La Torre Alfonsina
di Giuseppe Zingone
Ogni qualvolta ci si imbatte in una vecchia costruzione, nella fattispecie, in una torre, un castello, una fortificazione, non si può non ripercorrerne il passato, immaginando lo scopo per cui esse sono state costruite e le persone che nel tempo vi si sono avvicendate. Sono queste particolari costruzioni, ricche di fascino, che hanno permesso alle città antiche e medievali di resistere nel tempo agli urti delle popolazioni nemiche, ma a volte anche di quelle amiche e vicine. Le mura si sono ispessite nei secoli, perché mura grandi significavano più sicurezza, in un’epoca dove la vita era breve e imprevedibile; oggi sono quasi sparite del tutto (come nella nostra città), allorquando i figli e i nipoti di quegli stessi uomini (che i bastioni avevano eretto, potenziato e difeso) hanno ritenuto tali opere solo un intralcio per il futuro e senza più uno scopo per l’oggi.
Oltre alle notizie che metteremo a disposizione del lettore e le relative fonti bibliografiche, offriremo anche delle brevi osservazioni personali, alla luce dei lavori prodotti da altri autori e inseriremo, per rendere meno gravoso al lettore il testo, anche un excursus iconografico che ci permetta di ripercorrere, un antico spaccato di Castellammare.
Sicuramente l’antica Stabia1possedette le sue mura (oppidum) prima di essere distrutta da Silla2 nell’ 89 a. C., (anno 664 dalla fondazione di Roma) e ridotta in villaggi, fino a quando i suoi discendenti ben presto, non tornarono per edificare la nuova Città li dove oggi si erge il Centro antico di Castellammare. L’evoluzione architettonica della nostra Città è ancor visibile ad un occhio attento e desideroso di conoscenza. Ci pare doveroso a tal fine anche segnalare, all’interno del Liberoricercatore, le stampe antiche di Gaetano Fontana, che meglio mostrano insieme alle svariate collezioni di cartoline e le pitture nostrane, come questi cambiamenti palesino una sovrapposizione architettonico-strutturale dove l’antico convive con il moderno, dove l’antico dovrebbe essere recuperato e valorizzato, mentre quelli dell’epoca presente (soprattutto l’abusivismo fermato) andrebbero ripensati in continuità con il passato.
“È difficile dunque affermare se nel luogo stesso dove prima era Stabia o alcuni de’ mentovati villaggi, ovvero in que’ dintorni segga ora Castellammare, sulla marina con la fronte rivolta verso Settentrione e appoggiando le spalle al monte Auro, che gli antichi dissero ancora Lattario a causa della bontà dei pascoli che vi trovano le mandrie, il latte è quì più che altrove di eccellente fragranza e di squisito sapore. L’esser così difesa nella parte di mezzogiorno è causa che la città sia gradito e desiderato soggiorno al tempo di state“. Ancora: “Il castello che or ora dicevamo edificato da Carlo angioino, fu da Alfonso di Aragona con nuove opere meglio munito; e la città non sono molti anni dalla parte di Ponente e di Settentrione era tutta cinta di mura, dagli altri lati facendosi forte delle stesse montagne che la natura parea avessele posto come baluardo. Le muraglie ora sono abbattute ed appena qua e là di rado puoi scorgerne i segni; come pure qua e là di rado i vestigi di antichi tempi e di fabbriche antiche e di un antico anfiteatro nel luogo che addimandano Varano”.3
“Sotto il monte Gauro; E pure questo nome li vien conteso, essendo il suo vero Mont’Aureo, al lido del mare è situata la sudetta Città di Castell’ à Mare, ò presso ò sù le rovine dell’antica Stabia, che che se ne dicano gli Autori, fortificata da una Rocca detta Alfonsina perchè fatta da Alfonso, ò pure fatta da Carlo I, e poi rifatta da Alfonso, dandole il suo nome, e la Prefettura a Ciarletta Caracciolo; è questa fondata sopra il Castello vecchio“;4
