Le allego una poesia di mia madre, sul San Michele del Monte Faito, che se vuole può pubblicare sul suo sito. Affettuosamente. Lucia Amendola
San Michele
Ti mostri ad una svolta della strada
che sale tortuosa da Maiori
a Capo d’Orso, ed è fugace e dolce
la tua visione, o San Michele. Bianca
una nuvola lieve ti nasconde
al mio sguardo, che in ansia ti ricerca
là, dietro Conca. Un attimo: ma azzurra
una cara visione mi si accende
nel cuore; ancor rivive in me, custode
del sogno, la ridente ora solare
che mi abbagliò, mi folgorò, intessendo
di mia vita il destino, non rimpianto
pur nel dolore, San Michele! E serbi
anche tu quel ricordo? Freme in te,
nel tuo petroso giogo di dolomia,
quel meriggio dorato, tutto azzurro
nel cielo, e tutto sole nei barbagli
della tua pietra sterile, infocata?
Ricordi che salimmo la scaletta
rovinosa stringendoci in silenzio?
Tacevano le labbra. I nostri sguardi
si sfuggivano; ovunque era l’ardore,
l’abbaglio, il rogo estivo; e noi, bagnati
dal fresco rivo della santa grotta,
puri come quell’acqua, ascendevamo,
ascoltando il respiro dei sognanti
cuori, in attesa; e tacevamo assorti.
Nulla dicemmo, ma la voce eterna
della natura palpitò per noi,
congiunse il vento estivo i nostri volti,
ci avvolse entrambi l’empito del sole.
E quando giunti in cima, ai nostri sguardi
si schiuse il mare, libero, fremente
carezzante le rive arcuate, i bei paesetti
sparsi sui pendii, gli scogli petrosi,
e l’infinito ampio ci apparve,
sentimmo che per sempre i nostri cuori
erano avvinti, e nulla più poteva
spezzarne il nodo: non vita, non morte.
(Amalfi, 1950)
* * *
Una poesia di mia madre scritta a Quisisana nel 1931. La saluto con affetto.
Lucia Amendola
Le Campanelle di San Giacomo
Campanelle lontane, risonanti
a Quisisana, nei meriggi estivi,
io vi risento nel mio cuore all’ora
che vi destava querule scroscianti,
…ed io
non ero sola nel silente viale,
unica vita no; ero sospiro
del tenue vento e figlia del meriggio
….
oh! perché non rapirmi in tanta estrema
comunione con te, natura estiva?
…..
perché serbarmi forse a tristi pianti
a crudeli risvegli, a inerti giorni?
(Quisisana 1931)