La Strada Ferrata
di Giuseppe Zingone
Con l’avanzare della digitalizzazione di vecchi giornali, riviste e libri, capita sempre più spesso di imbattersi in notizie come quelle che riporteremo qui sulla Strada Ferrata (leggi anche: La strada di ferro per Castellammare). Piccole e brevi informazioni che come scopriremo annunciano sulla carta stampata di giornali d’epoca di altri regni, ciò che confuterà la manomissione dei libri di storia in chiave unitaria, sotto il regno dei Savoia. Siamo infatti nella prima metà dell’Ottocento, l’impresa da parte dei Borbone di costruire la prima ferrovia, con un progetto all’avanguardia per l’epoca, desta ovunque meraviglia e forse anche invidia. Questi echi del passato, non sono il frutto di un recuperato orgoglio meridionalista, ma vogliono semplicemente esprimere dei dati di fatto. L’Italia, del centro-nord, preunitaria è arretrata, non esiste un nord tecnologicamente avanzato, non c’è un nord-Est, che trascina l’economia dei vari stati. Nel nord Italia, le casse sono vuote, si vive una economia ancora largamente legata ad una mentalità agricola e contadina dove i ceti bassi della società sono fortemente tassati e penalizzati. Non si guarda minimamente all’industrializzazione, cosa che poi avvenne successivamente, trasportando le industrie e i capitali del meridione, nel nord della penisola a svantaggio e debito del Regno delle due Sicilie.
Giornale della Provincia di Bergamo, 1838.
Nuove comunicazioni,
Strada ferrata da Napoli a Nocera e Castellamare incominciata. I lavori della strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellamare sono già incominciati e procedono rapidamente in tutto il tratto fra Napoli e Torre del Greco.
Due ponti sono già edificati, uno nel territorio di S. Giovanni a Teduccio, l’altro al di là del Granatello, di sopra ai quali passeranno le ruotaie di ferro, per lasciar di sotto libero il passaggio a due strade. Le vòlte di un altro ponte a tre archi sul canale dell’ Arenaccia sono pur vicine a compiersi.
Presso al Granatello v’ha un gran numero di lavoratori che tagliano e scavano in alcuni siti il suolo, e gittano già in mare e sulle arene del lido i fondamenti della banchina sulla quale passar deve la strada di ferro occupando un’insenatura del porto.
Al di là del Granatello un lungo tratto di strada è già livellato e consolidato, ed una compagnia di minatori taglia o rompe con mine le rocce vesuviane che in quel sito fanno grande intoppo all’apertura della traccia, ed a mano a mano che pagansi i compensi delle terre da occuparsi, gli operai si spargono ed imprendono lavori da per tutto; in guisachè puossi con certezza quasi e con compiacimento annunziare al pubblico che nella primavera del prossimo anno sarà compito il tratto di strada fra Napoli e il Granatello, e potranno immantinente correre le macchine a vapore e gli altri carri di trasporto pe’ viandanti e per le mercanzie. (Estratto del Giornale Ufficiale delle due Sicilie del 6 settembre).1
Bazar di novità artistiche, letterarie e teatrali, (Giornale di Milano) 1842
Attualità interessanti
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Strada ferrata da Napoli a Castellamare.
Il primo agosto si fece da S. M. il Re colla Regina e la Real Corte l’inaugurazione di questa nuova e importante via ferrata. Al cenno della prefata S. M. alle sei pomeridiane il convoglio, tratto da uno sola macchina locomotrice a sei ruote, mosse da Napoli per Portici, Torre del Greco e Torre Annunziata a Castellamare senza mai arrestarsi: traversando cioè, uno spazio di miglia napoletane 14 1/2 (27 centimetri) che fu corso in 41 minuti, vale a dire con la velocità di più di venti e un miglio per ora (10 leghe di Francia).
