La terza morte…
articolo di Corrado Di Martino
Non immaginavo ci fossero altre due morti, oltre la prima e ultima. Seguendo le attività Olimpiche di Rio 2016, seguendo le vicende dei nostri canottieri, ho sentito di sovente il termine – la terza morte -. Ma procediamo per gradi; su un lago molto simile al nostro mare in autunno, con vista verso il Corcovado (da noi si guarda il Molare) sono scesi in gara due giovani atleti; Marco Di Costanzo, nato a Napoli il 09 giugno del 92 e Giovanni Abagnale, nato a Gragnano 11 gennaio del 1995. Il primo, con la faccia da scugnizzo, una folta barba rossa, già nel 2014 vince l’oro nei mondiali Under 23, per poi bissare il trofeo nei Campionati Assoluti nel 2015, con le Fiamme Oro. Oggi vive nei Quartieri Spagnoli, a Napoli, luogo ricco di contraddizioni e fermenti. Giovanni, invece, Giovanni Abagnale, da junior, prodotto del vivaio del Circolo Nautico Stabia ha vinto per due volte i mondiali di categoria, nel 2011 e nel 2012. Mentre, dopo il passaggio alla maglia della Marina Militare, ha vinto il mondiale Under 23 come Di Costanzo.
I loro avversari in questa gara, fra le più tipiche del canottaggio, erano: Eric Murray e Hamish Bond, due campioni neozelandesi imbattibili e imbattuti dal 2009; e i canottieri del Sud Africa Lawrence Brittain e Shaun Keeling; gli australiani Alexander Lloyd, e Spencer Turrin; gli inglesi , Alan Sinclair, e Innes Stewart; i francesi Germain Chardin, e Dorian Mortelette. – Mai arrivare dopo i francesi, specialmente se uno di loro si chiama Germain! – Credo sia stato il pensiero dei due canottieri italiani. Come credo, che Di Costanzo nemmeno dopo gli inglesi avrebbe inteso piazzarsi; e così è stato. Una gara molto dura e difficile, Abagnale e Di Costanzo, molto leggeri, in quel lago che somigliava più ad un mare capriccioso, erano effettivamente svantaggiati, certamente non mancava l’esperienza ai due canottieri italiani, uno nato remisticamente a Napoli, nei circoli nautici dove i primi “carrelli” si percorrono in mare aperto; l’altro, a Castellammare di Stabia, dove ogni giorno decine di ragazzi, vogano sotto costa, fra le acque increspate del Tirreno, proprio dall’altra parte del Vesuvio. Allineamento di partenza, la voce del giudice evoca decine di altre situazioni simili, l’adrenalina sale, il convincimento di potercela fare pure: – mai cedere agli inglesi, mai cedere ai francesi.– Si parte! La partenza nel canottaggio è un segmento tattico di grande importanza, lo sforzo reattivo ed immediato che bisogna fare, accumula quantità inimmaginabili di acido lattico nel sangue (il mio amico Pasquale Muollo, direbbe: – acido 2-idrossipropanoico – ), se non c’è un’adeguata preparazione, si finisce nelle ultime posizioni già dall’inizio. Lo sforzo è così forte e profondo, che ti spezza il cuore; un quarto di carrello, poi mezzo, poi un altro e via fino ad avviare la barca, un numero di colpi elevato e frenetico (si intende per colpo la remata vera e propria) consente all’imbarcazione di raggiungere una velocità d’avvio che dovrebbe scrollare i più deboli. Il primo grande sforzo, sembra di morire, eppure la gara è appena iniziata: – la prima morte -. Dopo questa fase, Di Costanzo ed Abagnale, hanno dovuto combattere col vento contrario, con le increspature del campo di regata, oltre che con i loro avversari, mai dopo i francesi, mai dopo gli inglesi. La fase, successiva alla partenza è detta “di passo”, ovvero, si imposta una velocità “di crociera” che consenta di controllare gli avversari, o di guadagnare acqua, se retro-posti; l’acido lattico, se non interpreto male le teorie del dottor La Mura, viene eliminato nel circolo sanguigno, i muscoli passano ad un’attività aerobica: – la seconda morte-. Tra i 1500 metri e i duemila, negli ultimi 500/250 metri ci si gioca il tutto per tutto. I francesi ormai sono lontani, gli inglesi, purtroppo sono ancora avanti, questo era ed è il momento in cui bisogna lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ai 1500 metri, per il lasso di tempo di dieci colpi, Giovanni e Marco, erano quarti. Il “serrate” è l’ultima parte di una gara, le ultime energie, quelle residue, conservate durante l’attenta conduzione di gara, devono essere spese; ritorna lo sforzo, ritorna l’acido lattico, il remo pesa quintali, manca l’aria: – la terza morte. – A sette minuti e quattro secondi dalla partenza, Di Costanzo e Abagnale, come altri prima di loro, entrano nella storia del canottaggio italiano; dopo 68 anni, dopo Londra 1948, dopo Fanetti e Boni, salgono sul podio del due senza, una grande emozione, un grosso risultato, un immenso stimolo per traguardi futuri, una speranza per Tokyo 2020; ancora una volta le origini sportive stabiesi e le dottrine del dottor La Mura, fanno eco nel mondo dello sport.
Si ringraziano per la collaborazione: il dottor Antonio Venditti; il dottor Antonio Coppola.