Lo storico risponde
( in memoria del prof. Giuseppe D’Angelo )
Per dare giusta e doverosa continuazione ad una rubrica cardine di LR, che si è pregiata per lunghi anni dell’importante collaborazione del compianto prof. Giuseppe D’Angelo (nella certezza che così anche lui avrebbe voluto), la redazione, in punta di piedi, tenterà di dare risposta ad eventuali quesiti di pertinenza storica (inerenti la città di Castellammare di Stabia).
Certo che la presente iniziativa possa risultare utile ai tantissimi cultori, agli studiosi e agli innumerevoli appassionati di storia locale, “Libero Ricercatore” resta in attesa di eventuali domande a carattere storico, cui rispondere.
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Info & Contatti:
Sottoponi un quesito all’esperto di redazione: liberoricercatore@email.it
.Avvertenze: al fine di dare spazio a tutti e di non abusare della disponibilità,
i richiedenti sono invitati a porre quesiti specifici e a restringere il tema della domanda.
mercoledì, 13 maggio 2020
Domanda: Egregio Dottore, un caro saluto e complimenti per l’appassionato sito dedicato alla nostra città. Si, pur non essendoci mai vissuto, anch’io sono nato a Castellammare, precisamente nel palazzo che si vede in fondo a sinistra nella cartolina 15 (coll. fronte/retro Catello Coppola) e che ricordo nella mia lontana infanzia. Volevo domandarLe se può dirmi qualcosa in merito a quella specie di obelisco che si vede nella stessa cartolina in fondo a destra.
AugurandoLe ogni bene, La ringrazio comunque stringendoLe calorosamente la mano. Giuseppe Cocurullo.
Risposta: Carissimo Giuseppe, innanzitutto grazie per il commento e per la partecipazione… quello che lei ha definito “obelisco”, con ogni plausibile probabilità, è una ciminiera dismessa di un’antica fabbrica che un tempo insisteva nell’edificio attiguo, poi adibito a civili abitazioni. A seguire per opportuno approfondimento e soprattutto per soddisfare la sua curiosità, trascrivo ciò che in merito scriveva il nostro amico ricercatore Giuseppe D’Angelo (a cui è dedicata ed ispirata la presente rubrica), alla pag. 124 del suo libro: “Castellammare di Stabia luogo d’arte cultura e tradizioni”.
“Il suolo di fronte alla ferrovia di proprietà comunale, nel 1809, fu dato in enfiteusi a Francesco Bonnet, che diede origine ad una fabbrica di concia di cuoi all’uso di Francia celebre in tutta Europa. Nel 1879, però, la fabbrica, nel frattempo ereditata dai fratelli Jammy, fu costretta alla chiusura, in seguito alla crisi industriale abbattutasi sull’ex Regno delle due Sicilie dopo l’Unità d’Italia, ed il fabbricato, acquistato nel frattempo, nel 1880, da Francesco Saverio Garofalo di Gragnano fu trasformato in palazzo per civili abitazioni; ed è oggi quello conosciuto come palazzo Arienzo“.
Spero vivamente di aver soddisfatto la sua curiosità. Cordialmente. Maurizio Cuomo.
sabato, 8 giugno 2019
Domanda: Complimenti per il sito, “semplicemente” eccezionale. Il quesito che le pongo riguarda il toponimo Ponte Persica. Da dove viene? Perché questo luogo si chiama cosi? Grazie infinite per la sua risposta. Maria Longobardi.
Risposta: Carissima Maria, innanzitutto grazie per i complimenti (sempre ben graditi). Andando al dunque su notizie afferenti la località Ponte della Persica, diremo sin da subito che ci troviamo davanti ad un antichissimo toponimo risalente al sec. XIII. Vi è infatti, notizia (tratta da: R. Filangieri, I Registri della Cancelleria Angioini Ricostruiti, vol. VI, Napoli 1970 (ristampa), p.138) che nel mese di luglio dell’anno 1271, vi fu una lite sorta tra Mazziotto Vaccaro e tale Iacobo de Sancto Marco, entrambi stabiesi, ai quali la Regia Corte aveva locato la Bagliva della Dogana e Fondaco di Castellammare di Stabia, contro il nobile Signore Radulfo de Suessione, conte di Loreto e Signore di Scafati (ossia feudatario di Scafati), il quale affermava che i territori del Ponte della Persica e della Marina (territorio detto anche della Matina locato un po’ più a nord), appartenevano al territorio di Scafati. E ciò al solo scopo di non pagare i diritti di Dogana. Con ogni probabilità il toponimo ebbe origine per la presenza in zona di numerosi alberi di pesca, in dialetto napoletano: persica.