Noi non ci faremo a descrivere il bello che questo tratto di strada in sé comprende, bello di natura e di arte, di realtà presenti e di rimembranze sublimi. Questo quadro è stato, non ha guari(assai, molto n.d.r.), dipinto da sì maestra mano che nulla or ci resterebbe da aggiungere. Solo diremo che questo bello stesso, anche per chi più lo conosce, anche per chi l’abbia più osservato ed ammiralo in ordinarie occasioni, diviene incantevolmente nuovo per chi percorre quella strada con la celerità della locomotiva. È noto che chi va celere o su cavallo o su barca vede muoversi gli oggetti circostanti. Ma non può facilmente esprimersi il moto e i differenti aspetti, in cui gli oggetti stessi successivamente si mostrano a chi li guarda correndo su la strada ferrata. Il Vesuvio, per esempio, gli appare in tante e sì diverse facce che da un istante all’altro più non gli sembra lo stesso monte. La somma velocità del corso presta all’occhio la rapidità della mente, e ciò che la mente più fervida tenterebbe invano rappresentare a sé stessa scorrendo a memoria un notissimo tratto di paese, ivi l’occhio in minor tempo lo vede, e la circostante natura, fortemente agitandosi al guardo del viandante, tutta si anima e vive d’indicibile vita intorno di lui. Egli, quasi diremmo, prova realmente la favoleggiata estasi di Pigmalione nel veder muoversi vivente quella beltà, da lui pur tanto amata prima, benché immobile marmo.
Ma il più bello spettacolo in quella congiuntura lo presentavano le numerose genti, le popolazioni intere de’ comuni pe’ quali passava il convoglio, corse a vederne il passaggio, che stavano affollate nelle strade, ne’ balconi, nelle logge, alle finestre delle case, su gli alberi, su’ più alti tetti degli edifiziì: e nelle cui sembianze ed attitudini vedevansi tutte le possibili svariate forme che sanno prendere la curiosità e la meraviglia nelle varie classi, nelle varie età, nelle varie individualità di un’immensa moltitudine.
Quel passaggio del convoglio, ov’era quanto di più augusto, quanto di più cospicuo ha il nostro paese, circondato ed acclamato da tanto popolo, a ragione poteva considerarsi come una gran festa che davasi in onor della civiltà, una specie di culto che le si rendeva, e ben sedeva quasi a sommo sacerdote di tanto culto un Re come il nostro.
Noi sentivamo magnificarsi per tutto le meraviglie della nostra età, e ciò era troppo giusto. Ma è molto utile intanto il ricordare che queste grandi meraviglie son pure il miglior frutto di tante meditazioni, di tante fatiche, di tante verità e di tanti errori de’ secoli passati. Se Aristotele non avesse dato forma al più importante atto dell’umano intelletto, al raziocinio, è probabile che non sarebbe sorto Bacone; e se Bacone non avesse con la sicurezza di uno spirito disceso dal firmamento, prescritti all’intelletto stesso i passi da fare per raggiungere il vero, è pure molto probabile che né Fulton per mare, né Stephenson per terra, avrebbero fatto volare gli uomini. (G. di N)2
L’articolo sopra descritto (in un formato più esaustivo) lo possiamo ritrovare anche nel Giornale del Regno delle Due Sicilie.3
Bazar di Novità Artistiche, letterarie e Teatrali (Giornale di Milano), 1842
Strada ferrata da Torre del Greco a Castellamare
Riceviamo da lettera quanto segue sui lavori della strada ferrata da Napoli a Castellamare, riguardante specialmente le opere fatte da Torre del Greco in avanti. Se per tutti i lavori fatti per la strada ferrata si debbono lodi all’ingegnere, direttore dell’opera, nobile sig. Armando Bayard De la Vingtrie, immense gliene sono dovute per la dottrina, intelligenza, attività e l’ardire, onde fece eseguire in meno di quindici mesi quelli or ora compiti dalla Torre del Greco a Castellamare.