Sono molti i siti nei quali si afferma che Castellammare di Stabia fosse una città ben fortificata e molti di questi autori ne suffragano il valore adducendo come riferimento un manoscritto del Quattrocento che Riccardo Filangieri di Candida, riportò all’attenzione della storiografia ufficiale nel 1956. La Cronaca napoletana figurata del Ferraiolo è un manoscritto il cui autore aderisce alla causa di Alfonso D’Aragona e della dinastia aragonese, egli è esplicitamente avverso alla controparte angioina. Il testo a dire il vero dice ben poco di “Castiello a maro” né tantomeno si sofferma sulle sue fortificazioni.5Il suo grande merito (del manoscritto) è quello di fornirci, una prima rara immagine di Castellammare nel quattrocento, in questo disegno si scorgono in primo piano il Castel Nuovo (Maschio Angioino), le galee spagnole, alla cui sinistra appare la fortezza di Torre del Greco, Castellammare, Vico, Sorrento, Massa e Capri. Ancora una volta ci sovviene il Parrino, il quale nel suo Teatro eroico e politico dei governi de’ Vicerè del Regno di Napoli, afferma: “Questa piazza, (Castel ‘a mare, n.d.r.) ch’ in sè stessa non era forte, per essere un luogo aperto e non poteva fortificarsi per cagione del sito dominato dalla montagna, era stata dal vicerè proveduta di ottocentocinquanta Fanti, e sessanta Cavalli di guarnigione sotto il comando del mentovato Amodeo, al quale si erano uniti quei Nobili e Cittadini, che aveano per difesa della loro Patria pigliato l’armi“.6.
Ricordiamo che la Torre, voluta da Alfonso I e di cui porta il nome fa parte di un miglioramento del sistema difensivo di Castellammare voluto dall’aragonese, certamente la nostra città era lungi dall’essere ben fortificata, tanto che Braccio da Montone, entrando dal lato nord, verso la porta del Quartuccio riesce a saccheggiarla, cogliendo di sorpresa le guardie, riuscendogli difficile solo conquistare la Rocca. Ma anche dopo il miglioramento del sistema difensivo, il Pirata Dragut, il 12 Agosto 1548 riesce ad introdursi in Città, ed ancora nel 1654 è il Duca Enrico II di Guisa a conquistare seppur per poco “Castell’a Mare”, nonostante un grosso contingente inviato da Napoli a sostegno della città sotto il comando del generale Girolamo Amodeo.7
Alcune informazioni a dire il vero non troppo esaustive sono narrate da Catello Parisi: “Alfonso Castellammare fortificava ed una torre da lui Alfonsina detta vi costruiva con molte altre opere militari di quei tempi, donde alla conquista delle vicine città di Vico, Sorrento,Massa, Capri e di tutta la costa di Amalfi moveva che all’opposto partito eransi date, e ch’egli bentosto mercè la opportunità e la utile posizione di Castellammare alla sua obbedienza rendeva. Della torre Alfonsina à qualche autore con equivoco parlato e confusione; ma da molta ragione per ciò che testè cennavamo indotti a dirla siamo sulla riva del mare e quella essa ci sembrerebbe che sulla nuova strada da Castellammare a Vico a destra vedesi oltrepassata la punta di Pozzano, e che Torre di Portocarello vien detta. Altri vorrebbe che quella sia stata nella marina del Quartuccio Torrione (Ossia l’attuale Palazzo Spagnuolo n.d.r.) detta, che sin dal 1824 a casa trovasi ridotta conservante appena verso il mare un avanzo della antica sua scarpa; ma questa e dalla sua costruzione e dagli oggetti rinvenutivi opera fu stimata piuttosto degli Angioini sovrani”.8
Sullo stesso argomento citando addirittura il Parisi si esprime anche Francesco Alvino: “Alfonso una torre muniva qui, che togliendo il suo nome fu detta Alfonsina. Un moderno scrittore (Catello Parisi, n.d.r) è di opinione che fosse quella che vedesi a man destra nella nuova strada che da Castellammare mena a Vico, oltrepassata la punta di Puzzano, e che Torre di Portocarello vien nominata. Altri vorrebbe che quella fosse stata nella marina del Quartuccio, e nel luogo che propriamente dicesi Torrione, dove scorgesi ancora l’avanzo di un’antica scarpa;9 ma, e dalle fabbriche e dagli oggetti rinvenuti, fu stimata piuttosto di epoca angioina”.10
