“Per un’interpretazione naturalistica della miracolosa apparizione di San Michele Arcangelo al vescovo Catello e al monaco Antonino”
Qualche tempo fa, su invito di alcuni amici ricercatori appassionati di storia locale, ho avuto modo di leggere una traduzione1 dello scritto agiografico noto come Anonimo sorrentino. Cercavo, con la lettura, uno spunto naturalistico che potesse contribuire allo studio delle vicende narrate nel testo.
Tralasciando la bella e suggestiva descrizione del paesaggio, che in un primo momento aveva catalizzato il mio interesse, ho focalizzato l’attenzione sul racconto dell’apparizione di San Michele Arcangelo al vescovo Catello e al monaco Antonino.
“… la prova del loro comune sentire e dell’identico modo di esprimersi fu una visione angelica. A notte fonda infatti apparendo ad entrambi proprio uguale: Voglio, disse, che in quel luogo in cui siete soliti attendere con zelo alla preghiera e dove dinanzi vedeste un cero ardere, costruiate a mio nome un oratorio. Richiesto del nome rispose di essere l’Arcangelo Michele e disparve.”
Per la precisione ho prestato particolare attenzione al passaggio in cui è descritto il luogo dove realizzare l’oratorio “dove dinanzi vedeste un cero ardere”. Sapevo che l’antico santuario di San Michele Arcangelo era posizionato al Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi, alla sommità della cima detta localmente “Molare” o “Molaro”, che con i suoi 1444 m s.l.m. è il punto più alto della dorsale dei Monti Lattari.
Conoscendo bene la geomorfologia del territorio non è stato difficile per me assimilare la forma della cima a quella di un cero. Basandomi su quest’intuizione ho quindi ipotizzato, che una sola e reale manifestazione naturale avrebbe potuto indurre un osservatore ad immaginare una fiamma ardere sul Molare, vale a dire il Sole.
Non è stato difficile individuare il momento più propizio per testare questa teoria. In un solo periodo dell’anno, nel solstizio d’inverno, il Sole nel suo moto apparente nel cielo è visibile tanto basso all’orizzonte da passare alle spalle del Molare, così da simulare una fiamma su di un cero.
Ho quindi condotto, col prezioso aiuto di Maurizio Cuomo direttore di liberoricercatore.it, una serie di osservazioni in campo per documentare il fenomeno che, come previsto, si manifesta realmente nei giorni del solstizio d’inverno (tra il 21 e il 23 dicembre) ed è osservabile tra le ore 9.00 e le 10.00. Le osservazioni in campo mi hanno dato l’opportunità di individuare anche la prospettiva migliore per l’osservazione, che è risultata essere quella compresa tra la sorgente dell’Acqua Santa e la soprastante “Grotta di San Catello”, i luoghi dove tradizionalmente si collocano le vicende di Catello e Antonino al Faito. Nello specifico il fenomeno appare particolarmente suggestivo dal cosiddetto “Passo del diavolo” uno stretto sentiero, che costeggia un profondo burrone, a pochi metri della summenzionata sorgente.
Da questo punto2, precisamente alle ore 9.30, il Sole appare posizionato proprio al centro del “Molare” che si presenta , in tutta la sua evidenza, come un moccolo di cero ardente. Da annotare, inoltre, che alcuni istanti prima della manifestazione, il Sole si eclissa dietro la prima “cuspide” e una suggestiva penombra pervade il monte poi, di colpo, il Sole fa capolino proprio come se fosse una fiammata e torna a rischiarare e a riscaldare ogni cosa.
Appurato che il “passaggio” del Sole al “Molare” nel periodo del solstizio d’inverno è tangibile e reale, mi chiedo:
a) Possibile che l’autore dell’Anonimo sorrentino abbia voluto cristianizzare un più antico culto del Sole celebrato dai pagani proprio al Molare?
b) Possibile che l’apparizione di San Michele al Molare non sia altro che la trasposizione cristiana di un culto pagano associato al Sole, ad esempio quello di Mitra o del Sol Invictus. Se non erro le funzioni del dio Mitra furono assorbite proprio dalla figura di San Michele e nell’antica Stabiae sono documentati numerosi mitrei3?
c) Potrebbe essere che quando l’autore dell’Anonimo sorrentino scrive: “… viene costruito un oratorio nelle tane delle belve, si edifica un’angelica dimore nei giacigli delle bestie feroci …” riferisca le “tane delle belve” ai luoghi di culto pagani ed i pagani alle “bestie feroci”?
d) Potrebbe essere che quando nel testo è descritta l’incarcerazione del vescovo Catello: “che … aveva abbandonato la sua sede e il suo popolo, e, ciò che è peggio, in spregio al rito della Messa dei Cristiani celebrava Solenni cerimonie tra gli orridi giacigli delle bestie e sulle impervie cime dei monti: infine seminava una pericolosissima eresia …” faccia riferimento, citando le “Solenni cerimonie” e la “pericolosa eresia”, proprio ai culti pagani legati alla venerazione di Mitra e/o del Sol Invictus ?
e) Possibile che il narratore dell’Anonimo nel descrivere l’apparizione dell’Arcangelo Michele non abbia voluto dare una personale interpretazione miracolistica di un fenomeno naturale?
f) Possibile che lo scrittore abbia usato l’apparizione del Sole al Molare come allegoria per spiegare la vittoria delle forze di Dio sulle tenebre?
g) Questo diverso punto di vista, sullo scritto dell’anonimo, potrebbe contribuire a far più luce sulla data in cui si verificarono le vicende narrate?
Queste, in breve, sono le osservazioni, le idee, le domande che da naturalista, avvezzo più alle cose tangibili della scienza, ho avuto modo di formulare osservando il passaggio del Sole alle spalle della cima Molare al Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi.
Avrei piacere se si riuscisse a costituire un gruppo di lavoro multidisciplinare che indagasse più a fondo gli aspetti di questa vicenda. La sinergia tra cultori e studiosi di archeologia, astronomia, storia e tradizione locale, potrebbe portare ad un risultato innovativo e di sicuro interesse.
Twitter: @nandofnt
Note:
- D’Angelo G., 2009 – Anonimo Sorrentino – manoscritto del secolo nono – La più antica storia dei santi Antonino e Catello (II ed. riveduta, corretta e integrata). Pag. 87-89 ↩
- Coordinate WGS 84: UTM 33T – 0547075; 4500273 (1230 m s.l.m.) ↩
- Pagano M., 2009 – Il primitivo cristianesimo a Stabiae: nuove scoperte – A stampa in Ipsam Nolam barbari vastaverunt. L’Italia e il Mediterraneo occidentale tra il V secolo e la metà del VI. Atti del Convegno internazionale di studi (Cimitile-Nola-Santa Maria Capua Vetere, 18-19 giugno 2009), a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, Cimitile, Tavolario edizioni, 2010 (Giornate sulla tarda antichità e il medioevo, a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, 2), pp. 129-140 © degli autori e dell’editore – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”-. ↩
Caro Nando, ho letto con attenzione il tuo articolo e lo trovo molto interessante. Interessante è anche l’idea di fare un gruppo di lavoro interdisciplinare. Studiare le nostre radici cristiane non può che fare bene e crescere in una fede più autentica e matura. Grazie l’amore per la nostra città. Saluti. don Catello
Ottimo lavoro ragazzi.Complimenti!
Che ne dici di accompagnarli in loco la vigilia di Natale? Purtroppo posso liberarmi solo allora. Ma sarebbe bello. Scarpinata, osservazione, confronto. Ciao Giuseppe