Monsignor Francesco Colangelo
di Giuseppe Zingone
L’invasione russa di questi giorni nei confronti dell’Ucraina, ci ricorda fondamentalmente che l’animo umano è ancora profondamente primitivo, nessuno avrebbe mai immaginato che potesse accadere un evento simile nel 2022, eppure le guerre nel mondo non si sono mai spente, anche quelle economiche. Le notizie di questi giorni ci fanno più paura semplicemente perché ci riguardano più da vicino, è la guerra della porta accanto. Si succedono, commenti a ruota libera, in un mondo eticamente vuoto e plurale, senza punti di riferimento, senza stelle polari, ognuno è certo che il suo dire è più importante di quello che l’altro a sua volta impone verbalmente.
Prendo a prestito i due personaggi in campo, da un lato un uomo che è abituato a dettare le regole ai suoi e agli altri, dall’altro un uomo preso in prestito dalla Tv, che si trova a difendere i diritti della sua gente, arma in pungo. Tra questi, al centro, entrambi i popoli (russo e ucraino) duecento milioni di umanità, chiamata come sempre a soffrire a vario titolo.
Sono storie a cui assistiamo sin dagli esordi dell’umanità, di cui metaforicamente Caino e Abele, nella Bibbia sono i prodromi. Liti tra bambini, tra adulti, tra istituzioni e qui soffermiamo la nostra attenzione in chiave storica con la figura di un personaggio, a noi, più o meno noto, un uomo che fu “pastore” della Chiesa stabiese.
Francesco Colangelo, fu Vescovo di Castellammare, dal 1821 al 1836. Pastore delle anime della città, che a dire il vero, fu in maniera molto approssimativa. Infatti anch’egli a suo modo pensando di aver sempre ragione entrò in conflitto più volte con le autorità cittadine e all’opposto molto si spese per la sua carriera personale, sulla quale a dire il vero già a suo tempo destò non poco sdegno e molte preoccupazioni.
La vita di monsignor Francesco Colangelo, (nacque il 26 novembre 1769 e morì il 15 Gennaio 1836) è ben descritta da Giovanni Celoro Parascandolo, nel suo I vescovi e la Chiesa stabiana, volume 2, dal 1800 al 1997, Nicola Longobardi editore, 1997, pag. 25-37.
Nel 1824 fu nominato Presidente della Pubblica Istruzione del Regno, (da Ferdinando I di Borbone) fino ad esserne esonerato nel 1831. Secondo il Parascandolo: “Il malgoverno del Vescovo Monsignor Colangelo, quale presidente della Pubblica Istruzione, non gli alienò, il favore di Re Ferdinando II di Borbone, il quale nel 1833 lo nominò Presidente della Commissione Amministrativa della Stamperia Reale“.2
I forti legami con i potenti del tempo sono, come abbiamo visto, ben noti e qui in questo breve documento della Gazzetta di Milano del 1825, riportiamo una notizia relativa ad un suo intervento in memoria del Re Ferdinando I.
Regno delle Due Sicilie
Napoli 14 gennajo
Nella chiesa di S. Chiara, ove il corpo del morto Re fu jeri trasferito, questa mattina, coll’intervento de’ funzionari e personaggi notati nel programma, più il presidente del consiglio delle prede marittime, il regio procurator generale presso il consiglio medesimo, ed il presidente dell’università degli studj, si è celebrata in suo suffragio la messa di requiem con tutta la solennità e la pompa dovuta ad un Re come Ferdinando. Non ci arresteremo a descrivere le toccanti cerimonie della ricognizione della consegna del regio cadavere, trovandosi già enunciate con tutte le particolarità nel programma stesso. Solo diremo che l’elogio funebre dell’estinto monarca, recitato in questa circostanza da monsignor Colangelo, vescovo di Castellammare presidente della pubblica istruzione, e scritto da lui con penna tanto eloquente quanto verace, rinnovando le ricordanze di tanti benefìzj del Re, ha eccitato i sensi del più vivo cordoglio ne’ petti degli ascoltanti.[3. GAZZETTA DI MILANO, Lunedì 24 Gennajo 1825, numero 24, pag. 96.]
Tra i numerosi documenti editi da monsignor Colangelo e che si possono ritrovare anche in rete, rimettiamo al lettore proprio il documento dell’Orazione funebre che il prelato recitò alla morte di Ferdinando I, nella chiesa di Santa Chiara in Napoli.
Vorrei volgere lo sguardo all’apertura dell’articolo, quale breve conclusione del mio pensiero, dicendo che credenti o meno, forse dovremmo rivolgere, nella nostra vita, le nostre energie ai piccoli, ai poveri, al mondo, che ha bisogno di pane e non di armi specialmente in alcuni luoghi martoriati, perché tutto sommato: Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore. (San Giovanni della Croce).
Articolo terminato il 15 marzo 2022