; il corteo dei Magi, con i re Merchiorre, Baldassarre e Gaspare, il mongolo, il paggio moro, il paggio georgiano e il paggio levantino; il gruppo della taverna, con l’oste, lo sciacquante, la ragazza delle faccende, l’uomo mezzo carattere e la castagnara; la famiglia borghese con l’uomo e la donna borghese, il lattante e il ragazzo. Tra le altre figure si notano il ragazzo che ride, la vecchia in azzurro, la donna col nastro, il fumatore, la ricca contadinella, il nobile, la vecchia in bianco, la samaritana, la giovane contadina e ancora due cavalli, pecore, cani, mucche, maiali e capre.
Testa, mani e piedi dei pastori sono in legno policromato o, in minor numero, in terracotta, mentre gli occhi sono in vetro; il corpo invece è realizzato in stoppa e fil di ferro, rivestito poi con abiti in stoffa: le statue hanno un’altezza che si aggira tra i 70 ai 145 centimetri. E’ nostro parere, che un patrimonio del genere entri di prepotenza nella consapevolezza cittadina di una ricchezza posseduta e per questo da gestirsi con impegno e serietà. E’ nostro parere, che l’opera monumentale voluta da Francesco Petagna debba assurgere a ribalte importanti come quelle degli anni ’60 che la videro protagonista nel mondo dell’arte nazionale e internazionale.
L’articolo, espressione corale dell’intera redazione del Libero Ricercatore, viene solo pubblicato da Corrado Di Martino.