Le critiche di Piero Girace
di Giuseppe Zingone
La biblioteca emeroteca Tucci di Napoli, possiede un patrimonio librario di 45 mila libri, ma sono oltre 300 mila i volumi, in cui sono raccolte le sue collezioni (oltre 10 mila) di quotidiani, riviste, annuari, almanacchi e strenne, italiani e stranieri (austriaci, francesi, inglesi, neozelandesi, polacchi, portoghesi, russi, scandinavi, spagnoli, svizzeri, statunitensi, sudamericani, tedeschi e vietnamiti).
I periodici coprono un arco di cinque secoli.
Degli oltre diecimila titoli, più di 3mila non sono posseduti da alcun’altra biblioteca della Campania e circa duecento mancano alle biblioteche pubbliche italiane e straniere.
Dal 24 giugno 1999 l’Emeroteca Biblioteca Tucci è stata dichiarata bene di notevole interesse storico.
All’interno di questo “fascinoso mondo” ci è capitato di imbatterci in un bel dipinto che inseriremo nella nostra Galleria di Pitture nostrane, dal titolo Golfo Stabiese, ma anche diversi riferimenti al critico d’arte Piero Girace. Ci è sembrato giusto far conoscere e pubblicizzare questo prezioso ente e nel contempo sintetizzare parole ed immagini legata ad alcuni pittori di cui nel tempo si è occupato il Girace, critico d’arte.
Roberto Carignani, (Napoli 1894 – 1975). Dipinse scene piedigrottesche di esasperata sensualità e notturni in cui, secondo il critico Piero Girace, riviveva “come in una favola da Mille e una notte il fascino del golfo di Napoli, in un giuoco di luci e di ombre, in un’atmosfera di leggenda omerica”.
Così scrisse di lui Girace, sottolineando che era “amato e vituperato, estroso, prodigo, giocatore accanito capace di dilapidare somme favolose nello spazio di poche ore”.
Domenico De Vanna, (Terlizzi 18.8.1892 – Napoli 9.11.1980). “Con l’impeto dell’impressionista, con l’amarezza e l’angoscia dell’espressionista, rivelando una colorazione doviziosa, e con impasti grevi, paesi e personaggi nelle calde atmosfere della costiera amalfitana, tra le luci arroventate dei tramonti estivi, o fosche di certi interni di proletari, o misteriose delle sagre notturne” (Piero Girace).
Vincenzo La Bella, (Napoli, 24 ottobre 1872 – 26 dicembre 1954). Fino al 1943. La Bella aveva collaborato al “Roma della domenica”. Il critico Girace ricordava “quel vecchio signore, dall’aria stanca e dallo sguardo indagatore, di statura media, dignitoso e composto come un professore…Stava lì in attesa, e distrattamente schizzava con segni rapidi e leggeri delle figurine su un pezzo di carta che aveva davanti. Poi improvvisamente si animava, e allora, parlava in fretta, con un eloquio sicuro, ricco di boutade e di ironia, in cui si intuiva una preparazione letteraria e un gusto non comuni. Ma giungeva d’improvviso il redattore capo e lui s’interrompeva di botto. Consegnava il suo disegno e filava via”.
Francesco Parente (Napoli, 19 febbraio 1885 – 22 settembre 1969). Nei suoi ritratti di donne, bambini e adolescenti “si ritrovano – afferma il critico Piero Girace – gli accenti di una poesia tenuta oggi quasi in dispregio; la malinconia, la rassegnazione di quei volti non è sentimentalismo, ma autentico sentimento che nasce non per facili effetti esteriori (leggi pittoricismo), ma per un sofferto vigore della forma”. “Compostezza classica e saporosità impressionistiche – rileva ancora Girace – si integrano nella sua opera e si conciliano, senza dar luogo a compromessi formali o disarmonie spirituali”.
E quando era di moda la scultura umanitarista, amara, ammonitrice, “Parente creava opere di un certo erotismo sognante, sensuali e sentimentali (donne velate, nudi armoniosi), dando ascolto semplicemente alle sue sensazioni come poeta elegiaco”.
Salvatore Maria Sergio (Torino, 1934 – 2020). Per il critico Girace, l’artista Sergio era “Uomo curioso e aperto, tendente alla completezza in senso rinascimentale: di quelli che, nel nostro secolo, si sono realizzati in personaggi alla Hemingway”.
Giuseppe Uva, (Napoli, 1874 – 1937). “Uva – racconta Piero Girace – rassomigliava a quei santi anacoreti macerati dai digiuni, e nello stesso tempo poteva far venire in mente certi pastori dello scultore Sammartino che popolano gli antichi presepi napoletani”. E ricorda: “Lassù in quel suo studio angusto, gremito di nature morte (in massima parte grappoli d’uva d’ogni qualità), il vecchio artista non si limitava a dipingere, ma vi trascorreva la sua esistenza tra conversazioni interminabili con gli amici del vicino “Quartiere” e non meno interminabili con l’amica, modella ancor giovane, che oltre a posare per lui badava anche alle faccende di casa (…) .Nei momenti di ozio si aggirava nella spaziosa terrazza del “Quartiere”, intrattenendosi a conversare con le giovani massaie che sciorinavano i panni al sole oppure faceva una capatina nello studio di Vincenzo Ciardo: “Che si dice don Vicié? Che stai preparando di bello?”.
Altri documenti di Piero Girace
Articolo terminato il 14 febbraio 2023