tratto da “Stabiae e Castellammare di Stabia”*
La statua bronzea raffigurante l’Apostolo San Matteo, che si erge maestosa sul sagrado della Parrocchia omonima, a Quisisana, è opera d’arte delle maestranze stabiesi. Pare che essa trovi ispirazione dal S. Matteo di Guido Reni della Pinacoteca Vaticana.
La fusione su modello di creta approntato dagli scultori Giuseppe Tosques e Guglielmo Roehrsen, fu fatta nel Cantiere Navale di Castellammare, sotto la direzione del Capofficina cav. Giuseppe Puglia; e ultimata nell’officina congegnatori sotto la guida del Capotecnico cav. Angelo Sciacchitano.
L’Apostolo, dalla barba fluente, in atteggiamento ieratico, nell’atto di calpestare il sacchetto con le monete che vanno spargendosi, provenienti dal suo esercizio di pubblicano, incarna al vivo l’espressione del felice evento che gli fece lasciare, senza tentennamenti, il suo banco di collettore d’imposte, alla chiamata del Maestro Divino di seguirLo, divenendo, poi, il primo Evangelista.
La statua, voluta ad iniziativa del Parroco Mons. Alfredo Santaniello, eterna il ricordo dell’opera di civilizzazione che l’Italia svolse a favore delle terre e del popolo d’Etiopia fino al 1944, dopo i fatti d’arme del 1935-36.
Ecco l’epigrafe, pur essa fusa nel bronzo, che si legge sul piedistallo:
A SAN MATTEO
APOSTOLO DELL’ETIOPIA
IL PARROCO ALFREDO SANTANIELLO
I FIGLIANI
QUESTO MONUMENTO ERESSERO
PEGNO DI RICONOSCENZA
AL GRANDE PRECURSORE
DELLE NOSTRE ARMI
CIVILIZZATRICI
DI QUELLA IMPERVIA REGIONE
14 AGOSTO 1938 XVI
Note: *l’articolo è tratto da “Stabiae e Castellammare di Stabia”, del prof. Michele Palumbo, opera edita nel 1972 da Aldo Fiory Editore di Napoli. Paragrafo n. 384 pag. 536.
A commento di questo articolo che giustamente illustra la storia di un monumento di Stabia, mi preme aggiungere alcuni fatti che per interesse religioso, viltà o insensato patriottismo sono sempre stati omessi. Questa statua è anche simbolo della crudeltà italica, orrendi i crimini commessi dai nostri soldati nelle colonie d’Africa … le civilizzatrici armi portarono alla morte migliaia di etiopi, furono usate armi che oggi definiamo di distruzione di massa. Un simbolo che andrebbe mostrato, oggi più che mai, per fare bene i conti con la storia. Un caro saluto Nando.