Il sergente stabiese Alessandro Coppola

Il Sergente S.D.T. Alessandro Coppola
e la tragica morte sul torpediniere “Quintino Sella” dopo l’armistizio

Alessandro Coppola

Alessandro Coppola

Alessandro Coppola nacque a Castellammare di Stabia il 7 giugno del 1917 nella palazzina di fronte all’attuale caserma dei Carabinieri di Corso De Gasperi. Figlio di Andrea che era un operaio della Corderia della Marina, Alessandro aveva 4 fratelli e 2 sorelle. Arruolatisi nella Regia Marina frequentò il Corso per il Servizio Direzione Tiro a La Spezia e allo scoppio della guerra fu assegnato al cacciatorpediniere Quintino Sella. Questa unità era capo classe di altre 3 navi (Crispi, Nicotera e Ricasoli), costruita nei cantieri Pattison di Napoli, fu consegnata alla Regia Marina nel 1927, con dislocamento di 1.279 tonnellate, aveva le seguenti dimensioni: 84,9 metri di lunghezza per 8,6 di larghezza e 2,6 di immersione; il suo apparato motore era costituito da 3 caldaie Parson e 2 turbine Thornycroft, sviluppava una potenza di 35.000 cavalli vapore con una velocità di 35 nodi. L’armamento originale era costituito da 3 cannoni da 120/45 mm., 2 pezzi da 40/35 mm., 4 tubi lancia siluri da 533 mm e circa 40 mine. Il suo equipaggio era di 125 uomini. Caccia di buonissime qualità nautiche per il periodo in cui fu costruito, nel 1929 gli fu aggiunto un secondo cannone da 120. Allo scoppio della guerra, quindi, possedeva 4 cannoni da 120: 2 in un complesso binato sul castello a prora e 2 sul casotto di poppa, oltre all’armamento antiaereo, ai siluri ed alle mine. Le caratteristiche di tale classe di cacciatorpediniere, fecero si che nel 1940, il Nicotera ed il Ricasoli fossero acquistati dalla Svezia, mentre il Crispi, dopo l’8 settembre 1943, fu preso dai tedeschi e ridenominato TA 15.

Il Sella in navigazione

Il Sella in navigazione

Tragica sorte subì il Sella ed il sergente Alessandro Coppola dopo ben 116 missioni di guerra in Egeo. A marzo del 1941, i 6 barchini esplosivi (MTM) imbarcati sulla nave, riuscirono a danneggiare l’incrociatore York, un piroscafo e sei petroliere nei pressi della baia di Suda dell’isola di Creta. L’unità era inquadrata nella 4° Squadriglia Cacciatorpediniere del Comando navale Mar Egeo.

Alessandro Coppola (a sinistra)

Alessandro Coppola (a sinistra)

Alessandro Coppola (secondo da destra) ad Atene nel 1940

Alessandro Coppola (secondo da destra) ad Atene nel 1940

All’atto dell’armistizio il Sella si trovava a Venezia per lavori e Alessandro Coppola a Castellammare in licenza. Questi appena sentì alla radio l’annuncio dell’armistizio, obbedendo alla voce del dovere, pensò di raggiungere la sua nave. A nulla valsero le esortazioni dei genitori e degli amici per restare a Castellammare perché ritenevano che la guerra fosse ormai terminata.
Mi racconta suo nipote Andrea, figlio del fratello Carmine, che ha saputo da una zia che incontrandolo a traversa Mele, nei pressi della porta carraia della Cirio lo supplicò di desistere dalla sua decisione. Ma il marinaio fu irremovibile. Nonostante le difficoltà di spostamento ferroviario di quei giorni, Alessandro riuscì ad imbarcarsi sul Sella che, nel frattempo, pur non avendo ultimato i lavori, al comando del Capitano di Corvetta Corrado Cini aveva lasciato la città imbarcando sul molo Giardini ove era ormeggiata, un numero imprecisato di civili e si avviava per portarsi al Sud e precisamente a Brindisi.

Momenti di relax

Momenti di relax

Ma alle ore 17,45 del giorno 11 settembre a 12 miglia dalle coste veneziane, fu affondata dalla motosilurante tedesca S.54 della Kriegmarine al comando dell’Oberleutnant Schmidt, sbucata all’improvviso dietro il mercantile Pontinia, una carretta del mare del 1888 e le motonavi Leopardi e Quarnerolo provenienti da Fiume.

