La pirofregata "Borbona" (foto ufficiale della Marina)

Pirofregata Borbona (anno 1860)

 a cura di Antonio Cimmino

articolo pubblicato il 4 dicembre 2013

Da “BORBONE” a “GARIBALDI”
Storia della prima nave militare ad elica costruita in Italia

La pirofregata "Borbona" (foto ufficiale della Marina)

La pirofregata “Borbona” (foto ufficiale della Marina)

Il cantiere di Castellammare verso la costruzione di unità ad elica:
Fosche nubi si stavano addensando sul Regno delle Due Sicilie ma Francesco II sembrava non accorgersene; tutto continuava sulla scia di una lenta modernizzazione, specialmente delle strutture industriali.
Il regio cantiere navale di Castellammare di Stabia lavorava alacremente e si stava già attrezzando per la costruzione di navi in ferro. Negli ultimi venti anni aveva varato diverso naviglio militare tra cui: gli avvisi Argonauta e Delfino (26 maggio 1843), la fregata Regina (convertita a vapore, 27 settembre 1840), le piro-fregate da 10 cannoni (a ruota) Ercole (24 ottobre 1843), Archimede (3 ottobre 1844), Carlo III (1845), Sannita (7 agosto 1846) ed Ettore Fieramosca (14 novembre 1850), la prima nave a possedere una macchina da 300 cavalli costruita a Pietrarsa. Il 5 giugno 1850 fu varato il vascello Monarca da 70 cannoni, la più grande nave da guerra costruita in Italia, convertita, dieci anni dopo, ad elica. Seguirono altre unità, tra cui gli avvisi Maria Teresa (18 luglio 1854) e Sirena (9 novembre 1859) rispettivamente da 4 e 6 cannoni e la fregata Torquato Tasso (10 cannoni, 28 maggio 1856). Le motrici provenivano non solo dalla Reale fabbrica di Pietrarsa, ma anche da stabilimenti privati inglesi.

Scheda tecnico-marinaresca del BORBONA
Progettista: Sottodirettore del regio cantiere navale di Castellammare: Giuseppe De Luca
Tipo di unità: Pirofregata ad elica di 1° rango
Impostata il 1° aprile del 1857
Scafo: in legno di quercia di Calabria con carena ramata (l’opera viva, cioè la parte immersa dello scafo, era rivestita di lastre di rame per evitare che parassiti ed alghe intaccassero il legno).
Ponti: due ponti, una batteria coperta ed una scoperta.
Alberatura: tre alberi (trinchetto, maestro, mezzana) a vele quadre con rande alla mezzana e bompresso.
Apparato motore: macchina motrice Mudslay & Field a cilindri orizzontali, 4 caldaie tubolari; una potenza di 1.041 cavalli su un’elica che dava una velocità di circa 10 nodi. Nella stiva si potevano caricare 370 tonnellate di carbone per l’alimentazione delle caldaie.
Dislocamento a pieno carico: 3.980 tonnellate
Dimensioni: 68,2 metri di lunghezza, 15,2 metri di larghezza e 7,1 di pescaggio.

Schema del "Borbona"

Schema del “Borbona”

Artiglieria
L’armamento originale era costituito da:
8 cannoni da 160 libbre con canna rigata,
12 cannoni da 72 libbre con canna liscia;
26 cannoni da 68 libbre con canna liscia;
4 cannoni da 80 libbre in bronzo a canna liscia montati su affusti.

L’armamento nel corso degli anni subì diverse modifiche ed integrazioni:
dal 1861:
1 cannone a bomba in ferro a canna liscia da 117 libbre;
10 cannoni in ferro a canna rigata da 60 libbre in batteria;
24 cannoni obici in ferro a canna liscia da 30 libbre in batteria;
2 cannoni in ferro a canna liscia da 30 libbre in coperta;
18 cannoni obici a canna liscia da 80 libbre in coperta.

dal 1866:
16 cannoni in ferro a canna liscia da 20 cm. in batteria;
12 cannoni in ferro a canna liscia da 16 cm. in batteria;
4 cannoni in ferro a canna rigata da 16 cm. in coperta.

dal 1871:
8 cannoni in ferro a canna rigata da 16 cm.(6 in batteria 1 in caccia e 1 in ritirata);
4 cannoni in bronzo da 80 mm. su affusto da sbarco;
4 cannoni in bronzo da75 mm. su affusto da sbarco.