Note: notizie tratte da: “Le strade di Castellammare di Stabia i luoghi, i personaggi, le storie”, di Giuseppe D’Angelo. Nicola Longobardi editore, anno 2000. Pag. 105.
sabato 13 ottobre 2017
Domanda: Su una cartolina dei primi del ‘900 si legge: Castellammare d’Italia, c’è stato un periodo in cui la nostra città aveva questo nome?
Risposta: Sulla cartolina é scritto: Castellamare (con una “m”) d’Italia.
Riporterò, ora, quello che ho scritto in proposito nel mio libro “I luoghi della memoria”:
E’ dell’anno 1085[1] (e non 1086, come riporta tutta la letteratura locale, e non solo locale) il primo documento che parla di Castello da mare. Successivamente compare la forma Castrum maris de Surrento[2] ed infine Castrum maris de Stabia, anche nella variante Castrummaris de Stabia.[3] Quindi dal sec. XIII e fino al sec. XVIII si ha Castrummaris de Stabia e Castellammare di Stabia. Nel secolo successivo nei documenti troviamo soltanto Castellammare e dal periodo francese (1806‑1815) Castellamare con una “m”.[4]
Sennonché con Delibera Consiliare del 4 novembre 1862, “considerando che questo Comune ha origine dall’antica Città di Stabia” si chiese al re il cambiamento in Castellammare di Stabia; ma il Decreto Reale del 22.1.1863 n. 1140, per un errore materiale, approvò il nome di Castellamare di Stabia con una sola “m”. E bisogna giungere al 1912 (Delib. Cons. Comun. del 31 maggio) per riottenere Castellammare di Stabia, con due “m” questa volta.[5]
Dopo pochi anni, però, nel 1922 (Delib. Cons. Comun. del 16 dicembre) il Comune pensò di mutare il nome in Stabia; si decise si sottoporre la questione a referendum popolare consultivo, cosa che “regolarmente” non avvenne.
Nel 1935 la Società “Dante Alighieri”, con un’arruffata relazione (…secondo le direttive del Duce…; …nell’interesse della diffusione della lingua nazionale…) fece propria la proposta del 1922, ma una nota riservata della Prefettura di Napoli, del 3.11.1937, (… per non sollevare vespai, viste le differenti opinioni etc. si prega non farne più niente …) bloccò ogni iniziativa. Un tentativo, senza esito, fu fatto anche nel 1961.[6] Come si vede, una storia molto tormentata.
Un’altra curiosità: nella foto si vede, sulla destra, lo Yacht Reale e, sul fondo, la squadra navale, forse italiana. Evidentemente la foto fu scattata in occasione di un varo. Cordiali saluti. D’Angelo.
Note:
[1] Il prof. Catello Salvati, studiando il documento edito da FILANGIERI RICCARDO, Codice Diplomatico Amalfitano, Napoli, 1917-Trani, 1951, pp. 128-8, e da questi attribuito all’anno 1086, si avvide che non vi era la dovuta corrispondenza tra giorno mese ed anno con l’indizione. Difatti il documento è datato 15 novembre 1086 9a indizione; mentre la nona indizione inizia il 1 settembre del 1085 e termina il 31 agosto del 1086. E’ evidente, quindi, che l’atto va retrodatato e collocato al 15 novembre dell’anno 1085.
[2] Fascicolo Angioino 92, fol. 8: in inquisitione facta castrorum imperialium tempore Frederici II in castris Principatus (…) Castrum maris de Surrento et castrum Scafati possunt reparari (…); (Traduz. “Nell’inventario dei castelli imperiali, all’epoca del re Federico II di Svevia dei castelli del Principato, [vi sono] il Castello a Mare di Sorrento e quello di Scafati che devono essere riparati”) Registro Angioino 1274, B, n. 149, fol. 256v: pro raparatione Castri ad mare de Surrento, 21 Julij 1275.