Le opere di fortificazione e difesa, richiedevano comunque oneri ed esborsi da parte del Regno che amministrava il territorio e non pochi dovettero essere i sacrifici fatti dai cittadini (fuochi ossia nuclei familiari) per rendere più sicuro il proprio territorio. Secondo Francesco Balzano, oltre i 10 carlini che ogni fuoco del Regno pagava (cioè la colletta), Re Alfonso propose, un aumento di 5 carlini a fuoco: “e questo per mantenere l’armate a distensione del Regno, per tenere quello sicuro, e quieto dalle invasioni, & armi de’ nemici“.11 Questo documento registrato dalla Camera della Summaria nel 1449, fu portato a conoscenza dei Baroni del Regno in una riunione con Alfonso in Torre del Greco, dove spesso risiedeva ed in contraccambio sua Maestà donava un tombolo (tomolo) di sale Rosso.12 I vari privilegi goduti dalla Città di Castellammare le permettevano di essere esenti dalle tasse relative la costruzione di forti e torri? Il De Sariis, afferma:”Questà immunità (esenzione dalle tasse) non giova per le spese de’ ponti, funtana, mura, torri ecc…”.13Ancora di Castellammare è detto: “Li cittadini di Castello a mare di Stabia godono l’immunità di non alloggiare soldati, ne di contribuire alle spese. Die 7 Septembris 1594. Abitando ed essendo numerati nella Città di Lecce godono la franchigia de’ diritti di quella Dogana Ar. 190. E come tali in tutto il Regno Ar. 260. (Quod Universitas Ar. 496).14
In ogni caso la testimonianza più antica della presenza della Torre Alfonsina a Castellammare è il dipinto della Madonna di Portosalvo, dove sulla sinistra s’intravede anche il camminamento sino al Castello.
Gli studiosi locali
Quando percorriamo i sentieri della storia, ci capita sempre più spesso di imbatterci in piccole affermazioni o nuovi documenti su cui nessuno aveva posato prima d’ora l’occhio. Ciò che affermo è che in ambito di ricerca storica non si può “immaginare“, ma qualsiasi affermazione addotta su un argomento, va altresì chiarificata con un documento che ne comprovi la veridicità. La bellezza della ricerca bibliografica o d’archivio ci insegna che la ricostruzione storica, soprattutto quella locale, cittadina, può e deve essere sempre più indagata. In realtà questo “collage” di informazioni vuole essere uno stimolo per i giovani e per chiunque anche attraverso i nuovi strumenti d’indagine e di ricerca si vuole avvicinare a questo mondo apportando nuove verità. i testi sottoelencati ne sono una riprova. Da soli non si è quasi mai esaustivi, uno studio può divenire nel tempo vecchio e superato, ma insieme ci si avvicina di molto alla verità.
Tra coloro che per amor della ricerca di storia patria si sono dedicati allo studio di antichi documenti del nostro passato, c’è sicuramente il professor Giuseppe D’Angelo, il quale non poco ha indagato sulla torre in questione:
“Nell’Ambiente di Fontana Grande, dunque, sorse e si edificò il primo nucleo urbano cittadino, favorito anche dalla costruzione di una fortezza difensiva (Secoli IX e X d.C.). Questo apparato oltre a difendere la civitas dal mare e da terra, assicurava anche la custodia della grandiosa sorgente di Fontana Grande che, con la portata mensile di venti milioni di litri di acqua, provvedeva al fabbisogno della Città e del suo vasto hinterland. In periodo angioino fu completata la fortificazione della Città, che comprendeva i due più forti apparati difensivi al Quartuccio e a fianco di Fontana Grande. Negli anni 1452-1453, fu affiancata a tale complesso una poderosa torre, la Torre Alfonsina, purtroppo demolita agli albori del secolo XX“.16
Ancora: “In epoca aragonese, per prima cosa non solo viene ricostruito il Castello modificandone radicalmente la struttura, ma vengono rifatte anche le mura della città. Viene, inoltre, costruita ex novo, una torre in riva al mare, sotto al Castello, ad esso collegato da un camminamento sino alla sommità della muraglia a sud, i cui vertici sono in alto il Castello ed in basso la Torre, detta sin da allora Alfonsina, accanto alla torre piccola della Fontana. Pertanto sembra destituita di fondamento la notizia, riportata da tutta la letteratura (si fa per dire) locale e non solo locale che identifica la torre alfonsina con quella di portocarello, una volta sita sulla strada per Sorrento, a Pozzano, costruita invece, come attesta una lapide, nel 1635 e demolita, poi, nel 1930 per la costruzione di una fabbrica di calce e cemento“.17
Secondo alcuni documenti rinvenuti dal D’Angelo, “La spesa complessiva per i lavori ammontò a circa 2.000 ducati, di cui 1.000 dati dal re e 977 dalla città e vescovo. I costruttori furono maestro Gentile de Iulio e maestro Ruggiero de Aurilia, sotto l’occhio vigile di Alfonso d’Aragona, che nel mese di ottobre 1452 viene in Castellammare per controllare lo stato dei lavori.