«Partendo dalla stazione di Torre del Greco si attraversa il porto su d’un ponte di sei arcate, ciascuna di 30 palmi di luce; si percorre in seguito una strada presso Torre del Greco, alla cui estremità nuovi ponti han dovuto costruirsi pel passaggio delle barche. In seguito la strada si avvicina alla spiaggia e traversa due lunghi massi di lava dell’altezza di 50 a 60 palmi. Uscendo dalla seconda montagna la strada poggia su di un riempimento che si stende lungo un piano di due miglia e mezzo di lunghezza in linea retta. Dal forte dell’Uncino fino a Torre dell’Annunziata la strada trovasi sempre fra scavamenti profondi da 50 a 60 palmi in lava ed in pozzolane d’incredibile durezza. La lunghezza riunita dei vari passaggi nella lava è d”un miglio in circa. Si giunge alla stazione di Torre Annunziata per mezzo d’un ponte di 24 arcate alto 40 palmi sul livello del mare. Al dì là di questa stazione s’incontra altro ponte di 35 arcate, una delle quali ha 34 palmi di luce. Dopo tal ponte la strada devia a diritta verso Castellamare presso al Quartuccio.
Il numero dei ponti sotto la strada di ferro fra Napoli e Castellamare è di 115, de’ quali 67 per la sola traversa di Torre Annunziata. Il numero dei ponti al disopra è di 23. Questa strada è d’un’importanza senza pari. Da alcuni prospetti statistici che avemmo sott’occhio rileviamo che nel 1841 sul tronco di questa strada, già aperto da Napoli a Torre del Greco, si ebbe un passaggio di seicentomila individui. E questo passaggio, quanto maggiormente accrescerà allorché le rapidissime locomotive trarranno direttamente da Napoli a Castellamare su quella graziosa riviera che da Portici a Sorrento è un vero continuato giardino di natura, e che presenta allo studioso tante bellezze fisiche e al dotto e al curioso i monumenti incomparabili di Pompei!
La strada da Napoli a Castellamare fu con solennità e coll’ìintervento del Re delle Due Sicilie aperta il 1° di questo mese di agosto, ed era stata incominciata il 3 ottobre del 1839. La sua lunghezza è di miglia napoletane 14 1/2 che furono percorse in 4l minuti, cioè con la velocità di più che 21 miglia per ora. (G. di B.)4
Articolo terminato il 24 Agosto 2022
- Giornale della Provincia di Bergamo, n.97, Martedì 4 Dicembre 1838, pag. 715. ↩
- Bazar di Novità Artistiche, letterarie e Teatrali, anno II, n. 70, Mercoledì 31 Agosto 1842, pag. 277. ↩
- Giornale del Regno delle Due Sicilie, n. 152, Lunedì 18 Luglio 1842, pag. 607. ↩
- Bazar di Novità Artistiche, letterarie e Teatrali, anno II, n. 84, Mercoledì 19 Ottobre 1842, pag. 335. ↩
Sfugge al ricercatore Zingone che la linea ferrata Napoli-Nocera-Castellammare nacque su progetto di una società francese, e fu costruita con capitali francesi e sotto la direzione di tecnici francesi. Ferdinando II di suo ci mise soltanto l’autorizzazione. La linea fu sempre esercitata con buoni risultati commerciali dalla società costruttrice, che aveva la sua sede legale in rue S. Guillaume 29, Parigi. Le costruzioni ferroviarie avrebbero potuto contribuire moltissimo allo sviluppo di molte aree delle province peninsulari del regno delle Due Sicilie. Purtroppo Ferdinando non sostenne affatto una simile politica e il regno giunse al 1860 con appena 128 km. di ferrovie in esercizio. La piccola Toscana ne aveva 330.
Gentilissimo la ringrazio per la puntualizzazione. Anche se devo dirle che all’interno dell’articolo c’era un link che illustra bene quel che Lei diceva. Sono d’accordo su tutto quello che lei dice anche se i paragoni e i nostri punti di vista di uomini moderni lasciano il tempo che trovano solo alle statistiche, sui km e le date.
Qui l’articolo di cui le parlavo, solo ad integrazione.
https://www.liberoricercatore.it/la-strada-di-ferro/
Saluti Giuseppe Zingone