“Omicidio” a Castellammare?

nei ricordi di Catello Graziuso de’ Marini

Ciao giovani, il mio vecchio indirizzo email m’aggio scurdato ‘a password. Mio nipote mi ha ordunque creato una nuova email per comunicare con i parenti lontani e, anche, con gioia, con voi. Non ci sentiamo da tempo e tante sono le riflessioni che vorrei condividere con voi fratelli e amici stabiesi, tenuto conto, soprattutto, che in inverno esco poco data la mia età avanzata e i reumatismi che non mi danno tregua.
Negli ultimi giorni le cronache sono state occupate dal caso Meredith ed ho ricordato un episodio che accadde quando avevo circa 28 anni e mezzo, ovvero, nell’estate del 1959. Non abbiate paura, nel finale non trattavasi di omicidio, ma lo spavento fu tale e tanto.

Ebbene, era una sera di luglio e io passeggiavo sul lungomare alla ricerca di una sala da ballo, unitamente a Mario scavapreta, Ciro ‘o ‘nzivacapille e Ulderico ‘o fascista, quando ad un tratto si diffuse la voce di un fatto di sangue. Ulderico cominciò ad alluccare e ad esclamare: “Se c’era il duce nun succereva niente!”. Io, Mario e Ciro, dal canto nostro, eravamo più cauti e seguimmo la folla in tumulto che si dirigeva dalle parti della banchina di zi’ Catiello.

Banchina di zi' Catiello

Banchina di zi’ Catiello

Lì trovammo un tale che urlava: “Aggio acciso a muglierema! Nun c’ha facevo cchiù! So’ dieci anni ca’ me leva ‘a saluta con la pulizia della casa… e mo’ voglio sta quiete!”. Voi vi chiederete ma che ci sta raccuntanne Catiello, e questo è il punto. Noi ci spaventammo invero per il fatto che questo individuo aveva giustappunto ‘e panne tutte spuorche ‘e sangue. Arrivarono i carabinieri e la folla accrebbe.


Mario, che era più grande di me e che nutriva sin dall’epoca un enorme rispetto nei confronti della propria moglie, ovvero la buonanima di donna Concetta Di Martino (nipote del noto calzolaio, pace all’anima soia) esclamò: “Sti cose nun se fanno, sta povera femmena…”. Ma altri avventori lo contraddicevano: “E vabbuò, te vulesse verè a tte”.
I carabinieri fecero però un’osservazione quantomai giusta: “Dov’è il cadavere di sua moglie?”. Il tizio, poi identificato in Gianfranco Salli, poi diventato mio grande amico prima di trasferirsi in Aselia, disse: “Nella cucina di casa mia, al corso Vittorio Emanuele”.
E così insieme ai carabinieri una folla si incamminò diretta all’abitazione ove tutti pensavano trovarsi il cadavere di una donna. I carabinieri respinsero la folla, ma io e i miei amici entrammo comunque nell’androne dove udimmo il lungo monologo di donna Concetta, che era viva e vegeta, e alquanto infastidita dall’essere stata indicata quale assassinata: “Gianfrà’ e ttu comme te sì permiso ‘e ricere cà ij ero morta. Tu nun fusse manco capace ‘e m’accirere, ma te piacesse eh!?”.
I carabinieri cercavano di calmare la donna, ma ella proseguì: “Lasciateme, lasciateme… e pe ffà stu ppoco m’avite pure spurcato ‘a casa”. Un giovane appuntato presente disse. “Signò’, ma allora ‘o verite cà siete vuje!”. L’anziano maresciallo lo zittì cu ‘nu schiaffone.
Voi vi chiederete come facevo io a capire? Perchè nel frattempo ero entrato nell’appartamento.
Gianfranco disse: “‘O ssapite ‘a rò aggia pigliato ‘o sanghe?”. Tutti dissero no. E lui: “Embè io nun v’o ddico!”. Il maresciallo disse: “E io ti arresto per procurato allarme!”.
Allora lui confessò e disse: “‘O sanghe è o mio, apprima m’aggio appiccicato cu’ ‘o barbiere poi sono tornato a casa e mia moglie anziché curarmi, visto che avevo una ferita sul petto (aprì la camicia mostrando un vistoso taglio all’altezza dello sterno) si è lamentata perché avevo sporcato la camicia e anche il pavimento entrando. A quel punto non ci ho visto più e ‘a vulevo accirere, ma non ne ho avuto il coraggio, ma ero comunque esasperato e mi sono calmato solo urlando a tutti che l’avevo uccisa davvero”.
Il maresciallo disse: “Dimmi il nome del barbiere”. Gianfranco disse: “Enzo. Nun ‘o saccio ‘o cugnome, ma so dove ha il negozio”. E cosi tutta la comitiva andò dal negozio del barbiere, che confessò. Alla fine Gianfranco ritirò la denuncia nei suoi confronti, lasciò la moglie e vivemmo tutti felici e contenti… altro che Mereditt, ma che me ritte????
A presto cari

Catello Graziuso de’ Marini.

P.S.: ora che arriva la primavera finalmente esco, fra qualche mese ne faccio 85!

Un pensiero su ““Omicidio” a Castellammare?

  1. Giuseppe

    Gran bella storia e grazie per averla condivisa con noi….
    Le anticipo anche i miei auguri per i prossimi 85 anni…..

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *