L’Istintismo è nato a Roma
di Giuseppe Zingone
È nel novembre del 1948 che un folto gruppo di artisti ed intellettuali si riunisce a Roma per dare origine ad un nuovo movimento “L’istintismo“. A prevalere, fu la posizione di Piero Girace su quella di Giorgio De Chirico (tra l’altro assente quel giorno). Avevo già sentito, o meglio letto, in un articolo di Girace, una scarna descrizione del termine istintismo. L’aggettivo era stato usato per Ernesto Murolo, (istintivo n.d.r.) in un articolo apparso sul Mattino di Napoli ben sei anni prima, dove il critico d’arte Girace, rendeva omaggio ad una nuova pubblicazione delle opere del poeta (a tre anni dalla scomparsa) ad opera della casa editrice Bideri.
Così scriveva Piero Girace: “Murolo è come tutti ormai sanno, un poeta istintivo; colloca le parole nelle sue poesie con felicità d’intuito, con un senso di necessità assoluta; e là, le parole hanno aria, luce, trasparenze, sapori e odori come le cose che rappresentano, e danno a chi legge lampi e fragranze“.1
Roma 12 novembre, mattino
A Roma è nato l’istintismo. L’altra sera, nella galleria d’arte della « Giraffa », un gruppo di pittori, poeti e giornalisti si è riunito in due stanze chiare e basse, tappezzate di quadri. Non c’erano sedie, né spazio per tutti e molti hanno ascoltato in piedi, pigiandosi, e sulla porta, la lettura del manifesto del nuovo movimento. Non è facile raccogliere cento persone in una città come Roma, dove l’inclinazione dominante, dovuta all’individualismo, se volete all’anarchismo, disperde costantemente la società artistica, contrastando coi tentativi più volonterosi di raccoglierla in circoli o salotti, perfino in sindacato.
Perciò, a parte consensi, gli applausi o le strette di mano che si scambiarono gli intervenuti, fu il loro numero a testimoniare il successo dell’iniziativa. Le poche defezioni dell’ultimo momento, quali quelle di Jean Gabin e di Trilussa, furono dovute ad impegni sopraggiunti e non, come spiegarono, ad obiezioni di coscienza. Anche De Chirico mancò, ma non per dissensi sul programma. Se mai, il contrasto egli l’aveva affacciato sul nome, opponendosi che un altro « ismo » si aggiungesse alla fitta selva degli « ismi » degli ultimi trent’anni: desiderava una definizione netta e logica, magari un giro di parole, in opposizione allo scrittore Piero Girace che invece puntò e vinse sul termine ora ufficiale.
Istintisti saranno, d’ora in poi, i poeti che scrivono per ispirazione, i pittori che vedono alberi e colline in un paesaggio, un volto nella figura umana, non geroglifici e segmenti. Chi è candido, puro, sincero, è un istintista. L’istintismo non ammette vizi in arte. Torniamo alla semplicità, alla verità e all’indipendenza, aboliamo conformismi: ritroveremo la virtù e la grandezza, essi dicono.
Dicono anche: slamo ad una curva pericolosa della civiltà, l’erudizione non è cultura, ne ha soltanto l’apparenza, e ha prodotto come una muffa maligna sul nostro secolo divorandone lo spirito, cosi come la ragione ne ha divorato l’istinto creativo. Gli artisti d’oggi mancano di umanità e di sentimento, sono aridi, sembrano allevati tutti nella stessa serra come piante false. Non sembrano nati dalla natura, ma da una mostruosa riproduttrice automatica. È convinzione degli istintisti che il mondo contemporaneo sia assediato dagli archivisti in letteratura, dai professori di disegno in arte, e che ormai se ne provi un senso di soffocazione. « L’istintismo non rifiuta la cultura, ma mette a bando i frigidi intellettuali, i cerebrali e gli scettici: in sede artistica non crede ai ragionatori segnatori, né agli analisti ». Ed essi affermano: una crociata è indispensabile per liberarci.