[3] Registri Angioini, passim.
[4] ASC, passim.
[5] ASC, Registro delibere Consiglio, anno 1862 e 1863; ASC, Busta 305, inc. 13, doc. 1.
[6] ASC, Fascc. vari, in part. Busta 305.13.1‑2; Busta 305.13.3.
Giovedì, 19 aprile 2017 – ci scrive il sig. Giuseppe Mollo
Domanda: Gentile Direttore, con il “remaking” del Lungomare, il palazzo “rosso pompeiano” fa ancora bella mostra di sé, nonostante la vetustà (1800). Detto stabile ha una particolarità: un doppio ingresso, da C.V.E. n°58 (ora 57), e da Corso Garibaldi n° 24, per cui è detto palazzo a spuntatore.
Un’altra caratteristica, meno nota, lo contraddistingue; sulla sommità dello artistico cancello in ferro battuto (lato Corso Garibaldi) spiccavano e, forse, tuttora compaiono due lettere A. I. acronimo di Albergo Imperiale. Risulta anche agli storici di L.R. tale remota ubicazione alberghiera? Grazie Giuseppe Mollo.
Risposta: Caro Giuseppe, rispondo volentieri alla sua domanda, perché con ogni probabilità, della nostra risposta, beneficeranno anche coloro che pur riconoscendo questo edificio (inconfondibile se lo si ammira dalla Villa comunale di Castellammare) ne ignorano la sua nobile storia.
Innanzitutto, a onor del vero e del giusto, mi corre l’obbligo di notificare che il testo descrittivo che a breve rimetto in pubblicazione è tratto da: “Cenno storico descrittivo della Città di Castellammare di Stabia” di Catello Parisi, risalente al 1842. Premessa fatta riporto quanto scritto nel suddetto libro alle pagine 72 e 73: “Grande Albergo Imperiale di Angelo Conci – Questo grandioso albergo sulla nuova strada della spiaggia e nel palazzo Merenghini è posto ed affaccia sul mare. La veduta gode del Vesuvio, di tutto il delizioso cratere, del porto, della stessa spiaggia del mare e delle campagne. Due nobili e vasti appartamenti e dei quartini con molta eleganza mobiliati accogliere vi possono qualunque ragguardevole famiglia. Oltre alle cucine al riposto alle scuderie e rimesse il numero di 64 stanze compongono ambo gli appartamenti, delle quali 56 sono assai ben disposte per letti e 4 a belli saloni tapezzate. Tutto quello che si può desiderare in un nobile albergo ivi si trova. La servitù n’è diligente attiva e vigilante. I pranzi le cene i dejeunès sono molto ben serviti ed al gusto adattati delle varie nazioni, e vi si trovano ancora degli scelti vini di ogni qualità. Tutto insomma v’è ben regolato e disposto dal signor Conci che incessantemente si studia a migliorare questo nobile albergo che da grandi personaggi vien prescelto e onorato”.
A corredo dell’esaustiva nota descrittiva del Parisi, pongo in calce anche alcune immagini fotografiche che mi sono premurato di riprendere, in vista di questo articoletto di risposta.
Si noti che alla sommità del cancello in ferro battuto dell’originario ingresso sul lato mare, si è quasi perduto l’acronimo (A. I.) di Albergo Imperiale, del quale (sigh!) resta ancora ben leggibile la sola lettera A.
A seguire rimetto in pubblicazione un’altra immagine fotografica risalente al 2008, gentilmente fornita dal prof. Bonuccio Gatti, nella quale l’acronimo risultava essere ancora integro.
Nel ringraziare per aver dato a noi di L.R. la possibilità di far conoscere un ulteriore spaccato di storia stabiese (poco conosciuto e forse quasi del tutto dimenticato), l’occasione è gradita per porgere i migliori saluti. Cordialità. Maurizio Cuomo.
