Nudo di Donna di Michele Grigorief
a cura di Giuseppe Zingone
Mi è parso utile recuperare dal libro, uno dei brani del giovane Girace. Scelto a caso tra gli articoli che lo resero famoso, non fosse altro per la curiosità di leggere una penna talentuosa della città di Castellammare di Stabia.
Nudo di Donna di Michele Grigorief
Nella sala di un caffè di Mosca molti amici si erano radunati intorno al pittore Stefano Filippenko, che aveva promesso di raccontare una strana avventura della sua carriera. In un grande silenzio di attesa il pittore prese a dire: – L’inizio della mia carriera è stato simile a quella di tanti altri miei colleghi: gioventù, miseria, illusioni. Abitavo una soffitta fredda ed umida ove i venti entravano da padroni. Spesso mi toccava saltare i pasti. Ma queste sono malinconie prive di ogni interesse. Non potevo, tra l’altro, permettermi il lusso di avere una modella. E quindi ogni giorno girovagavo per le strade di Mosca fissando come allucinato tutte le belle donne che mi passavano davanti. E quante di esse, per un grazioso particolare del volto o del portamento, rimanevano impresse nella mia mente! Visi sorridenti, austeri, enigmatici, profili classici, figurine slanciate e sguscianti, seni turgidi e gambe tornite con grazia divina. La mia fantasia si eccitava.
Un giorno, nei giardini pubblici, mi occorse di contemplare a lungo una bellissima signora inguainata in un’elegante tunica rossa, che le modellava il corpo snello e serpentino. Il petto emergente come un’onda sotto la seta della tunica svaniva in gradazioni armoniche nell’attacatura delle spalle rotonde come le anse di un’anfora antica. Sul volto ovale, soffuso di un lieve pallore, risaltava il rosso fiammante delle labbra tumide. Gli occhi grandi, cerchiati da un alone azzurro, brillavano riverberando di luce le guance.
Rimasi abbagliato. L’osservai attentamente, come uno che, trovandosi di fronte ad una stupenda opera d’arte, cerca di penetrarla a fondo per gustarne maggiormente la bellezza.
Ero così assorto nella contemplazione che non mi accorsi nemmeno degli sguardi biechi che mi lanciava di tratto in tratto un signore alto e tarchiato con il quale ella parlava. Egli, urtato forse dai miei sguardi insistenti, mormorò qualcosa che non riuscii ad afferare. Di improvviso la bella signora andò via sotto il braccio di quell’essere antipatico. Deluso e sconcertato, m’incamminai nei giardini, senza una mèta. Ritornai di buon umore alla mia soffitta. Avevo davanti a me la visione della bella donna.
Venne a trovarmi il collega Peptezof, con il quale m’intrattenevo spesso in lunghe conversazioni sull’arte.
– Stefan Stefanovic – disse Peptezof gettandosi sul letto – sono stanco. Centotrenta scalini. Potevi scegliere una casa più comoda. Peptezof ogni volta che veniva a trovarmi iniziava la conversazione così.
-Stefan Stefanovic – riprese il mio amico dopo essersi arrotolata una sigaretta con il mio tabacco ti annunzio una lieta novella. Ti farà certamente piacere.
Io, con la fronte ai vetri, contemplavo la lunga teoria dei comignoli che si profilava monotona e triste davanti al mio sguardo.
– Stefan Stefanovic – esclamò il mio amico – la terza esposizione nazionale d’arte è stata fissata per il 2 maggio. Il termine per la presentazione scade fra un mese. – Io ho già pronto un lavoro interessante: «La città di notte». Un motivo originalissimo.
In quel momento si affacciò nel mio pensiero la bella sconosciuta che avevo contemplato nei giardini pubblici. La sua figura slanciata mi apparve davanti senza la tunica rossa, tutta nuda, come una bellissima divinità pagana.
Dopo aver conversato ancora un po’, il mio amico andò via, fischiettando una canzone.
Mi sentii sconvolgere e tormentare da una strana febbre. Passeggiai nervosamente per la stanza, con la fantasia eccitata.
– Ebbene, farò un nudo di donna. Quello della bella sconosciuta.
Lavorai diversi giorni. Vedevo la bella signora, sdraiata lascivamente sul vecchio sofà, brillare nel candore di una carnagione mor bida e bianca. La vedevo. Ah, se la vedevo! Davo colpi di pennello e guardavo verso il sofa. Una cosa del tutto incredibile: la mia immaginazione diveniva addirittura miracolosa.
