Fig. 3 Pisa. Il Gioco del ponte in una incisione del 1649.

I Conti di Castellammare – Capitolo I

Il Gran Tour dei Conti di Castellammare

CAPITOLO I

30 aprile – 8 maggio Napoli, Livorno; 8 maggio – 9 maggio Livorno; 9 maggio – 15 maggio Pisa; 15 maggio- 16 maggio Livorno; 16 maggio – 19 maggio Pisa; 19 maggio – 22 maggio Livorno; 22 maggio Lucca; 22 maggio – 24 maggio Pisa.

Nella primavera del 1785 Ferdinando IV, re delle due Sicilie, e sua moglie Maria Carolina d’Austria, per rafforzare i rapporti diplomatici con gli altri Stati d’Italia, ma anche per organizzare matrimoni politici[1] per i figli, attraverso i quali aumentare l’influenza e il prestigio del Regno di Napoli in Italia e in Europa, intrapresero un tour nell’Italia centrosettentrionale. Infatti, durante questo viaggio, i due sovrani concordarono un’accorta strategia matrimoniale, da attuare negli anni successivi, con i rispettivi fratelli granduchi di Toscana, che di lì a poco avrebbero ereditato la corona austriaca. Decisero così i matrimoni di due ancor giovanissimi figli: la secondogenita Luisa Amalia, all’epoca appena dodicenne, con il secondogenito di Pietro Leopoldo, Ferdinando, e il piccolo Francesco, nato nel 1777, erede al trono per la morte prematura del primogenito Carlo Tito, con l’arciduchessa Maria Clementina.

Il viaggio iniziò il trenta aprile dal porto di Napoli dove essi s’imbarcarono di prima mattina sul vascello san Gioacchino[2] riccamente adornato per l’occasione. A capo del vascello reale, con al seguito altre sedici navi, vi era il Maresciallo di Campo Francesco Bologna, mentre il comandante in seconda era Bartolomeo Forteguerri, Maggiore dell’armata in mare di S. M. e Colonnello degli eserciti reali. Il titolo assunto, per conservare il più assoluto incognito, fu quello di Conti di Castellammare, sotto il quale salparono alla volta di Livorno tra i festeggiamenti della nobiltà e del popolo accorsi sul molo per assistere alla partenza. Continua a leggere

Cartoline pubblicitarie (e non solo)

Le attività commerciali stabiesi di un tempo

a cura di Gaetano Fontana

Per il piacere di riscoprire i particolari di una Castellammare, che purtroppo, più non è, nella presente galleria ospitiamo le cosiddette cartoline pubblicitarie, le dispense d’epoca ed alcune fatture, che testimoniano la fiorente attività commerciale che un tempo caratterizzava la nostra amata Città.

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Canzone de lo Capo d’Anno

Per il piacere di conoscere e per meglio comprendere le tradizioni locali, proponiamo la “Canzone de lo Capo d’Anno”, un’antica ballata tradizionale: il sacro e il profano che si fondono, narrato dai cantastorie popolani.

Maurizio Cuomo


La Canzone de lo Capodanno 
(nota descrittiva del prof. Luigi Casale)

La “Canzone de lo capodanno” è un lungo canto augurale: il genere letterario è “la ‘nferta” (l’offerta), che i musici portavano alle famiglie, nei giorni delle feste natalizie e di fine d’anno. Per la sua lunghezza appare quasi una sceneggiata. In alcuni centri della penisola sorrentina e della costiera amalfitana, in particolare a Maiori o a Piano di Sorrento, dove se ne attribuisce la paternità a un loro concittadino, è l’intera comunità locale a parteciparvi. Mentre nelle città più grandi generalmente la si canta in famiglia, nelle case. O anche nei cortili con la partecipazione delle famiglie del vicinato. 
Questa ‘nferta natalizia, nel testo tramandatoci dal Croce, è un componimento molto raffinato, ben strutturato, che, per scelta linguistica, e contenuti del tema, presuppone un autore acculturato, vigile, intelligente, del cui nome purtroppo si è perduta la memoria. Essa passa per anonima, perché anonima era la copia a stampa che veniva fatta circolare per Natale, e che, come tale, è stata trovata nella raccolta di cose semplici della biblioteca di Benedetto Croce tra testi ben più importanti. Meritevoli tuttavia di riguardo.
Con questo canto, nel chiedere l’offerta, gli “amici buontemponi” portano gli auguri per il nuovo anno a un destinatario di loro conoscenza del ceto sociale non meglio identificato. 
Il canto si apre con l’annuncio che si è giunti al termine dell’anno e bisogna perciò trascorrere la notte in allegria. Continua poi, per una settantina di strofe, toccando diversi punti: il mito, la storia, la realtà quotidiana di paese, il sentimento religioso, l’espressione degli auguri a tutte le professioni; e si conclude con l’intenzione della dedica e con la richiesta di un’offerta, insieme alla speranza di vedersi ancora l’anno prossimo in condizioni di maggior benessere morale e materiale (la sostanza degli auguri!). 
A leggerla oggi, la Canzone sembra composta da un fine osservatore dei tempi moderni, acuto e brillante al tempo stesso, brioso e caustico come deve essere un autore seriamente (e coscienziosamente) satirico. 