Archivio:
Giovedì, 30 marzo 2017 – ci scrive il sig. Raffaele Aponte
Domanda: Gentile redazione, passeggiando domenica mattina per il rinnovato (sigh!) lungomare stabiese mi sono ritrovato, mio malgrado, ad “origliare” la conversazione di un gentile signore con il suo bambino. Ebbene alla domanda del pargolo che chiedeva al suo papà cosa simboleggiasse la cosiddetta fontana del vogatore (non so chi gli abbia attribuito questo nome e se lo è ufficialmente) il papà gli risponde che è un monumento che simboleggia una canoa con al centro il vogatore, ed eretto per celebrare le gesta dei gloriosi vogatori stabiesi. Non sono intervenuto per rispettare la privacy della conversazione.
Ora, senza nulla togliere agli “eroi” del Circolo Nautico Stabia, figurarsi, ne ho fatto parte pure io nella mia giovane età e, qualche volta, in allenamento ho sostituito molto indegnamente il grande Peppino di Capua al timone, so che, ad onor del vero, la versione data dal papà al figlio non è quella esatta. Ricordo, del resto come tutti gli stabiesi che hanno raggiunto gli “anta”, che la fontana era lì molto tempo prima delle grandi gesta dei Fratelloni e faceva bella mostra del suo splendore.
Chiedo a Voi tutti dove e come è possibile recepire materiale fotografico o scritti d’epoca che testimonino la vera origine di questo splendido monumento, simbolo del nostro lungomare.
Vi ringrazio in anticipo per l’attenzione rivoltami. Cordialmente. Raffaele Aponte.
Risposta: Caro Raffaele, quella che oggi viene appellata come “Fontana del Vogatore”, ha assunto questo nome (per voce pubblica) a partire dal 1997, anno in cui, nella sezione centrale del preesistente impianto monumentale, vi fu adagiata un’opera bronzea del M° Antonio Gargiulo. Il bronzo che riprende un vogatore nel pieno del suo sforzo atletico, vuole commemorare il Canottaggio, sport che a Castellammare di Stabia ha raggiunto il suo apice di popolarità con le eroiche gesta dei fratelloni Abbagnale.
Per testimonianza diretta e tangibile, a seguire rimetto tre cartoline della collezione “Bonuccio Gatti” che riprendono la fontana monumentale così com’era antecedentemente al 1997. Nella speranza di esserle stato utile le invio i migliori saluti. Cordialmente, Maurizio Cuomo.
giovedì, 29 gennaio 2015
Domanda: Gentilissimo direttore, dopo aver letto l’articolo del prof. D’Angelo tratto dal “Rivivi la Città” ho approfondito la ricerca su internet al link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Reggia_di_Quisisana
nelle cui note riporta ad articoli pubblicati sul sito del comune di C/mare, come bibliografia tra le diverse “Giancarlo Alisio, Siti raeali dei Borboni, Roma, Officina Edizioni, 1976”.
Riporto quanto estrapolato :
…“Dopo l’Unità d’Italia la reggia passò ai Savoia fino al 31 maggio 1877 quando divenne Demanio dello Stato ed un anno dopo ceduta al comune di Castellammare di Stabia, che a sua volta la diede in gestione a privati: nel 1898, su forte pressione del sindaco, al suo interno venne aperto un albergo, chiamato Margherita, forse in onore della regina d’Italia, ma già nel 1902 risultò dismesso. Tra il 1909 e il 1910 la struttura ospitò il Collegio dell’Annunziata di Napoli, mentre a seguito dello scoppiò della prima guerra mondiale fu adibita ad ospedale militare e nel 1920 ospitò il collegio militare di Roma. Nel 1923 per volere del sindaco Francesco Monti venne inaugurato nuovamente un albergo, questa volta con il nome di Royal Hotel Qusisiana[1]: nel 1928 oltre a struttura ricettiva venne anche utilizzata dell’Istituto Superiore Agrario e nel 1931 il Royal Hotel fu inserito nella Guida d’Italia del Touring Club come hotel di primo ordine con ben 200 camere e circa 140 posti letto[3]. Durante la seconda guerra mondiale la reggia venne nuovamente utilizzata come ospedale militare e dopo la fine delle vicende belliche ritornò ad essere un albergo anche se fino a metà degli anni sessanta quando venne definitivamente chiuso”.
