Il Presepe Stabile Stabiano

Il Presepe Stabile Stabiano

IL PRESEPE STABILE STABIANO

articolo di Massimiliano Greco

Premessa:

Il progetto del Presepe Stabile Stabiano non è un’operazione nostalgia[1] ma l’inizio di un percorso imprenditoriale che vuole salvaguardare e valorizzare un’opera d’arte patrimonio di Castellammare di Stabia e del territorio circostante di cui rischiavamo di perdere le tracce, un unicum nel suo genere perché nessuna altra città, nemmeno  Napoli che tra le sue immense ricchezze annovera i celeberrimi presepi di Santa Maria in Portico e del Gesù Vecchio, il cosiddetto presepe di don Placido, può vantare un insieme così numeroso di pastori a grandezza quasi naturale.

Il Presepe Stabile Stabiano

Il Presepe Stabile Stabiano (foto Corrado Di Martino)

Da ragazzi camminavamo nel presepe. Era enorme, occupava l’intera navata di destra, dalla cappella di San Catello fino alla cappella di San Michele.

Questo è il ricordo di don Ciro Esposito, ex parroco della Cattedrale di Castellammare di Stabia e promotore del restauro della magnifica e purtroppo poco conosciuta raccolta di pastori databili tra la fine del XVIII  e l’inizio del XIX secolo, statue alte quasi al naturale[2], di grande valore artistico.

Il cosiddetto presepe di Mons. Petagna ha avuto una storia molto travagliata; “oggetto delle mire di popolani ribelli e avidi di danaro, spinti dalla cupidigia e predatori di professione”[3] prima, e dei creditori del presule quando questi passò a miglior vita poi:

“L’eccessivo mecenatismo lo ridusse in stato di indigenza; morì in ristrettezza e sembra che alla morte qualche creditore pretese dalla sorella alcuni pezzi tra i più belli tra cui un cavallo dei Magi, che ora sono solo due”[4].

Emblematica la storia del Bambino Gesù che, ceduto dalla sorella di monsignor Petagna, dopo un lungo giro è rientrato nella proprietà della Curia ed attualmente è in affidamento alle Suore di San Vincenzo.

Bambin Gesù (foto Maurizio Cuomo)

Bambin Gesù (foto Maurizio Cuomo)

Il presepe ha subito i danni indiretti causati da due guerre mondiali, è stato dimenticato, maltrattato, ha sopportato perdite e furti soprattutto dei pastori di secondo piano e di lontananza, quelli più appetibili dai collezionisti, ed è stato oltraggiato con gravissime manomissioni.

Ma, nonostante ciò, è arrivato fino a noi così numeroso, ottanta pezzi superstiti di cui: sessantacinque pastori, tre puttini e dodici animali, compreso i due cavalli, grazie anche alla cura e alla passione di Mario Vanacore, memoria storica della Cattedrale, che li ha protetti e custoditi.

Il nucleo più antico era di proprietà di Monsignor Francesco Saverio Petagna (1812 – 1878) che, nominato Vescovo della Diocesi Stabiese nel 1850, portò con sé l’intera raccolta. A seguito della mutata situazione politica, con la caduta dei Borbone e la riunificazione nazionale, partì alla volta di Marsiglia nel 1860 e fece ritorno nella città delle acque nel 1866. “Si vuole che al ritorno, ripreso dalla passione per l’arte, commissionasse un gran numero di pastori da aggiungere ai pezzi principali” [5],  realizzati da botteghe artigiane presenti a Napoli e nei dintorni.

La raccolta sarà incrementata fino alla fine dell’ottocento/inizi del novecento, circostanza che trova fondamento nella disomogeneità qualitativa dei pastori, la maggior parte dei quali hanno le teste in legno.

