articolo di Maurizio Cuomo
Quella che a breve mi accingo a raccontare è la storia di un sampietrino molto particolare che a sua volta racconta la storia di un luogo per alcuni stabiesi molto caro e ancora poco conosciuto: Portocarello.
Di Portocarello e della sua storia abbiamo già ampiamente parlato in un precedente articolo, (che qualora non vi fosse capitato a taglio, vi esorto a leggere per maggiori approfondimenti, questo il link diretto alla pagina: La Torre di Portocarello), per cui, non volendomi ripetere, focalizzerò questo breve articolo interamente sul nostro sampietrino.
Faccio un inciso breve, ma doveroso, la presente intuizione, ovvero che questo particolare sampietrino possa appartenere alla fortificazione di Portocarello, venne al nostro naturalista Nando Fontanella, quando, steso al sole sulla battigia del mare in cerca di refrigerio, nel delirio della calura di una torrida giornata estiva, prendendo in mano uno di questi manufatti, tutto ad un tratto venne assalito da un pensiero costante: perché in tanti chilometri di costa queste particolari pietre sono presenti solo alla calcina?Poi inevitabilmente il suo pensiero andò all’antica fortificazione e di lì a breve prese forma l’intuizione di cui sopra.
Preso dalla valenza della possibile scoperta, forse nel tentativo di cercare conforto e di mettere un po’ in ordine i pensieri, Nando, mi telefonò dalla spiaggia esponendomi la sua tesi, che ebbi modo di apprezzare sin da subito… sapevo benissimo che a differenza di altri lidi stabiesi, la calcina era disseminata di quei grossi sampietrini: da ragazzo, con questi particolari manufatti, un tempo rintracciabili ad ogni palmo della cosiddetta “seconda calcina”1, ci avrò giocato una infinità di volte… con la fervida fantasia di bambino, in mancanza della sabbia, li disponevo a formare i quattro angoli di un quadrato, ad una distanza di circa 30/40 cm l’uno dall’altro e poi congiungevo i lati impilando dei ciottoli a mo’ di muro a secco, così facendo ricavavo una fortificazione in miniatura, utilizzata poi per i giochi più svariati.
Il sampietrino di Portocarello, non era solo oggetto dei giochi di noi bambini, ma nel tempo divenne per gli stabiesi una vera e propria “comodità” da tenere a casa o in cantina, utile da utilizzarsi (per particolare forma e peso), ogni qualvolta si dovevano preparare e conservare nei barattoli: melanzane, alici e qualsiasi altra conserva, che avesse bisogno di un peso utile a stringere il contenuto nei recipienti.
La laboriosità delle casalinghe stabiesi, sempre pronte e disposte a preparare conserve di ogni tipologia, negli anni fece poi sì, che il sampietrino di Portocarello divenisse oggetto di uso comune.
Poliedro a forma di piramide a base quadra e dal vertice tronco, questo sampietrino si differenzia da tutti gli altri presenti sulle strade cittadine, per dimensioni e peso. Lo abbiamo identificato come sampietrino di Portocarello perché, con ogni probabilità, faceva parte della fortezza che sorgeva sul litorale stabiese, dove oggi insiste il complesso balneare/alberghiero del Crowne Plaza,
struttura sorta a sua volta sui ruderi della ormai dismessa Calce e Cementi (il cui impianto fu demolito nel 1999).
Muto testimone dei tempi che furono, questo manufatto in pietra lavica, è oggi, l’unica traccia tangibile della celebre fortificazione eretta nel 1635 a difesa della costa stabiese. Scolpito a mano e con il sudore degli scalpellini di un tempo, questo sampietrino, con ogni probabilità, per la sua notevole consistenza, era parte della muraglia basale frangionda della fortificazione di Portocarello, quel “basamento rettangolare a scarpa”2,
citato a più riprese che ha resistito nel tempo ed ha ispirato fantasia e teorie di numerosi scrittori e storici locali.
Note:
- spiaggetta “libera” ciottolosa posta ai piedi dell’impianto industriale, raggiungibile attraversando uno stretto, lungo corridoio che costeggiava a pelo d’acqua un tratto del muro di cinta dell’impianto ↩
- cit. Tommaso De Rosa, Castellammare di Stabia. Rievocazioni e rivendicazioni storiche. Anno 1937 ↩
Salve,sono del posto, sono del 1960 e mi ricordo di questi cubotti vesuviani tra l’altro molto costosi già’ a quei tempi come il basolato,mi ricordo benissimo che mentre stavamo a fare il bagno o altro arrivavano camion e da sopra la strada ribaltavano in spiaggia enormi quantità’ di materiali da risulta : pavimenti, terreno,lapillo,wc ecc…,si alzavano polveroni enormi e tutti in acqua.Ricordo il punto di scarico c’era una grande pianta di fiche,di fronte alla Madegra.E da sta montagna di inerti scendevamo in spiaggia.Era un po’ cosi’ lungo tutto il litorale Pozzano ,discariche, poi in inverno il mare mangiava tutto.Dove sta la spiaggia Stone ai tempi grande discarica autorizzata e con barriera a pagamento gestita da un tizio del posto. Detto cio’,lego il fatto del cubotto perche’questi erano il pavimento di via acton,li ricordo bene davanti fincantiere lato vesuviana, oggi stanno dalle terme fino a fontana grande. Saluti