A questo punto il mio dubbio e il punto di domanda: nella cartolina in calce, trovata su internet qualche anno fa si fa riferimento alla Casa di Salute Calvanico, ed esplicitamente dichiara che trattasi dell’ex Hotel, una pubblicità della stessa casa di cura è riportata nella guida di Castellammare di Frenkel…
…. Al sottoscritto piacerebbe conoscere il motivo per il quale Prof. D’Angelo non l’ha mai citata? Forse una dimenticanza o forse tale struttura non è mai esistita e fu solo pubblicizzata? Restando in attesa di una Sua autorevole risposta, cordialmente saluto. Giovanni Esposito
Risposta: Il “Grand Hotel Quisisana” è cosa diversa dall’ex Palazzo Reale di Quisisana. Quest’ultimo assunse prima il nome di “Albergo Margherita” e successivamente quello di “Royal Hotel Quisisana” e con questo nome durò fino agli anno sessanta dello scorso secolo.
Il “Grand Hotel Quisisana”, invece, detto poi “Albergo Vecchio”, all’epoca del suo massimo splendore era gestito dalla famiglia Denza. Il caseggiato, in origine ebbe il nome di “Vignadonica” ed era di proprietà della famiglia Massamormile, passata poi per matrimonio ai Boccapianola. Cessò l’attività di albergo nel 1910.
Successivamente fu trasformato in Clinica Calvanivo dal prof. Luigi Calvanico e dal suo figlio Raffaele, istituita nel 1920 e chiusa nel 1929.
Ho anche notizie più ampie che, però, saranno pubblicate prossimamente. Spero di aver soddisfatto la sua curiosità. prof. Giuseppe D’Angelo.
lunedì, 9 febbraio 2009
Domanda: Spett. prof. Giuseppe D’Angelo, ho notato una forte somiglianza architettonica tra il palazzo della Capitaneria di porto di Castellammare e la Reggia di Quisisana. Mi chiedevo se questi due edifici, recentemente restaurati, non avessero in passato un legame istituzionale. Certo della sua cortese attenzione. Voglia gradire i più distinti saluti. F. Fontanella.
Risposta: Alcun legame istituzionale. Va detto che la vecchia Capitaneria era allocata nell’antica Torre Alfonsina in Piazza Fontana Grande, demolita agli inizi del ‘900 per il passaggio dei binari del tram per Sorrento. La nuova Capitaneria, quindi l’attuale, é opera dell’inizio del Novecento, costruita ex novo. Evidentemente l’ignoto architetto ha un po’ copiato il Palazzo Reale di Quisisana. Cordiali saluti, prof. G. D’Angelo.
lunedì, 26 gennaio 2009
Domanda: Chiedo scusa per il disturbo. Per caso ho notato che nella biografia di Viviani ( pubblicata su liberoricercatore.it ) avete inserito come data di nascita il 9 gennaio. Ma come asserito da egli stesso in “Dalla Vita alle Scene”, la sua autobiografia… è nato la notte del 10 gennaio all’ 1,20… In attesa di delucidazioni, come sempre vi ringrazio. Un saluto caro. Daniele Somma (da Caserta).
Risposta: Allora per prima cosa si chiamava Viviano e non Viviani. Soltanto con sentenza del Tribunale civile di Napoli del 6 ottobre 1914, il cognome fu cambiato in Viviani, mentre la sorella Luisella si chiamò sempre Viviano. Secondo: nacque alle ore 2,15 del 9 gennaio, mentre fu battezzato il 10. Ora devi pensare che una volta le persone dicevano sempre la data di battesimo e non quella reale di nascita. Questo giustificherebbe l’errore commesso dallo stesso Viviani nella sua autobiografia. Saluti, prof. D’Angelo.
sabato, 17 maggio 2008
Domanda: Gentile Professore, in molte cartine d’epoca il confine nord del Principato Citra con la provincia di Napoli coincide con l’ultimo tratto del fiume Sarno. Siccome in epoca longobarda Castellammare era chiaramente parte del Ducato di Napoli, vorrei sapere, in che periodo entrò a far parte della provincia di Principato Citra, eventualmente a seguito di quali vicende e quando è stata poi riannessa alla provincia di Napoli. Grazie per la cortese risposta. Cordiali saluti. Gennaro Cesarano.