Nessun movimento nasce senza grandi precursori. In Giotto, in Masaccio, nel Beato Angelico, in Michelangelo e in Benvenuto Cellini, gli istintisti ritengono di ritrovarsi Specialmente Cellini li commuove.
Per spiegare lo slancio della creazione artistica, gli Istintisti si rifanno a Bergson. L’Evolution créatrice è la loro Bibbia. Lorenzo Giusso il loro sacerdote. Non dalla mente, bensì dall’istinto deriva l’intelligenza dell’artista, essi ripetono col filosofo. Affermano con Pascal che i grandi pensieri nascono dal cuore.
Nel surrealismo, nell’espressionismo, nell’esistenzialismo, in tutti gli altri movimenti di origine nordica e orientale, gli istintisti vedono altrettante deviazioni incompatibili col sentimento e con l’aspirazione mediterranea.
« Vogliamo combattere, smascherare le abilità e le furberie, gli accademismi in senso passatista e in senso avvenirista, i convenzionalismi, ogni retorica, ogni forma di sovrastruttura nell’arte », essi proclamano. Quanto all’astrattismo, ne riconoscono l’abilità come giuoco, perfino la perfezione meccanica, ma esso non dovrebbe varcare le limitate frontiere dell’artigianato. In letteratura distinguono, con Daudet, i poeti e gli scrittori dalla memoria ereditaria, « ancestrale », dagli scrittori e poeti dalla memoria provvisoria. E sono per i primi. Sono ad esempio per Foscolo e non per Monti, per Baudelaire e non per Mallarmé, per Rimbaud, e non per Valéry. E a Ungaretti preferiscono Dino Campana. L’istintismo non è politico. Se il primo convegno si è tenuto nello studio dell’on. Armando Fresa, che fu deputato qualunquista alla Costituente, è perché la crisi degli alloggi non risparmia l’arte, e una ospitalità migliore per la « Giraffa » non fu possibile trovarla.
Se l’interesse dei democristiani si è rivelato superiore a quello dei comunisti, è perchè gli istintisti, dichiarandosi anche contro Rousseau e il naturalismo, pongono di conseguenza la creazione artistica tra i fatti misteriosi e perciò sacri della natura, estranei alla ragione, perciò vicini a Dio. Comunque, da Omiccioli a Monachesi, da Brunello a Ceracchini, da Oppo ad Avenali tra i pittori, da Rubino a Mercate tra gli scultori, da Govoni a Nassom tra poeti, da Guisso a Cione tra i filosofi, nessuno. degli aderenti fa professione di marxismo. I marxisti prediligono il neo-cubismo, le esperienze d’avanguardia, rivoluzionarie, sono formalisti, come si proclamarono in un manifesto l’anno scorso Turcato, Accordi, Guerrini, Sanfilippo e altri giovani dell’Art Club di via Margutta.
L’istintismo non è sociale. Ma la semplicità nell’arte, la sincerità, la verità ch’esso propugna, finiranno con l’influire anche sul costume: la morale e i rapporti sociali ne resteranno migliorati, credono in buona fede gli istintisti romani. Passerà molto tempo, comunque. Per ora interessa notare che ci sono cento artisti disposti a dipingere la natura e gli uomini come sono fatti.
Ferdinando Chiarelli3
Leggi gli altri articoli di: Piero Girace
- Piero Girace, Ernesto Murolo – «Poesie» con note e glossario – Editrice Bideri – Napoli, in 8°, pagg. 407, 1942. Il Mattino, Napoli 13 Novembre 1942- Anno XXI, pag. 3. ↩
- Foto retro: Piero Girace e la pittrice americana Nancy Bowman sulla scalinata di Trinità dei Monti, al tempo del movimento “Istintista” di cui fu il fondatore. ↩
- Ferdinando Chiarelli, L’istintismo. Tratto dal: Corriere d’informazione, venerdì-sabato, 12-13 novembre 1948, pag. 3. ↩