Presentai il mio «Nudo di donna» all’esposizione. Durante i giorni che precedettero l’apertura della mostra, fui tormentato dai dubbi. Finalmente l’esposizione fu inaugurata solennemente, con l’intervento del ministro della pubblica istruzione.
Il mio «Nudo di donna » ebbe un successo strepitoso. La bella sconosciuta, dall’alto della parete della prima sala, sdraiata mollemente sul mio povero sofà, risaltava sul fondo scuro richiamando l’attenzione di tutti i visitatori. Ognuno, vedendola, prorompeva in esclamazioni di meraviglia. E quanti commenti! Io, confuso tra la folla, non mi lasciavo sfuggire nulla. Si avvicinarono al quadro delle signore e dei giovanotti. Uno di questi disse: – Oh, guardate! La contessa Jakolutef in abito adamitico!
Le signore commentarono:: È lei. È proprio lei. Che sfacciata!
Un altro giovanotto, piccolo e nero come uno scarafaggio, osservò: – Ed il terribile Arcadio glielo ha permesso?
Ed un altro, con ironia: – Beato il pittore che ha avuto il piacer di contemplare quel bel corpo!
Contemplare? ribattè un altro della comitiva, con molta malizia.
*
Il nome della contessa Jakolutef mi fece rabbrividire. Non avrei mai immaginato che la bella sconosciuta fosse la contessa Nadia Jakolutef. Sapevo che suo marito era un aristocratico violento, un grande spadaccino che aveva spesso fatto parlare di sè. Tutta la mia gioia per il successo svanì subito. Ritornai a casa di umore tetro: sembravo un uomo colpito da una grave sventura. Trascorsi l’intera notte senza riuscire a prender sonno.
Il giorno seguente venne da me, trafelato, e con un’aria da funerale, Peptezof.
Innanzi tutto ti faccio le mie congratulazioni per il successo che hai ottenuto. Un nudo magnifico, eccellente. Hai ben meritato il primo premio. Però…
Però? – ripetetti guardandolo trepidante negli occhi.
– Ti compiango, Stefan Stefanovic. Io ignoravo che tu fossi l’amante della contessa Nadia. Non me ne hai mai parlato ed io ammiro il tuo riserbo. Però ti compiango: hai commesso un errore gravissimo che pagherai a caro prezzo. Il conte Arcadio è uno spadaccino valentissimo ed io sono sicuro che ti spedirà al. l’altro mondo per direttissima. Toh, leggi il commento del «Telegrafo». Saprai che sorta di scandalo hai sollevato.
Peptezof mi porse il giornale con un fare solenne e ammonitore.
La cosa era davvero preoccupante. Inutilmente mi sgolai per spiegare al mio amico che la contessa Nadia non era stata mai la mia amante e che non aveva mai posato per il mio «Nudo di donna ».
L’ho vista dissi una sola volta nei giardini pubblici un mese fa e la sua figura mi rimase impressa nella mente.
Peptezof scoppiò in una rumorosa risata. Poi, giunto sulla soglia di casa, in procinto di andar via, disse: – Stefan Stefanovic, ammiro la tua serietà, ma non posso assolutamente credere alle tue panzane. Arrivederci.
Mi gettai sul letto, sfinito e sconsolato, abbandonandomi alle più strane fantasticherie.
*
Tre giorni dopo, verso l’imbrunire, sentii battere dei colpi discreti alla porta.
Si ripercossero sul mio sistema nervoso. – Saranno – pensai – i padrini del conte Arcadio.
Il cuore mi battè forte per l’emozione. Cautamente aprii la porta e mi trovai faccia a faccia con la bella contessa Nadia. Con voce dolce e suadente mi chiese se ero io il pittore Filippenko. Rimasi interdetto, sbalordito. Poi la feci entrare nella mia squallida soffitta.
Guardò intorno con vivo interesse. Poi, con molta calma, mi disse che aveva abbandonato il marito, uomo banale e brutale, e che aveva deciso di convivere con chi, senza nemmeno conoscerla, aveva saputo comprendere ed immortalare la sua bellezza.
Mancò poco quella sera che non impazzissi per la gioia.
*
Un anno dopo si seppe che l’amante del pittore Filippenko, la famosa contessa Nadia Jakolutef, era scappata con lo scultore Orsanitef, che pochi giorni avanti aveva ottenuto un clamoroso successo con la sua « Eva moderna » alla quarta esposizione nazionale di arte.1
Leggi gli altri scritti di Piero Girace
Articolo terminato il 15 marzo 2024
- Piero Girace, Donne Terribili di Michele Grigorief, E. D. A. R. T., 1969, pag. 77-83. ↩