Risposta: La nostra città per secoli in alcuni periodi ha fatto parte del Principato Citra e per altri periodi di Napoli. Ovviamente per Principato Citra si intende, grosso modo, l’attuale Provincia di Salerno. I motivi non sono chiari, ma la nostra era una terra posta al confine di tre ducati: Napoli, Amalfi-Salerno e Sorrento. Pertanto a volte veniva incorporata con Napoli, altre volte con Amalfi-Salerno ed altre volte con Sorrento. Per esempio molti Ordini religiosi dipendevano, e ancora oggi dipendono, da Salerno. Mise un po’ d’ordine in questo caos, il regime napoleonico che creò le attuali Province, con Decreto di Giuseppe Napoleone del 08 agosto 1806 (pubblicato il giorno successivo) e Castellammare fu definitivamente annessa alla Provincia di Napoli, divenendo anche, insieme con Napoli e Pozzuoli, Capoluogo di Distretto. Cordiali saluti. Prof. G. D’Angelo.
venerdì, 11 gennaio 2008
Domanda: Caro Prof. chi ti scrive è il dr. Fabio d’Apuzzo, oltre a farti i complimenti per il bellissimo e ricchissimo sito, mi domandavo con un po’ di orgoglio; perchè non parli anche delle altre realtà industriali che la nostra città ha avuto sin dall’inizio del secolo… Come per esempio… il Molino e Pastificio costruito dal mio bisnonno Cav. Giuseppe d’Apuzzo, oggi ahimè sede dell’ASL ???? Sai che è stata la prima industria della pasta “Automatica a Vapore” d’Italia !!!!!!!! Sai che la nostra pasta era consumata dal RE e fornita al Real esercito Italiano negli anni ’20 !!!!! E che il piccolo artigianale pastificio Barilla… lavorava producendo la nostra pasta… sai che fu premiata a Parigi con Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento dal RE d’Italia !!!! Medaglie che io oggi conservo gelosamente !!!! Otre poi ad essere l’unica industria stabiese a non essere distrutta dai tedeschi in ritirata ??!!! Ringraziandoti per la pazienza con la quale hai letto questa e-mail, e rinnovandoti i complimenti spero che vorrai menzionare l’opera di un grande industriale stabiese, che potrà solo certo dare lustro alla nostra Città, fatta di tante persone perbene che le hanno dato tanto. Grazie, dr. Fabio d’Apuzzo.
Risposta: Gentile dott. d’Apuzzo, la storia, anche se piccola, si fa con i documenti. Io non ho trovato, nel corso delle mie ricerche, granché sul pastificio d’Apuzzo, per cui sarei ben lieto se volesse inviarmi, ovviamente in copia, tutta la documentazione da Lei conservata su tale opificio. Ovviamente accompagnata dai Suoi ricordi e quelli dei suoi ascendenti. Mi occuperei, poi, io di stenderli a mo di storia. Lo storico non può fare miracoli se non ha il materiale da cui attingere le notizie. Mi metta in grado di conoscerle queste notizie, ed io farò il resto. Cordiali saluti. Prof. G. D’Angelo.
domenica 16 dicembre 2007
Domanda: Gentile professore potrebbe indicarmi dove era ubicata e se ancora esiste dove si trova Villa Antonietta? Poiché da questa immagine si evince solo un grande parco. Grazie!
Risposta: Riporto quello che ho scritto nel mio libro “I luoghi della memoria”: Questa villa, nel tempo, ha avuto vari nomi, legati tutti a quelli dei proprietari: villa Lieven, villa Moliterno o Antonietta, villa Pagliara, villa Petrella. Il principe don Alessandro di Lieven, ministro plenipotenziario (ambasciatore) russo nel Regno delle Due Sicilie, d’estate soleva frequentare la reggia di Quisisana, un po’ come tutti i diplomatici accreditati presso la Corte borbonica. I luoghi, con l’andar del tempo, dovettero piacergli particolarmente tanto da spingerlo ad edificarvi la propria villa.