Equipaggio:
L’equipaggio inizialmente era formato da: 1 Capitano di Vascello al comando, 1 Capitano di Fregata, 5 Tenenti di Vascello, 4 Alfieri di Vascello, 1 Contadore, 1 Cappellano, 2 Chirurghi, 2 Ufficiali cannonieri, 4 Piloti, 2 Ufficiali Real Marina, 17 Sottufficiali di mare, 6 Timonieri, 370 Marinai, 10 Sottufficiali cannonieri, 70 Cannonieri, 10 Sottufficiali Real Marina, 86 Soldati reggimento R.M., 5 Macchinisti, 5 Alunni macchinisti, 2 Maestri d’ascia, 3 Calafati, 2 Ferrari, 1 Bottaro, 2 Armieri, 3 Velieri, 1 Maestro razione, 2 Dispensieri, 2 Cuochi, 1 Fornaro, 1 Sottonotatore, 20 Domestici.
Dal 1870 era formato da: 23 ufficiali, 363 tra sottufficiali, marinai, fanti di marina e maestranze.

Il "Borbona" pronta al varo, sugli scali di Castellammare (stampa d'epoca coll. G. Fontana)

Il “Borbona” pronta al varo, sugli scali di Castellammare (stampa d’epoca coll. G. Fontana)

Notizie curiosità:
Al varo parteciparono Francesco II e sua moglie Maria Sofia di Baviera. Il re festeggiava il suo genetiaco mentre nel porto di Napoli stavano ancorate diverse navi militari quali: il Bretagne, ammiraglia della flotta francese, l’Algeciras, l’Imperial; le inglesi Hannibal e Agamennon ed anche il Maria Adelaide ammiraglia della flotta piemontese comandata da Carlo Pellion di Persano.

Si racconta poi che un personaggio del seguito reale, in considerazione degli avvenimenti politici che stavano susseguendosi disse sommessamente ad un amico: “ Chissà quale bandiera porterà questa nave!”. Un cronista dell’epoca così racconta il varo della fregata: “Compiuto in tutte le sue parti il rito religioso, cominciarono le operazioni del varo sotto il comando del chiarissimo direttore del Genio Marittimo, maresciallo onorario Cav. Sabatelli. Nella esecuzione di ogni cenno, in ogni manovra furono encomiabili la regolarità, l’energia, la prontezza, gli armoniosi movimenti. In tutto scorgansi gli effetti di un’alta disciplina, di una sagace attitudine rispondente allo zelo illimitato con cui secondo la sapienza del sovrano il Real Vice Ammiraglio Principe D. Luigi, ornamento eccelso ed anima della Real Marina”.

La nave, costata 2.363,000 lire italiane, aveva due unità gemelle, tutte costruite nel regio cantiere navale di Castellammare e cioè: il Gaeta – varato nel 1860 – ed il Farnese (successivamente denominato Italia) impostato nel 1857 e varato il 6 aprile 1861. Al momento del varo, le pirofregate erano le migliori del Mediterraneo ma, furono presto, soppiantate dalle nascenti navi corazzate.

I cilindri orizzontali faceva sì che la macchina alternativa non ingombrasse il ponte di coperta e quindi le manovre veliche.
Per facilitare la navigazione a vela, l’elica era sollevabile e sul ponte il fumaiolo era abbattibile (dai disegni e dalla foto si nota come il fumaiolo sia addossato all’albero di trinchetto, che è il primo albero da prora, avendo a disposizione lo spazio sul ponte per il suo abbattimento verso poppa e cioè verso l’albero di maestra, onde facilitare la manovre delle vele dei due alberi in questione).
Generalmente il nome della nave viene scritto Borbone, ma alcune fonti la nominano Borbona.
Nello schizzo della nave vista di prora, si notano le due “gru di capone” che servivano a salpare le ancore che servivano anche da supporto per i venti del bompresso. Alle estremità delle due gru, infatti, vi erano due gole a simulare le pulegge per lo scorrimento delle cime.

