Lamento sul Lacryma Christi

Lamento sul Lacryma Christi

di Giusepe Zingone

Gudin Jean Antoine Theodore, Battaille navale devant les forts de Castellammare di Stabia prés de Naples

Era l’anno 1654 quando il duca di Guisa conquistò Castellammare: “Questa piazza, (Castellammare di Stabia) che in se stessa non era forte, per essere un luogo aperto, e non poteva fortificarsi per cagione del sito, dominato dalla montagna, era stata dal Viceré proveduta d’ottocento cinquanta Fanti, e sessanta Cavalieri di guarnigione sotto ‘l comando del mentovato Amodeo (Tenente di Maestro di Campo Generale Girolamo Amodeo) al quale s’erano uniti quei Nobili e Cittadini ch’avevano per difesa della di lor Patria pigliato l’armi“.1

È questa una piccola introduzione alla conquista di Castellammare da parte del Guisa di Domenico Antonio Parrino.

Solo più tardi al ritrovamento nella città di un cartello, col quale si prometteva: “trenta mila ducati à chi troncasse la testa al Guisa, pose il cervello di questo Generale à partito. Tutte queste considerazioni fecero deliberare nel consiglio di Guerra, che tennero gli Officiali Francesi, di abbandonare la Piazza, e di condurre l’armata in Tolone, per non lasciarla perire miseramente in quel Porto; al quale effetto furono dati gli ordini necessarj per la partenza. A quest’avviso cominciarono le Soldatesche à saccheggiare le case de Cittadini, ed à spogliarle di tutti i commestibili e masserizie senza ne meno perdonare alle Chiese, le quali rimasero affatto ignude di tutte le suppellettili, e vasi sagri e furono profanate con estrema empietà dalla perfidia de’ Calvinisti.2

Le guerre e le disfatte altro danno non creano se non alla povera gente; la distruzione, i furti e gli omicidi si moltiplicano, regole antiche non scritte, il cui risultato è sempre lo stesso anche oggi, in un mondo apparentemente così moderno, civile e tecnologico.

Domenico Gaetano Talluri

Ho avuto il piacere di ritrovare nella Biblioteca Vaticana, un ulteriore tassello di una ricerca iniziata qualche tempo fa, un documento alquanto singolare attribuito, proprio alla seconda venuta di Enrico di Guisa. Si tratta di un testo del Settecento sotto forma di satira.3In modo tragico, comico e grottesco, alcuni frati, forse gesuiti4apprendono delle razzie operate dai francesi a Castellammare, essi in questa sciagura, intravedono compromesso solo il proprio approvigionamento di cento botti di vino.

Prima di sottoporvi il testo, voglio sottolineare che il racconto poco edificante dei frati fa parte di una ampia letteratura che ha origini antiche e che prosegue a giusta ragione (o meno), anche oggi, quale unico mezzo di denigrazione di una personalità politica. Penso alla poesia irriverente dedicata al nostro Marchese de Turris o ad alcuni detti a noi più vicini come: “Piove governo ladro!” di qualsiasi colore esso sia. Lo scopo non è solo quello di deridere e rimarcare alcune contraddizioni nelle quali l’attento osservatore e scrittore ha trovato dei controsensi, ma invitarlo a ravvedere la propria posizione morale. Ai frati il ritorno al culto delle cose sacre, ai politici, essere gli umili servitori del popolo. Ciò naturalmente non è mai avvenuto e mai avverrà, almeno la storia tratta dai libri questo racconta, anche perché chi scrive la (storia) satira o critica è spesso avvelenato moralmente dallo stesso morbo, una propria posizione ideologica.

Domenico Gaetano Talluri, anno 1709

Ringrazio inoltre la Biblioteca Vaticana, che non ha nascosto questo testo e lo ha reso fruibile a questa mia ulteriore esplorazione di un  periodo storico molto lontano nel tempo.