A tale scopo, acquistò da Pietro Paolo Coppola un piccolo fabbricato con poco giardino e dalle Suore di San Bartolomeo, nel 1842, “un piccol giardino nel luogo detto S. Andrea” ove edificò una splendida dacia con materiali e manodopera fatti venire espressamente dalla Russia. Infine per ingrandire il giardino, comprò il 18.6.1845 da Francesco Grossi una grossa tenuta limitrofa di 3 moggia e due terzi (mq. 12.221) per il prezzo di 9.161 ducati e grana 66. A questo punto, dopo aver ingrandito la dacia, realizzò, anche, un vasto ed ameno parco.
In questa villa soggiornarono molti personaggi di rilievo, tra i quali il pittore Scedrin e la zarina di Russia.
Purtroppo, però, dopo alcuni anni il principe di Lieven dovette andar via da Napoli, poichè dopo l’unità d’Italia questa città non era più la capitale di un Regno e, quindi non più sede d’Ambasciate. Fu costretto, allora, a cedere la propria villa.
Difatti il 24 dicembre 1868, alienò « ai coniugi Principe e Principessa di Moliterno Signori Giuseppe Gallone ed Antonietta Melodia la Villa Casino e Casamenti con tutti i mobili, mobilii ed effetti mobiliari […] per la somma di Lire Centomila ».
Da quest’epoca la villa diviene il centro mondano ed intellettuale della città. La principessa Antonietta difatti, molto vicina alla Corte Sabauda, riceveva continuamente personaggi di alto livello. Basti pensare che il principe ereditario Umberto di Savoia, prima di ascendere al trono d’Italia col nome di Umberto I, era già stato per ben due volte, insieme alla sua promessa sposa Margherita (la futura Regina Margherita), ospite nella villa Moliterno. Memorabile, secondo le cronache coeve, fu la festa data in questa villa il 28 marzo del 1870 per la venuta dei due principi: « Ieri il principe di Moliterno raccoglieva oltre a 150 invitati nella sua amenissima villa a Quisisana. Fra essi notavansi i Reali Principi che avevano gentilmente accettato di far parte della scelta ed allegra brigata. La città di Castellammare colse questa occasione per fare le più liete e cordiali accoglienze all’augusta coppia che visitava per la terza volta quei luoghi di delizia. Dalla stazione alla casina Moliterno si accalcava gran folla di popolo al passaggio dei Principi, mentre gli edifizi pubblici, le case private e le strade tutte erano pavesate di bandiere dai colori nazionali. Alla villa Antonietta, antica villa Lieven, tutto era disposto con gusto squisitissimo per parte dei signori Moliterno che facevano gli onori di casa colla più franca espansione. Dopo la colazione servita lautamente sotto un padiglione costruitovi appositamente, ebbero luogo le danze sul prato che vennero poscia continuate fin quasi alle 7 nelle sale a pianterreno della villa. In memoria della giornata fu anche piantato un pino, secondochè si usa in Inghilterra in simili circostanze. L’albero porterà il nome di Principessa Margherita. […] La musica della 2a legione della nostra G.N. fu quella che venne prescelta per suonare durante la colazione e il ballo. […] Il giovane maestro Tosti vi cantò una romanza composta espressamente dal suo amico maestro Denza, che lo accompagnava al pianoforte. Finalmente la signora Moliterno con squisita gentilezza creava un ordine novello, quello della Villa Antonietta e ne insigniva tutt’i suoi invitati con quella grazia che le è propria ». La presenza della famiglia Gallone, ben introdotta a Corte, portò molteplici benefici alla città, tanto che il 22 settembre del 1882 la Giunta Municipale , in segno di riconoscenza, conferiva al principe di Moliterno Giuseppe Gallone ed al figlio Principe di Marsiconovo Giovanbattista Gallone la cittadinanza onoraria di Castellammare.
Intanto il 15 giugno 1893 Giuseppe Gallone e la moglie Antonietta Melodia donarono la villa al loro figlio Giovanbattista principe di Marsiconovo.