La lunga attività operativa:
Entrata in esercizio, l’unità, durante lo sbarco di Garibaldi a Marsala, era addetta alla crociera di vigilanza delle navi della Marina napoletana ancora fedeli ai Borbone, nella zona tra Messina e Punta Faro. La nave ebbe un primo scontro a fuoco con la batteria di Punta Faro e con la corvetta a ruote Tuckery (ex Veloce che il comandante Anguissola aveva consegnato a Garibaldi). Durante il bombardamento un colpo di cannone aprì una falla al galleggiamento, costringendola a riparare a Siracusa. Riparata, si riunì il 4 settembre alla Squadra davanti a Salerno e, il 7 settembre, all’ingresso di Garibaldi a Napoli, ammainava la vecchia bandiera per issare sul pennone il vessillo tricolore.
Con decreto di Garibaldi del 7 settembre 1860, tutte le navi e gli arsenali della ex marina borbonica venivano incorporate nella marina del Re d’Italia e due giorni dopo l’unità entrata a far parte della Marina del Regno di Sardegna veniva ribattezzata Giuseppe Garibaldi e posta al comando del Capitano di Vascello Antonio Barone. Ma il giorno 17 dello stesso mese l’equipaggio rimasto fedele alla dinastia borbonica, si sollevò tentando di impadronirsi della nave per portarla a Gaeta nell’ultima resistenza con Francesco II. Subito, ripresa in mano la situazione, fu necessario sbarcare gli ammutinati e sostituirli con gli equipaggi delle due navi trasporto garibaldine Franklin e Oregon, insufficienti e non addestrati ad armare una nave da guerra di tale grandezza. Partecipò poi nel 1861, all’assedio di Gaeta al comando di Eduardo D’Amico (successivamente deputato e cittadino onorario di Castellammare di Stabia).
Il 2 gennaio 1861 il Garibaldi giunse con la Squadra nelle acque di Gaeta, ancorando tra Mola di Gaeta e Castellone. Partecipò al fuoco del 22 gennaio contro le batterie di Ponente e di punta Stendardo. La notte tra il 5 ed il 6 febbraio bombardò la breccia provocata nelle mura della fortezza dall’esplosione della polveriera S. Antonio.
Per tali operazioni, così motivate: “Per essersi distinto durante il blocco e l’assedio della fortezza di Gaeta”, furono premiati con Medaglia d’Argento al Valor Militare i seguenti componenti l’equipaggio dell’unità: Sottotenente di Vascello Giovanni Cafora, Guardiamarina Giulio Coscia, Sott.te Fanteria Real Marina Emilio Daneo, Luog.te di Vascello di 2a classe Giovanni Degli Uberti, Guardiamarina Roberto De Luca, Guardiamarina Francesco Grenet, Sottotenente di Vascello Federico Guarini, Guardiamarina di 1a classe Teodoro Milon, Sottotenente di Vascello Giuseppe Palombo, Guardiamarina Luigi Palumbo, Sottotenente di Vascello Cesare Romano, Luog.te di Vascello di 2a classe Cesare Sanfelice, 2° Macchinista Luigi Stammati, Pilota di 2a classe Raffaele Trapani, 1° Macchinista Edoardo Vallace, Luog.te di Vascello di 2a classe Ernesto Viterbo.
A bordo della nave si era imbarcato, con il grado di Luogotenente di Vascello, Ruggero Emerich Acton che, per il suo eroico comportamento tenuto nell’azione condotta dall’unità contro il Torrione francese della fortezza di Gaeta, fu insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia.
Nella difesa della fortezza di Gaeta si distinse per il suo coraggio la regina diciannovenne Maria Sofia che sugli spalti, mentre la flotta piemontese vomitava migliaia di colpi da mare e da terra, non esitò a sostituire un artigliere morto sul suo pezzo. Marcel Proust, nella sua opera la Prisonniére scrisse: ”Femme hèroique qui, reine soldat, avait fait elle meme son coup de feu sur les remparts de Gaete”.
Durante il lungo assedio, la piazzaforte di Gaeta venne fornita di vettovagliamento dalle imbarcazioni.
Solo il 17 marzo del 1861 il Garibaldi entrò a far parte della Regia Marina. Tentò, inoltre, senza riuscirvi il recupero del vapore Etna, affondato durante il bombardamento del 22 gennaio 1861.
La nave partecipò successivamente – febbraio 1861 – all’assedio di Ancona ove furono conferite Medaglie di Bronzo al Valor Militare per “ Per essersi distinto durante le operazioni del blocco di assedio della fortezza di Ancona” ai Soldati del Regt.mo Real Navi Giò Maria Fossi e Giò Battista Gajone.