Dall’esegesi di questo documento si evince che in questi anni fu confezionato anche il primo (forse) catasto della Città, per distribuire fra i cittadini il carico dei circa mille ducati di spesa.
La Torre Alfonsina, invece, sopravvisse sino agli albori del ‘900, quale sede della locale Capitaneria di Porto, quando fu in parte demolita, nel 1905, per il passaggio della linea tramviaria per Sorrento”.18.
Se anche la torre Alfonsina come afferma il Professor D’Angelo sopravvisse fino agli albori del 1900, noi pensiamo che già a metà Ottocento fosse di molto rimaneggiata tanto da sembrare più simile ad una abitazione. Il Parisi nostro concittadino nato e cresciuto a Castellammare e l’Alvino con al seguito i due artisti Achille Gigante e Gustavo Witting (che produrranno per il suo libro le acqueforti), confondono la Torre Alfonsina con Portocarello. Anche Giacinto Gigante maggior esponente della scuola di Posillipo, frequentatore della nostra terra, non ci ha trasmesso immagini o sguardi pittorici relativi alla torre Alfonsina.
Come vedremo più avanti e come già il professor D’Angelo aveva rilevato fu trasformata in quella capitaneria di porto che successivamente fu dismessa e abbattuta per cedere il passo alla costruzione del tram verso Sorrento.
A differenza delle torri angioine a pianta circolare, quelle aragonesi sono invece a pianta quadrata, da immaginarsi più larga verso il mare e più stretta verso l’interno della Città, con ingresso in genere posto all’altezza di tre o più metri da terra, i cui ambienti interni avevano camere o ambienti con la volta a botte o a botte crociata, secondo diversi studiosi delle fortificazioni del Regno di Napoli, le torri come quella Alfonsina non possedettero mai un propria unità di cannoneggiamento, la qual cosa avrebbe sicuramente prodotto la morte dei militi addetti.19
Tra gli studi dei nostri concittadini di grande valenza storiografica ci sembra opportuno citare, “La zona della Fontana Grande” di Antonio Ferrara e Ottavio Ragone. Questo lavoro del 1983, a mio avviso è ancora di grande attualità, anche perché le raccomandazioni ivi inserite sulla salvaguardia di uno dei luoghi più importanti della nuova fondazione di Castellammare, sono state nel tempo, puntualmente disattese.20
“Nella seconda metà del ‘400 la zona della Fontana presenta ulteriori cambiamenti. Congiunta ai mulini di proprietà dei padri certosini di Capri, vi è una torre di difesa, fatta edificare tra il 1451 e il 1452 da Alfonso I D’Aragona. Essa detta Torre piccola della Fontana, fu congiunta al castello per mezzo di un imponente bastione murario, che rimane visibile ancora oggi per lungo tratto. Nella cinta muraria si apriva, in corrispondenza, più o meno, del tratto iniziale della odierna via B. Brin, la cosiddetta porta della Fontana, una delle principali vie d’accesso della Città“.21
Un altro lavoro di pregio documentario, per l’argomento in oggetto è senz’altro “La Torre della Fontana Grande” di Catello Vanacore.