Giovanbattista Gallone fu uomo di mondo, come suol dirsi; frequentatore dei migliori salotti d’Europa, animatore, come riferiscono le cronache, delle estati stabiesi. Tra le tante iniziative di cui fu promotore, vorrei qui segnalare quella della fondazione del Circolo Canottieri Stabiani, l’attuale Circolo Nautico Stabia. Difatti in data 20 luglio 1881 inviò all’amministrazione comunale una missiva nella quale comunicava la costituzione « …del Circolo Canottieri Stabiani, recentemente istituito in questa città, nello scopo di animare la gioventù all’esercizio del remo ed in conseguenza alle regate. Sviluppare, nelle giovani generazioni, il gusto delle cose marittime torna utile a loro ed all’Italia; già in molti luoghi, sorgono simili società, accolte col plauso generale.» Certo il principe non avrebbe mai immaginato che, a distanza di un secolo, la società da lui fondata sarebbe stata coronata dell’alloro mondiale e olimpico.
Sul finire del secolo il principe trasformò la Villa in un rinomato ed elegante albergo -l’Hotel du Parc- lasciando, poi, definitivamente Castellammare per ritornare in Puglia.
Negli anni ’30 del nostro secolo la Villa fu acquistata dalla famiglia Pagliara, che da pochi anni l’ha ceduta al comm. Errico Petrella, attuale proprietario.
lunedì, 15 ottobre 2007
Domanda: Gentile Professore, ha presente la torre del palazzo di Quisisana che è possibile ammirare in una stampa su questo sito ( Collezione di stampe antiche di Gaetano Fontana ): qual è stata la sua sorte? Vi sono ancora tracce della sua esistenza? Che funzione aveva? Grazie per la risposta. Gennaro Cesarano.
Risposta: Esiste ancora, ma é in pessime condizioni. Era una voliera. Difatti Ferdinando IV (poi Ferdinando I) e il nipote Ferdinando II erano ottimi cacciatori. Purtroppo nell’attuale restauro di Palazzo Reale non é compreso quello della voliera né il parco arboreo. Cordialità.
lunedì, 15 ottobre 2007
Domanda: Su una cartolina (del 1928) e su un vecchio opuscolo ho letto di due acque minerali stabiesi: acqua Vesuvialis e acqua Fides; queste acque sono sparite o hanno cambiato nome?
Risposta: Per quanto riguarda queste due sorgenti di acqua minerale, la storia é lunga. In effetti a volte credevano di aver scoperto una nuova sorgente, ma poi, dopo le analisi, si accorgevano che erano diramazioni di sorgenti già classificate. Le mantenevano in vita per motivi pubblicitari e, poi, le eliminavano. Io, comunque, non le ho mai sentito nominare né ho trovato riscontri documentali di queste due acque. Cordialità, D’Angelo.
sabato, 13 ottobre 2007
Domanda: La foto allegata è stata scattata a Piazza Municipio nel 1948, secondo quanto afferma chi me l’ha regalata, è possibile capire in quale occasione?
Risposta: Per quanto riguarda la foto di Piazza Municipio é quasi impossibile capire in che occasione sia stata scattata. Dato l’anno, 1948, si può solo ipotizzare che, poiché il 1 gennaio 1948 entrò in vigore la nuova Costituzione repubblicana, vi sia stata una pubblica manifestazione per festeggiare l’avvenimento. D’altronde io faccio lo storico, non il chiromante. Se non vi sono, oltre alla foto, altri elementi di supporto, é impossibile capire di cosa si tratti. Cordialità, D’Angelo.
sabato 13 ottobre 2007
Domanda: In una nota cartolina di Castellammare veduta dal Castello è visibile una squadra di navi nel nostro porto; si tratta della squadra italiana della marina o di quella inglese e se inglese, cosa ci faceva a Castellammare? Anticipatamente ringrazio. Giuseppe Zingone.
Risposta: Io so questo: nel 1880 fu varata a Castellammare la nave “Italia” alla presenza di re Umberto I. Erano presenti al varo: la squadra navale inglese e quella italiana. Comunque in occasione di vari importanti alla presenza del Re, spesso era presente la squadra italiana. La presenza di squadre navali in rada é da collegare sempre con vari importanti di navi da guerra. Questo so. Per quanto riguarda in particolare la foto, poiché non é certa la data in cui é stata scattata, é impossibile accertare se si tratti della squadra navale italiana o inglese. Cordialità, prof. D’Angelo.
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Note biografiche del prof. Giuseppe D’Angelo: