articolo di Associazione Stabiae 79 A.D.
Oggi ricorre il 270° anniversario (7 giugno 1749-2019) dell’inizio della campagna di scavo che portò alla scoperta della città romana di Stabiae (antico nome di Castellammare di Stabia), per volontà del Re di Napoli e Sicilia, Carlo III di Borbone, dove furono rinvenuti resti di strutture, riconducibili all’insediamento stabiano che venne distrutto e sepolto dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. insieme a Pompei ed Ercolano.
Le prime opere di scavo furono realizzate attraverso una serie di cunicoli sotterranei sulla collina di Varano, più precisamente nella zona del ponte di S. Marco, sotto la direzione dell’ingegnere svizzero Karl Jacob Weber.
Le prime testimonianze riportate alla luce furono quattro vasi di bronzo, due lucerne e due dipinti: una che raffigurava due donne identificate come ministre di Bacco; l’altra una mezza figura di donna recante in una mano uno strumento.
Da quel momento, si susseguirono una moltitudine di ritrovamenti tra oggetti, affreschi, sculture, stucchi e mosaici di inestimabile valore, ubicati in dimore sontuose che costeggiavano il ciglio del pianoro.
Infatti, le ville scoperte e disegnate fedelmente sulle piante dal Weber e Francesco la Vega sono: la Villa di San Marco (nome attribuito per la presenza di una cappella intitolata al santo collocata nei pressi del complesso residenziale), la Villa di Anteros ed Heraclo, la Villa del Pastore, la Villa di Arianna, il Secondo complesso e l’impianto urbano, concentrato intorno al Decumano massimo (la strada dei commerci).
Il nucleo cittadino era caratterizzato da case signorili, botteghe, taberne e infine la piazza, ovvero “il Foro”, dove gli stabiani erano soliti adunarsi. Esso rappresentava il luogo degli incontri di ogni giorno, dei lutti e delle feste con un grande porticato su tre lati e un tempietto con altare al centro.
Una serie di stradine lastricate, lungo il costone del pianoro, conducevano ad alcune ville e palestre, dei veri e propri centri di benessere per chi volesse riacquistar la salute, tramite l’azione benefica dell’aria, del latte dei Monti Lattari, delle acque minerali, della benignità e dolcezza del clima.
Tanto è ancora da scoprire. E’ come se la terra volesse trattenere a se questo immenso tesoro, ma è un regalo troppo grande per poterlo celare ancora. Un giorno, speriamo di poter camminare anche noi lungo quelle strade ancora sepolte, di poter riempire i nostri occhi con tutto ciò che è stato la nostra storia.