Lo scorso mese di novembre è stato caratterizzato da intensi venti di scirocco e libeccio. Le poderose e calde folate hanno determinato il rovinoso crollo di tanti castagni monumentali nel parco della Reggia di Quisisana, accelerando il crudele degrado che attanaglia la zona. Lo sradicamento di queste vetuste piante è passato pressoché inosservato quando, invece, doveva destare un profondo scoramento nella cittadinanza tutta. A Quisisana, infatti, non stanno morendo dei “semplici” alberi, ma veri e propri monumenti viventi che meritano di essere tutelati, recuperati e valorizzati al pari delle architetture storiche.
Così scrivevo nel dicembre 2012, purtroppo da allora nulla è stato fatto. A Quisisana i castagni monumentali continuano a crollare con rovinosi e fragorosi schianti, comportando anche un grosso e non trascurabile rischio per la pubblica incolumità.
Ferdinando Fontanella
Castellammare di Stabia, febbraio 2014
A Castellammare il castagno oltre ad essere un prodigioso albero per la produzione di pali e castagne, trova impiego anche come essenza ornamentale. Predomina, infatti, con maestosi e vetusti esemplari nel parco della Reggia di Quisisana. L’uso ornamentale della specie può essere definito non comune, perché la pianta poco si presta allo scopo, basti pensare che la caduta dei ricci e delle castagne nel periodo autunnale è causa di un certo rischio e fastidio per gli avventori, nel periodo invernale poi la copiosa perdita delle foglie procura non pochi problemi per la pulizia e la manutenzione dei viali.
Come mai, allora, proprio il castagno è stato eletto ad albero ornamentale del sito reale? Per rispondere a questa domanda è necessario considerare, brevemente, il contesto storico che ha visto nascere il parco e i giardini di Quisisana. Tra la seconda metà del secolo XVIII e i primi del XIX, la tenuta reale di Quisisana è un possedimento della casa reale borbonica, che v’investe ingenti capitali in opere di ampliamento e ammodernamento, tra i lavori eseguiti figura anche la realizzazione del giardino e del parco(1).
Nello stesso periodo, dall’Inghilterra, si diffonde in Europa una nuova visione nell’arte di concepire gli spazi verdi delle ville, non più legata alla geometrica artificiosità del classico giardino francese, fatto di vialoni rettilinei e aiuole ben squadrate, con piante potate in modo estroso, racchiusi in recinti di mura perimetrali, ma più conforme alla disordinata bellezza della natura(2). La nuova concezione mira perciò a ricreare scenari naturali: i viali sono più stretti e con tracciati tortuosi, le aiuole sistemate in modo tale da non formare schemi ripetitivi per forma e dimensione, le piante disposte a formare boschetti, con alberi lasciati liberi di seguire la naturale indole di crescita. Sono aboliti i limiti fisici perimetrali a favore di una graduale e armonica diluizione nel paesaggio e la natura circostante. Un giardino, insomma, di tipo naturalistico, paesaggistico o, se vogliamo, in omaggio alla patria d’origine, all’inglese.
Chi si occupa del restauro della Reggia tiene conto di questa nuova moda in fatto di spazzi verdi, ne è testimone la realizzazione del piccolo e grazioso giardino inglese, posto all’ingresso del Palazzo, caratterizzato da: vialetti dal tracciato sinuoso, fontane che simulano sorgenti naturali, aiuole irregolari, dove sono stati acclimatati con successo numerosi alberi esotici ad esempio camelie, magnolie, cedri, ippocastani, eucalipti, che formano boschetti molto affascinanti. Una vecchia torre piccionaia completa il tutto, donando un pizzico di fascino antico, stimolando la mente e l’anima del visitatore. Uno spazio verde di questo tipo è concepito per assolvere, essenzialmente, ad una funzione di rappresentanza in fatto di eleganza e magnificenza internazionale dei Borbone, la moderna concezione della struttura, le specie esotiche qui piantate, hanno questo compito. Quello che però manca al giardino inglese di Quisisana è la maestosità, la struttura è piccolissima ed è circondata da un muro perimetrale che separa fisicamente il giardino dal paesaggio circostante. La presenza di questa barriera è, tuttavia, sapientemente occultata da lecci e platani piantati lungo il margine delle aiuole, accorgimento che fa apparire il giardino più grande di quello che è in realtà, creando al contempo una “falsa” continuità col paesaggio circostante.
Per sorprendere e meravigliare gli importanti ospiti del Casino estivo, i Borbone decisero quindi di affiancare al “modesto” giardino inglese un maestoso parco arboreo. Ovviamente anche questo complesso rispetta i moderni dettami del pensiero paesaggistico: è munito di viali per il passeggio il cui percorso è segnato da querce e tigli, camminamenti che si diramano, con agevoli sentieri, nel cuore dei Monti lattari. Nessuna recinzione delimita il perimetro. Nel parco numerosi sono, di tratto in tratto, i belvedere affacciati sull’incanto del golfo di Napoli, non manca un gruppo di fontane ornamentali, alcuni ponticelli che attraversano i torrenti e i suggestivi salti d’acqua naturali dei valloni di Quisisana. Tanti sono, insomma, gli accorgimenti che creano maestosi scenari e rendendo il Parco il naturale completamento ai giardini del Palazzo. Il progetto di quest’imponente Parco è molto sobrio e naturale, l’artificiosità è limitata al minimo indispensabile, sono banditi anche le essenze esotiche e l’impianto trova sapientemente spazio in un antico castagneto posto nei pressi della Reggia, i vetusti castagni con la loro maestosa presenza donano alla struttura un fascino arcaico, armonizzandola ancora di più al paesaggio circostante.
A distanza di due secoli dai lavori borbonici della struttura antica restano ben poche tracce, vandalismo e restauri approssimativi hanno lasciato il segno. Esistono ancora molte essenze arboree del grazioso giardino inglese, mentre sopravvivono a stento i tigli e le querce che bordano i viali e i sentieri, e i maestosi castagni. Alberi che rappresentano per la città un vero e proprio patrimonio monumentale e che meriterebbero tutt’altra considerazione. Purtroppo numerose malattie e l’incuria protratta da lungo tempo, sta lentamente ed inesorabilmente sterminando queste piante, ciò rappresenta un’ulteriore ed inaccettabile perdita per il patrimonio storico e naturalistico della città.