Ancona era rimasta l’ultimo caposaldo dei pontifici ed austriaci. Lì si recò la flotta sarda comandata dall’ammiraglio Persano. La flotta bombardò la fortezza fino alla capitolazione dell’intera guarnigione. Caddero in mano all’esercito regio 4 navi da guerra a vapore e 6 da trasporto.
Nel 1862, dopo alcuni lavori, il Garibaldi passò alla Squadra d’Evoluzione e destinato alla crociera di vigilanza intorno alla Sicilia. Ironia della sorte, durante la sortita che Giuseppe Garibaldi fece per liberare Roma, sbarcando in Calabria con un migliaio di uomini, la nave combattè contro il generale che portava il suo nome. Il generale Garibaldi fu imprigionato sulla pirofregata Duca di Genova e portato al forte di Varignano alla Spezia, mentre la nave Garibaldi, trasportò i garibaldini prigionieri sul piroscafo Italia e lo rimorchiò da Gaeta a La Spezia. Il Garibaldi nel 1864 venne inviata a Tunisi per proteggere i nostri connazionali.
Nel 1866 prese parte al bombardamento di Porto San Giorgio e partecipò alla battaglia di Lissa; qui dopo aver sparato 46 colpi di cannone, raggiunse Ancona per poi essere inviata a Palermo a causa dei moti sediziosi scoppiati in quella città, poi rientrò a Napoli e da qui al cantiere di Castellammare. Qui rimase per quasi sei anni, durante i quali fu sottoposta ad importanti lavori di rimodernamento.
Tuttavia, nel 1870, dato l’alto costo che comportavano questi lavori, si pensò di radiarla. Ma, ciò non avvenne, considerando che la flotta italiana si era ridotta di numero dopo la battaglia di Lissa. La vecchia pirofregata venne però sottoposta a drastiche modifiche della velatura e dell’armamento, ottenendo in questo modo la riduzione dell’equipaggio e quindi dei costi di esercizio. Dopo essere stata messa in disarmo, quindi, fu trasformato in corvetta veloce ed attrezzato per effettuare un viaggio di circumnavigazione del globo.
Partita da Napoli nell’ottobre del 1872, al comando del Capitano di Vascello. Andrea Del Santo e con a bordo il Guardiamarina Tommaso di Savoia, duca di Genova, toccò Gibilterra, Rio de Janerio, doppiò il Capo di Buona Speranza, raggiunse l’Australia, le Fiji e il Giappone nell’agosto del 1873. Dopo circa due mesi, partì per raggiungere San Francisco e da lì i porti del Messico e dell’America Centrale. Fu a Callao, a Valparaiso, doppiò Capo Horn e fece sosta a Montevideo, da lì salpò per l’Italia, raggiungendo La Spezia il 22 ottobre 1874. Percorse 55.875 miglia di cui 53.183 a vela. Nel 1877 venne riclassificata corvetta e nel 1878 vennero sostituite le caldaie.
Dal 1879 al 1882, al comando del C.V. Costantino Morin, salpando da Napoli, effettuò una seconda circumnavigazione, durante la quale partecipò ad azioni di difesa delle comunità italiane nell’America Latina, dette asilo alla colonia italiana ed austriaca di Suez e, nonostante la navigazione nel canale fosse sospesa, lo attraversò ugualmente seguita da navi di varie nazionalità. Rientrò l’8 agosto 1882 dopo aver percorso 42.000 miglia. A bordo vi era il Guardiarina Paolo Thaon di Revel, futuro ammiraglio e senatore.
Nel 1883 subì importanti modifiche e fu assegnata alla Forza Navale del Mar Rosso, partecipando alla difesa di Massaua.
Il 19 gennaio 1885 il Garibaldi al comando del Capitano di Vascello Federico Bertone di Sambuy, salpò da Napoli unitamente alla nave ammiraglia corazzata Principe Amedeo, agli incrociatori Vespucci e Castelfidardo ed alle torpediniere Messaggero e Vedetta. Vennero imbarcati 800 uomini, quattro compagnie di bersaglieri, una di artiglieria, zappatori e sussistenza. Tutti i soldati che furono sistemati sul Garibaldi erano uomini di leva, siciliani e calabresi. L’intera spedizione era al comando del Colonnello Tancredi Saletta e giunse a Massaua il successivo 4 febbraio. La città, già dominio dei turchi dal 1557 e passata agli egiziani, venne occupata senza colpo ferire, i 400 egiziani della guarnizione si arresero e sul palazzo del governatore sventolò il tricolore.