“La posa della prima pietra della torre, che fu detta Alfonsina in onore del sovrano, si ebbe il 26 Luglio 1452, alla presenza del vescovo e del governatore Ne furono costruttori i mastri Gentile de lulio e Ruggiero de Aurilia. La struttura, come si vede in uno schizzo planimetrico databile intorno alla fine del XVI secolo, fu addossata ad un fabbricato esistente sin dai del XIV secolo, che i monaci del monastero di S. Giacomo di Capri utilizzavano come mulini. Dal citato disegno si rileva che il manufatto era a sezione cilindrica con un diametro di circa 15 mt. ed un’altezza stimabile intorno ai ai 25 mt.; sulla sommità doveva essere sistemato un apparato di coronamento a sporgere probabilmente dotato di merli, realizzato con gattoni e caditoie tale da consentire una efficace difesa piombante; alla torre si accedeva attraverso un vano fornito di cancello di ferro, ed internamente era sistemate una scala a chiocciola in pietra che portava alla sommità”.22
Come abbiamo visto dalla splendida ricostruzione del Vanacore, la torre piccola e la torre detta Alfonsina erano molto vicine tra loro, ma notate la differenza con la stampa “La Gloria di San Catello“.
All’indomani dei lavori di ristrutturazione della piazza Fontana Grande, dello stesso periodo del lavoro del Vanacore, cioè 2009, rimettiamo all’attenzione dei lettori un testo di grandissima importanza per la storia locale.23
Per quel che concerne la torre Alfonsina sempre all’interno del libro, è di notevole pregio lo studio di Domenico Camardo e Mario Notomista, Le indagini archeologiche nell’area di Fontana Grande a Castellammare di Stabia.
Sempre all’interno del testo Fontana Grande a Castellammare di Stabia, del 2009 lo studio di Camardo-Ferrara, ci rivela che la torre alfonsina aveva inizialmente una forma tondeggiante alla maniera delle costruzioni angioine ma che successivamente come si evince dal dipinto della Madonna di Portosalvo e dalle stampe del Parrino (1700) e Pacichelli (1703) la torre fu modificata assumendo l’aspetto quadrangolare delle torri aragonesi ma più possente.24
Forse in questi edifici sullo sfondo di una Castellammare in festa per il varo del Duilio (1876) ancora è presente la torre alfonsina (capitaneria di Porto) come accennato dagli studi sopracitati, ma la prospettiva falsata e la mancanza di dati oggettivi non ci aiuta minimamente.
Anche Camardo e Ferrara concludono asserendo, che la torre alfonsina, adibita a capitaneria di porto nel tempo, fu abbattuta completamente all’inizio del Novecento, interessante la nota 26 del loro articolo che completa la nostra ricerca iconografica: “…. oltre che in una stampa di P. Hackert (Jacob Philipp Hackert, ndr.) dove si può ancora rilevare che l’immagine della città dal mare nel XVIII sec. fosse caratterizzata dalla presenza delle mura e dalla compatta cortina dei palazzi con sullo sfondo la massiccia struttura quadrangolare della Torre Alfonsina”.
A completare questa ricerca di dati, vogliamo offrire un’immagine quanto mai suggestiva e ricca di quel fascino antico che mai riusciremo a recuperare della zona di Fontana Grande. Un dipinto alla base di due studi Teodoro Duclère.
Con questo meraviglioso dipinto, (tratto da Fontana Grande 1820) completiamo e chiudiamo questa ricostruzione per immagini di un luogo ancor ricco di fascino ancora oggi, per chi si accinge a scoprire il centro antico di Castellammare di Stabia e le proprie radici.
