Ottobre, un anno a Castellammare
di Giuseppe Zingone
Ottobre di faccia o di profilo sempre uguale, cupo, serio, dispotico, tra l’altro ti ho visto mentre scacciavi quel caldo, tenero e democratico venticello che soffiava sul tuo grigiore, l’hai rinchiuso con veemenza in un anfratto tra il Faito e il mare. Ah…. Dittatore! T’intrufoli nelle case della gente, porti scompiglio, agiti le tende e ascolti i sussurri degli innamorati. Ottobre con la tua aria nervosa e agitata, nei ricordi della terra che trema e di edifici fragili caduti al suolo tra nubi di polvere. Ti ho seguito, l’ammetto! Ma solo per farti dispetto e vederti arrossire, quando giù per via Viviani, hai sostato davanti ad un portoncino di ferro; era la sagrestia della Parrocchia della Pace e sei entrato, tuttavia qui non hai potere, questo luogo è sacro, appartiene alla fede, né gli spiriti delle monache né la tracotante vegetazione che penetra le pietre, ti hanno dato udienza, oggi è il 16 Ottobre è San Gerardo.
Di tutti i santi di questo mese potrei raccontarvi la vita, m’è caro però questo meridionale, San Gerardo Majella, il quale antepose alla propria volontà, quella di Dio.
Nel cuore di Castellammare ha una propria dimora, ornata da mura decrepite e antichissime, non solo una casa, ma un patronato, egli comprende il dialetto degli abitanti del rione e mentre è intento a colloquiare con loro, intesse con la propria carne lodi a Dio, oggi tra l’altro eleva per questa povera gente ulteriori suppliche al cielo, grida che nascono crude nella strada, come fossero vendute da un ambulante. Chiese e volle appartenere caparbiamente e intimamente, alla schiera dei santi, certamente traghettò con sé numerosi cristiani e anche raccolse dalle nostre povere strade qualche cencio di carne. Ecco la sua festa non è chiassosa, qui egli è umile tra gli umili, povero come Cristo tra i poveri, offre attraverso le mani di taluni, il profumo di fragranti panini appena sfornati, l’odore del pane allora diviene incenso e ascende al cielo come preghiera, sul tavolino attendono gli immacolati fazzoletti, che trasformano in gioia le doglie del parto. “Fiurelle” del Santo trovano casa, come orfanelli tra le mani gelose e le labbra dei fedeli, uomini e donne che cercano salvezza nell’imitazione di un povero uomo del Sud, in attesa della partenza dal corpo della propria anima. Caro Ottobre, è forte e giunge al naso infreddolito il profumo delle castagne, schierate come soldatini su un tronetto a carbonella ad abbrustolire; chi non può comprarle s’avvicina e si scalda, chi ne tiene tra le mani un cartoccio, attraverso il tepore ricorda… pensieri di bambino.
Ladispoli, lì 16 ottobre 2010