Saati lavori di trasformazione in nave ospedale

Saati lavori di trasformazione in nave ospedale

Nave Ospedale
Trasformata successivamente in nave ospedale, nel 1894 fu ceduta all’amministrazione dell’Eritrea assumendo il nome di Saati (con D.M del 6 agosto 1893 cambiò il suo nome per cedere quello originario ad un nuovo incrociatore corazzato allora in costruzione).
Le fu assegnato il nuovo nome a ricordo dell’eroica resistenza opposta dall’avamposto di Saati, località vicino a Dogali, ove sei anni prima due compagnie di fanteria, integrate da circa 300 indigeni, avevano respinto 10.000 guerrieri guidati dal ras Alula.
Per la sua attività di nave ospedale stazionaria, a Massaua ed ad Assab, fu sbarcato l’armamento, il ponte fu ricoperto con una struttura di protezione, gli ambienti interni furono adattati a locali di ricovero, con circa 200 posti letto, ambulatori, attrezzature ospedaliere, comprensive di un laboratorio di analisi. Utilissima per il ricovero dei numerosi soldati colpiti da malattie tropicali, la nave si rivelò essenziale come punto di riferimento, specialmente chirurgico, al momento della sfortunata battaglia di Adua che vide affluire a Massaua un elevato numero di combattenti feriti. Direttore sanitario dell’Ospedale galleggiante era il Medico Capo di Prima Classe Salvatore Scrofani con il ruolo anche di Responsabile sanitario di tutto il Corpo di Spedizione. Successivamente lo Scrofani fu promosso Ispettore Generale del Corpo Sanitario della Regia Marina, il grado più elevato nel Corpo sanitario presso il Ministero della Marina.
Il 16 febbraio 1894 la nave venne ceduta all’Amministrazione dell’Eritrea e radiata dal quadro del Naviglio dello Stato. La nave fu messa definitivamente in disarmo nel 1899 e demolita.

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Fonti:
AA.VV., Gaeta e l’Assedio del 1861-Nascita della Marina Militare Italiana,in digilander.libero.it/carandin/assedio1861.htm
AA.VV., Decorati di Marina al Valor Militare-Assedio di Gaeta 1860-1861, in digilander.libero.it/carandin/decorati1861.htm – 89k
AA.VV., pirofregata ad elica Garibaldi, in www.agenziabozzo.it.
AA.VV. Navi e Marinai, ed. Compagnia Generale Editoriale, Milano, Vol I, pag.5
Attonito S., Marina borbonica, in www.quicampania.it/ilregno/marina-borbonica.html
Donato A., La Pirofregata Borbone, in zancleweb.wordpress.com/201/
Grasso A., Il cantiere navale di Castellammare di Stabia, da ilportaledelsud.org, dicembre 2004 in http://www.ilportaledelsud.org/castellammare.htm
Palumbo M., Stabiae e Castellammare di Stabia, Aldo Fiory, Napoli, 1972
Radogna L., op. cit. pagg. 137-148
Sirago M., Addio vapore, arrivano le regine del mare, in www.larivistadelmare.it
Sirago M., Nuove tecnologie nautiche: dal vascello alla nave a vapore, in www.aising.it/docs/atticonvegno/p693-702


Per approfondimenti scrivere a: cimanto57@libero.it

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