di Giuseppe Zingone
Luglio, un anno a Castellammare
Luglio, caldo e appiccicoso come il miele, sei già estate, mese senza ombra, mare come sedia a dondolo, culla di pescatori, “’na spiga vulluta e ‘na fetta ‘e mellone” furtivamente mangiate per strada.
Affacciandomi dalla statale sul bagno Conte, vedo Tonino che gode le sue meritate ferie, sicuramente sudate, fino a ieri, infatti, ha sfacchinato spezzandosi la schiena in un cantiere edile sotto il sole spossante. È pronto per un tuffo che desterà meraviglia tra le belle sirene senza pinne, che si lasciano cingere dal mare; anch’esse attendono qualcosa, forse un marinaio stabiese da incantare. Un lieve spruzzo di schiuma ed un inconsistente gorgoglìo e i riccioli bruni di Tonino sono frantumati dall’acqua, ora il suo viso ne sembra incorniciato, intanto, occhi azzurri come questo cielo sereno predicono un nuovo amore.
Verso la calce e cementi, un gruppo scultoreo di pensionati color bronzo, divide a metà la spiaggia, proprio sulla scogliera, sono da sempre presenti su questo lido, parlano di calcio e di politica, fanno bagni dal mese di Maggio, sono i custodi indiscussi di questa spiaggia (ancora) libera che li ha visti giovinetti e come i loro antichi antenati greci apportano il loro contributo di pensiero a problemi che non conoscono soluzione.
C’è anche un amico di mio padre il buon Vincenzo vetusto bagnino della Limpida, è seduto sugli arcaici sassi di questo lido di Pozzano, ognuna delle immobili pietre nascoste sotto il suo telo da mare, potrebbe raccontare una storia e Vincenzo ne conosce migliaia, una marea (è proprio il caso di dire) di nuove generazioni è stata custodita dai suoi occhi vigili e attenti, di uomo che conosce il mare e sa rispettarlo, potrebbe tracciarvi una verosimile cartina del fondale marino che sorvegliava, compresi scogli, tane di polpi, e indicarvi le ultime tracce delle ormai svanite cozze. Nel tempo della mia fanciullezza, da questo mare che per secoli ha sfamato la nostra terra, portavamo via stelle marine, ippocampi e ostriche, piccoli trofei del nostro grande egoismo umano, che ha distrutto in pochi decenni, quello che la natura ha realizzato nel corso dei secoli. Negli occhi di Vincenzo un dolore sacro e composto di chi conosce la bellezza del passato stabiese e si ritrova incapace di leggerne il futuro.
Qualche rarissimo venditore ambulante si aggira ancora per le nostre strade, io ricordo in maniera distinta il fischio del carrettino dei gelati; una malinconica immagine mi lascia intravedere Ciro Lo Schiavo, venditore d’acqua, che passava per le nostre strade con il carretto carico di damigiane d’acqua riempite alle Terme; ecco le scintille provocate dalla mola dell’arrotino, che rifaceva il filo ai coltelli e alle forbici delle famiglie stabiesi; c’è anche “Sisina ‘a Castagnara” che d’estate vendeva spighe.
Effettivamente solo l’estate, ci regalava quel tempo necessario attraverso il quale potevamo osservare, scrutare e comprendere meglio, con quell’interesse proprio dei ragazzini, la vita di strada. È Luglio mentre il sole ancora trascina nel mare uno dei suoi veli color rosso pompeiano dipinto sulla parete dell’orizzonte; boccheggiando come un pesce fuori dall’acqua inseguo un po’ di frescura passeggiando sul porto.