La torre Alfonsina non è l’unica opera che gli aragonesi lasciarono alla città di Castellammare di Stabia: “È memoria che i re Aragonesi avessero fatto costruir fra que’ monti una via, che da Castellammare di Stabia menava fino a Sorrento ma di essa nè anche si aveano più le tracce; e tutti sappiamo con quanta fatica e quanto pericolo conveniva inerpicarsi pe’ burroni e pe’ dirupi ad alcuno che da Sorrento avesse voluto condursi a Napoli, allorché il mare grosso gli vietava di affidarsi a que’ legni che sperimentati ed animosi marinai governavano“.25
Articolo pubblicato il 4 Gennaio 2018
Ultimamente l’architetto Salvatore Gallo ci ha fornito nuovi elementi che lasciano supporre che in realtà la Torre cosiddetta Alfonsina non giunse mai agli albori del XX secolo. Rimandiamo quindi il lettore a questo suo lavoro: Una pianta inedita della Contrada di Fontana Grande del 1891
Note:
- Julii Caesaris Capacii, Historiae Neapolitanae, Liber Secundus, Stabiae cap. X, pag. 101 a 123. ↩
- Plinio, Naturalis Historiae, III, 5. “In Campano autem agro Stabiae oppidum fuere usque ad Cn. Pompeium L. Catonem cos. pr. kal. Mai., quo die L. Sulla legatus bello sociali id delevit, quod nunc in villa abiit“. Vedi anche Lodovico Domenichi, Historia Naturale di G. Plinio Secondo, Venezia MDLI, pag. 72. “Ma nel territorio di Campagna fu già Stabia città, fin dal tempo in cui Gneo Pompeo & L. Carbone erano consoli a trenta d’Aprile, nel qual dì L. Silla legato nella guerra sociale la distrusse & hora è ridotta a villaggi”. ↩
- Annali delle Due Sicilie, Della strada da Castellammare di Stabia a Sorrento, pag. 74, fascicolo LXXIII, Gennaio e Febbraio 1845. ↩
- Domenico Antonio Parrino, Di Napoli il Seno Cratero, Volume Secondo, Napoli MDCC, parte II, cap. XIV, pag. 243 e 244. ↩
- Riccardo Filangieri di Candida, Una Cronaca Napoletana figurata del Quattrocento, Napoli 1956. La città di Castellammare di Stabia è citata nel libro del Filangieri alle pagine: 122, 146, 149, 153, 229, 231, 258. ↩
- Domenico Antonio Parrino, Teatro eroico e politico dei governi de’ Vicerè del Regno di Napoli dal tempo del re Ferdinando il Cattolico fino all’anno 1675, Tomo III, Napoli MDCXCIV, pag. 15 ↩
- Vedi per Braccio da Monteforte, Capitani di Ventura a Castellammare, in Giovan Antonio Campano, L’Historie et Vite di Braccio Fortebracci detto da Montone et Nicolo Piccinino Perugini, Venetia 1572, pag. 116 e succ. Per Dragut, Dragut il Corsaro, in Giovan Antonio Summonte, Historia della Città e del Regno di Napoli, Tomo Quarto, Libro IX, Napoli MDCLXXV, pag. 254. e Per il Duca Enrico di Guisa, Catello Parisi, Cenno storio descrittivo della Città di Castellammare di Stabia, Firenze 1842, pag. 24. ↩
- Catello Parisi, Cenno storico descrittivo della Città di Castellammare di Stabia, Firenze 1842, pag. 22. Quello che afferma Parisi su Alfonso D’Argona in epoca più recente è messo in discussione anche se crediamo che Alfonso migliorò e potenziò quello che gli angioini avevano iniziato o che avevano già trovato: “Fu grazie a Carlo I d’Angiò che l’abitato di Castellammare venne cinto di mura, in tale occasione furono ampliati il castello ed il porto e fu ricostruito ed ampliato su un vecchio complesso risalente agli ultimi anni del dominio svevo, il Palazzo Reale, detto di Casa sana o Quisisana, quello stesso edificio dove soggiornò nel 1316 Roberto figlio di Carlo recuperando il suo cattivo stato di salute”. La presenza di Roberto D’Angiò a Castellammare è documentata nel 1316. In Guida d’Italia, Napoli e dintorni, pag. 582, Touring Club Italiano, sesta edizione, Milano 2001. ↩