Coppola (a sinistra) sul cannone di prora

Coppola (a sinistra) sul cannone di prora

In franchigia ad Atene

In franchigia ad Atene

La S.54 e la S.55 due giorni prima avevano lasciato il porto di Taranto dopo averlo minato ed aver affondato il cacciatorpediniere inglese Abdiel. Nelle acque veneziane avevano fermato il mercantile Pontinia dietro al quale si erano nascoste.
La sagoma amica dei mercantili italiani ed un’avaria alla caldaia, avevano distratto l’attenzione del Comandante che non si accorse del pericolo.
La motosilurante tedesca S.54 lanciò contro il Sella due siluri che scoppiarono, rispettivamente in corrispondenza della plancia e della sala macchina sotto il fumaiolo. Accortisi in ritardo del pericolo, dal Sella si ebbe appena il tempo di aprire il fuoco con le mitragliatrici. La nave si inabissò velocemente portando in fondo al mare 27 marinai e circa 200 civili.

Il cacciatorpediniere Quintino Sella a Venezia

Il cacciatorpediniere Quintino Sella a Venezia

La prua inarcandosi verso il cielo, rapidamente si inabissò mentre il troncone di poppa scarrocciando per circa 200 metri, scivolò nel fondo del mare con le eliche che ancora giravano nel vuoto.
Il numero dei dispersi non si saprà mai perché non si contarono i civili imbarcati.
Il Sottotenente Francesco Toscano, un ufficiale italiano prigioniero su una delle due motosiluranti tedeschi, così ricorda l’avvenimento: “… vedo le scie dei siluri che viaggiano velocissimi contro la nostra unità, sento il crepitino delle mitragliatrici. È il Quintino Sella che, accortosi dell’attacco risponde fulmineo. Ma arrivano prima i siluri, questione di secondi. L’equipaggio tedesco si alza in piedi, tutti sull’attenti mentre il Sella affonda rapidamente spezzandosi in due”.
Il Sottocapo meccanico navale Bruno Ferdani del Sella, che si trovava in plancia così descrisse l’azione: “Vedo sbucare la motosilurante che sino a quel momento si era tenuta nascosta dietro ad un nostro mercantile… Parte un ordine secco… avanti tutta! Poi il botto, mi sento catapultato in acqua, riaffioro in un mare di nafta, urla strazianti, tutto molto in fretta, quasi nemmeno il tempo di rendersi conto dell’accaduto…”.
Molti i feriti in acqua con terribili mutilazioni ed ustioni. Il Comandante Cini ed il Guardiamarina Piazza ebbero una gamba amputata. Il numero esatto dei superstiti non si saprà mai. I feriti vennero riportati a terra e smistati in differenti ospedali.
Tra i morti il Sergente S.D.T. Alessandro Coppola che pur poteva salvarsi, ma un tragico destinò volle che, obbedendo ad un codice non scritto, corresse verso la propria nave per seguirne la sorte.
All’Ufficiale in seconda della nave il Tenente di Vascello Gustavo Gianese di Genova, fu conferita “alla memoria” una Medaglia d’Argento al Valor Militare perché: “Prima dello scoppio dirigeva personalmente il tiro delle mitraglie pesanti sull’unità attaccante riuscendo a colpirla. Ferito gravemente nell’imminenza dell’affondamento si prodigava per il salvataggio dei naufraghi”.

Nella foto è visibile il complesso binato sul casotto a poppa

Nella foto è visibile il complesso binato sul casotto a poppa

Medaglie di Bronzo al Valor Militare, oltre al Comandante Cini (4° concessione) furono conferite “alla memoria” al Sottotenente di Vascello Giuseppe D’Henry ed al Tenente Fulvio Mastracchio per il loro eroico comportamento durante l’azione.
Sulla nave si trovava, come Direttore di macchina, anche il Capitano del Genio Navale Guido Cervone, futuro Vicedirettore di Maricorderia di Castellammare di Stabia (1953 – 1973) e socio fondatore del Gruppo A.N.M.I. di Pompei, insignito successivamente di Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: “In combattimento ravvicinato contro motosilurante tedesca sbucata improvvisamente dal ridosso di un piroscafo, accortosi che contro la propria Nave erano stati lanciati due siluri, accorreva coraggiosamente in caldaia per sollecitare la riparazione di una avaria che impediva la manovrabilità della nave. Rimasto ferito in seguito allo scoppio di uno dei siluri, manteneva sereno contegno esempio di alto senso del dovere e di noncuranza del pericolo”.

Tubi lanciasiluri

Tubi lanciasiluri

Mitraglia

Mitraglia

Il relitto fu scoperto, agli inizi degli anni ’70, dal Gruppo di Ricerche Subacquee ARGO. Si trova a 25 metri di profondità con ancora visibili il complesso binato dei cannoni, il verricello salpancore, una delle caldaie non esplosa ed un lanciasiluri. Nel 1995 fu deciso di far brillare il relitto che conservava ancora il suo carico di esplosivi nella santa barbara non coinvolta nell’esplosione. Nel mese di settembre del 1988 la nave Sandalo della Marina Militare rese gli onori militari alle vittime che riposano in fondo al mare, lanciando due corone di alloro al suono del silenzio fuori ordinanza.


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