Fu Domenico Gaetano Talluri come egli stesso scrive a ricopiare nell’Anno 1709, un libro di memorie di Roma.5

Pag. 189
Lamento de P.P. N.N. che si
furono rubate 100 Botte di Lacrima
da Francesi nella Presa di CastelaMare

Mentre con Devotione
Li Padri N.N. genuflessi
stavano in oratione
Entrò Fratel Simone tutto affannato
Che da Castellàmare era arrivato
Senza pigliar fiato
Li abiti dismessi
Lasciato Il Domandare Beneditione
Gridò come se fosse spiritato
La Lagrima I Francesi ci hanno arrubbato
All’Annuntio Improviso
Qui Reverendi Padri impalliditi
E tutti bigottiti
Si Levaran sù e si guardorono in Viso
Poscia il Lettor assiso
Non potendo sùreggersi dal Duolo
Facendo gli altri et ei solo
Con un parlar Pietoso
Asciugandosi li occhi al fazzoletto
Proruppe in questo detto

pag.189 retro
Se è vera questa novella
Come Credo che sia
Povera Compagnia
Cosa farà
Cari Padri miei che si berà
Cento botte di Lacrima
Forse e una bagatella
Il Core hoimè che Spasima
Io perdo la favella
Datemi qualche aiuto in Carità
Cari Padri miei che si berà
Tutta la Provisione
hanno rubbato i malvaggi
Guardate discretione
Forse che hanno preso i saggi
Lasciata havessero a metà almeno
Cari Padri miei che si berà
Padre Procuratore
Andate da sua Eminenza
Parlate à Monsignore
Fate ogni diligenza
Che mandino qualche danaro al Duca Franco
A supplicar che voglia
renderci il nostro Vino
Stante La conditione di Buona guerra
Essendo à Stato resa Loro La Terra
Usate ogni Umiltà
mostrate sommissione

pag. 190
In questo modo comprasi La gente
Se offron conditione
Accettatele pur tutto a guadagno
Purche torni la Lagrima spendete
Quanto da voi sapete
Ma se da sorte il vino non si Rihà
Cari Padri miei che si Berra
E se questo non giova
E sia il caso disperato àfatto
Ciascun si accinga a vendicar l’oltraggio
si armi la lingua e muova
Contro l’empio ladro le quadrelle
Si predichi infedel l’Empio spergiuro
Nemico dell’honor di Dio e del Regno
Heretico Perverso et Atèstato
Violator de Vergini e di Tempi
De sacri vasi predato malvaggio
E quel che La Rettorica imparato
Somministrar vi pò di più esecrando
Lacrima Lacrimata
Il Cuor aspassionato
Lacrime ma no a fuori
Perche la sua Dolcezza à Lui si toglie
E di lacrime Privo
Forma per gli occhi suoi di Pianto un Riso.6

Lamento de PP. NN.

Altri testi riguardanti l’argomento:

La venuta del Duca di Guisa a Castellammare;

Castellammare in due commedie Spagnole del Seicento;

Armand Jean de Vignerot du Plessis e l’assedio di Castellammare;

Articolo terminato ad Agosto 2023


 

  1. Domenico Antonio Parrino, Teatro eroico e politico dei governi de’ Vicerè del Regno di Napoli, pag. 15, tomo III, anno MDCXCIV.
  2.  Domenico Antonio Parrino, Teatro eroico e politico dei governi de’ Vicerè del Regno di Napoli, pag. 24-25, tomo III, anno MDCXCIV.
  3. Satira menippea, il cui nome deriva da Menippo di Gadara, esponente della letteratura e della filosofia cinico-stoica, nella quale si combinavano prosa e poesia, talora con la presenza di parti dialogate e con la tendenza a introdurre nella riflessione morale elementi fantastici e parodie ironiche, inaugurata a Roma da Terenzio Varrone e alla quale sono ricondotte opere come l’Apokolokyntosis di Seneca il giovane e il Satyricon di Petronio (Fonte Treccani).
  4. Nulla o pochissimo vien detto sulla Congregazione dei frati in oggetto, sappiamo però che il copista Domenico Gaetano Talluri, copiò questo ed altri testi, nel 1709, annotandolo come “Libro di diverse memorie di Roma“.Qualche altra notizia in Ugo Plangeneto, La lacrima del monte Vesuvio, Napoli, 1841, pag. 6. Lacrima: si domanda un gentil vino, che fanno per esso quelle piagge.
  5. Sua la pubblicazione a Michaelis Angeli cardinalis Riccii, dell’anno 1682, a firma Dominicus Tallurius Florentinus. Come anche la citazione nelLa Rassegna della letteratura italiana, Volume 66, 1962, a pagina 352.
  6. Lamento de PP. NN. che li furono rubate 100 botte di lacrima da francesi nella presa di Castel a Mare, in: Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9430, sec. XVIII in., 1709, 188r-189r.

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