- La scarpa è un’opera difensiva, consiste in muro inclinato rispetto alle mura della torre o del castello tale da rendere più difficile l’accostamento di una scala negli assalti da parte degli invasori. ↩
- Francesco Alvino, Viaggio da Napoli a Castellammare, Napoli, Stamperia dell’Iride 1845, pag.92. ↩
- Francesco Balzano, Ercolano overo la Torre del Greco tolta dall’obblio, Napoli 1688, Libro Secondo, Capitolo VII, pag. 53. ↩
- Per quanto riguarda le tasse di cui sopra, sarà opportuno leggere il Summonte secondo il quale Federico II, per mettere ordine al modo di pagare le tasse nel Regno convocò un parlamento generale nel quale si afferma: “che per beneficio universale, & aiuto, & stabilimento di quello (entrate Reali, n.d.r.) s’assignasse una entrata certa, & ordinaria, acciocchè i poveri non fussero oppressi da ricchi, e potenti, ma che ogn’uno pagasse quel tanto, che giustamente gli toccasse”. In Giovan Antonio Summonte, Descrittione del Regno di Napoli, Napoli MDCI, Libro II, pag. 327 e per Alfonso I, pag. 328. A riguardo del Sale Rosso vedi: Alessio De Sariis, Codice delle leggi del Regno di Napoli, Napoli MDCCXCIV, Libro V, Titolo II, pag. 3 e succ. ↩
- Alessio De Sariis, Codice delle leggi del Regno di Napoli, Napoli MDCCXCIV, Libro V, Titolo IV, pag. 12. ↩
- Alessio De Sariis, Codice delle leggi del Regno di Napoli, Napoli MDCCXCIV, Libro V, Titolo VI, pag. 81. ↩
- Joseph Foss Dessiou, Le Petit Neptune Français, Londra 1805, pag. 173 -174, Vedi inoltre: Salvatore Costanzo, Città Fortificate: Porti, piazze d’armi e forti tra Settecento borbonico e Regno delle Due Sicilie, Giannini Editore, 2017, pag. 26 e pag. 29 con una stampa dei cantieri di Gaetano Fontana. ↩
- Giuseppe D’Angelo, I luoghi della memoria, Eidos 1990, pag. 166. ↩
- Giuseppe D’Angelo, I luoghi della memoria, Eidos 1990, pag. 62. ↩
- Ecco i riferimenti messi in nota dal professor D’angelo nel suo sito nella pagina su La Costruzione della Torre Alfonsina 1451-1452 (nota 7 e 8) in relazione alla fonte documentaria: Il vescovo e’ mons. Nicola Anfora. Per il toponimo torre piccola della fontana, va chiarito che da documenti d’archivio, rinvenuti dal prof. Francesco Starace, risulta che in tale luogo vi erano due torri, una esterna (torre alfonsina) ed un’altra interna (torre piccola della fontana). Francesco Starace, Castellammare di Stabia feudo dei Farnese, in «Cultura e Territorio», a. IX, num. 9, Pompei 1992, pp. 81-90. Per la torre alfonsina cfr. G. D’ANGELO, Le delibere dell’Universitas di Castellammare di Stabia, ivi 1982, passim. ASC, Busta 156, inc, 23, 24 e 25 ↩
- Per un approfondimento sulle Torri leggi: Torri costiere e case torri. ↩
- Antonio Ferrara e Ottavio Ragone, La zona della Fontana Grande, edizioni Pianeta Giovani, 1983. ↩
- Antonio Ferrara e Ottavio Ragone, La zona della Fontana Grande, edizioni Pianeta Giovani, 1983, pag. 8 e 10. ↩
- Catello Vanacore, La Torre della Fontana Grande, in Azienda di Cura Soggiorno e Turismo Castellammare di Stabia, stages formativi 2009. ↩
- Fontana Grande a Castellammare di Stabia, storia e recupero, a cura di Giovanna di Dio Cerchia e Domenico Camardo, Longobardi editore 2009. ↩
- Vedi: Domenico Camardo e Antonio Ferrara, L’Area di Fontana Grande dall’età romana all’epoca moderna, inoltre lo studio di Camardo-Notomista oltre che in Fontana Grande a Castellammare, Longobardi editore 2009, è consultabile in Rivista di Studi Pompeiani, XIX 2008, estratto pag. 163-166. ↩
- Annali delle Due Sicilie, Della strada da Castellammare di Stabia a Sorrento, pag. 72, fascicolo LXXIII, Gennaio e Febbraio 1845. ↩