Pazzariello napoletano

Pazzariello napoletano

E concludo. La migliore offerta – insieme ai voti augurali – che l’estensore di queste note può donare ai suoi amici, anonimi lettori, è quella di porgere ad essi il testo della Canzone nella versione più diffusa, quella che ci è stata conservata dal Croce.
L’introduzione è un recitativo di due strofe di endecasillabi (ad eccezione del primo verso della seconda strofa che si presenta come un verso doppio, formato cioè da due settenari). 
Seguono 69 quartine (tre settenari, più un quinario). Il secondo e il terzo verso di ogni strofa rimano tra loro; l’ultimo rima col primo della strofa successiva, creando un concatenamento di tutto il canto. Durante l’esecuzione, divenuta classica, lo stesso richiamo dei due semicori alternati, ne sottolinea la unità compositiva. 
L’intonazione è data dal corifeo che imposta ogni strofa melodicamente, evidenziandone il tema musicale. Dopo una ripresa del primo semicoro (che ripete l’ultimo verso), i due gruppi, uniti riprendono i due ultimi versi della strofa.


 

Canzone de lo Capo d’Anno

Coro d’introduzione (parlato)

A. La bona notte e buon principio d’anno
A tutti sti signuri in compagnia !
Simmo venuti e tornarrammo ogni anno
Per farve chill’aurie che sapimmo.

B. Spilateve lli rrecchie, apritece lu core
La casa, la dispensa e la cantina
Ca cheste so ghiurnate de cuntiente
Se magna e beve e non se pensa a niente

– – –

Testo originale (cantato)

1. Aprimmo l’anno nuovo
Co tric-trac e botte
Passammo chesta notte
In allegria.

2. Nascette lu Messia
Avenne poveriello
No voje e n’aseniello
Pe vrasera. Continua a leggere

Nancy Bowmann

Nancy Bowmann

a cura di Giuseppe Zingone

Il Critico d’arte Girace con la pittrice americana Nancy Bowman

Uno scritto di Piero Girace dedicato alla pittrice statunitense.

Una sera, nella Taverna Margutta, ove di solito venivano a cenare tutti gli aderenti al Movimento Istintista, mi fu presentata una giovane e bella americana, la quale disse di essere pittrice e di voler aderire all’Istintismo. Continua a leggere

Chiesa di Santo Stefano alle Fratte (foto Maurizio Cuomo)

Santo Stefano alle Fratte

articolo di Maurizio Cuomo

Di antichissima costruzione, la chiesa di Santo Stefano1 alle Fratte, è senza alcun dubbio una delle chiese meno conosciute della città di Castellammare di Stabia. Situata nella zona collinare (imboccando strada Fratte, la troviamo sulla mano sinistra a circa 200 metri dal celebre Castello), è oggi, sotto giurisdizione della chiesa parrocchiale di San Matteo apostolo.

La chiesa di Santo Stefano (foto Corrado Di Martino)

La chiesa di Santo Stefano (foto Corrado Di Martino)

Seppur antichissima, stranamente poco si è scritto su questa chiesa; il barone Giovanni Celoro Parascandolo, riproponendo un passo tratto dall’Historia Neapolitana (vol. 2° – pag. 116) di Giulio Cesare Capaccio, così ebbe a descriverla nel suo volume “Castellammare di Stabia” edito nel 1965: “E’ situata nel luogo detto “Le Fratte” presso il castello. Fu fondata nell’anno 1144 da Stefano Certa figlio del domino Marino Certa”. Continua a leggere

  1. Protomartire, ovvero primo martire cristiano, e proprio per questo viene celebrato subito dopo la nascita di Gesù. Fu arrestato nel periodo dopo la Pentecoste, e morì lapidato. In lui si realizza in modo esemplare la figura del martire come imitatore di Cristo; egli contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito, perdona ai suoi uccisori. Saulo testimone della sua lapidazione ne raccoglierà l’eredità spirituale diventando Apostolo delle genti. (Mess. Rom.)