Poche le notizie certe e documentate almeno fino all’inizio degli anni ’50 del Novecento: “per quanto si siano frugati gli archivi vescovili, non è stato possibile trovare notizie storiche di questo meraviglioso presepio; e lo stesso dottor Celoro Parascandolo, storico insigne che ha largamente trattato in un volume tutta la storia diocesana di Castellammare di Stabia, assicura, che pur avendo consultato a lungo il materiale esistente in curia per la cronistoria dei vescovi locali, non ha trovato traccia del presepio. Non è da escludersi che l’inventario che forse conteneva preziose notizie storiche, sia andato distrutto nell’incendio che nel 1922 venne appiccato da elementi sovversivi alla curia, per cui andarono distrutti buona parte dei documenti degli ultimi due secoli”.[6]

Ci si deve quindi affidare a notizie tramandate oralmente, che fanno addirittura risalire a 500 il numero dei pezzi[7] del monumentale presepe ma, verosimilmente, si vuole intendere tutto l’insieme delle figure, comprese quelle di secondo piano, animali, e accessori vari.

Sappiamo con certezza, grazie a rare fotografie e cartoline d’epoca, che nella prima metà del secolo scorso ci furono diversi grandiosi allestimenti[8],  dovuti all’impegno di don Angelo Torre e di Domenico Santoro, capo disegnatore del Regio Cantiere.

Poi la guerra 1914-1918, ricacciò nei sotterranei e nelle soffitte la splendida collezione che subì altri irreparabili danni[9].

La resurrezione del presepe avvenne nel 1919: “Ritornando alle antiche consuetudini, riordinando e mettendo a nuovo, secondo le esigenze di arte, celebri pastori restati in abbandono per molti anni; nel 1919, nella chiesa della Cattedrale di Castellammare di Stabia, si è preparato un grandioso presepe su disegno del sig. Domenico Santoro, che ha diretto anche i lavori”[10].

Ancora una cartolina, stavolta del 1921, ci racconta la grandiosità della scenografia:  “Speciale caratteristica di questo presepe, dovuto alla iniziativa lodevolissima delle Autorità Ecclesiastiche ed al gusto estetico del sig. Domenico Santoro, è stata la costruzione di una vera e voluminosa cascata d’acqua che, cadendo dalla roccia, per salti scoscesi, rumorosamente causa uno specchio d’acqua molto ben individuato”[11].

Queste enormi apparati che occupavano un’intera navata, costavano mesi e mesi di lavoro; la chiesa diventava un vero e proprio cantiere e questa attività coinvolgeva anche le maestranze del Regio Cantiere e della Corderia Marittima Militare.

Insomma, era un continuo tramestio.

Sacrifici ricompensati dall’ammirazione che suscitavano negli stabiesi e nei fedeli dei paesi vicini corsi ad ammirare il presepe.

I grandi allestimenti continuarono per tutti gli anni ’30 poi la seconda guerra mondiale ed i pastori furono rimessi a riposo, nascosti agli occhi di ladri e speculatori.

Dopo la pausa forzata dovuta, appunto, al secondo conflitto mondiale, con  immancabili danni e perdite di pezzi importanti, gli allestimenti furono ripresi nel 1954 da un giovane cultore del presepe, Antonio Greco, incaricato dal Vescovo dell’epoca, Mons. Agostino D’Arco, di riordinare e restaurare l’intera collezione.[12]

Pastori prima del restauro (foto archivio)

Pastori prima del restauro (foto archivio)

Era trascorso oltre un decennio dall’ultima volta che era stato costruito il presepe in Cattedrale e, come riporta un articolo a firma Lauro, quell’anno non si sarebbe potuto fare a causa delle pessime condizioni di molti pastori: “Purtroppo i trecento anni circa che gravano sulle fragili spalle di questi pastori, i non sempre prudenti maneggi, la conservazione spesso inadatta, l’opera persistente e distruttiva dei tarli, qualche lontana manomissione, oltre ad assottigliare la raccolta, riducendola a solo una ottantina di pezzi, aveva reso i superstiti pressoché impresentabili, con piedi, gambe, mani, dita, rotte o mutilate, volti deturpati, parti cadenti o rese fragilissime dagli scavi praticati dal rodìo dei tarli. Gli abiti originali dell’autentica scuola napoletana, erano ridotti quasi tutti allo stato di miseri brandelli, impregnati di polvere, stinti, laceri. Fra i pezzi essenziali mancavano e mancano tutt’ora, il bove e l’asinello, un cavallo, almeno due angeli.”[13]

Per suscitare l’interesse della cittadinanza e per raccogliere i fondi necessari, nelle vetrine dei negozi furono esposti “alcuni miseri pezzi… anatomici di pastori”.

L’intagliatore Vincenzo Scalzo risistemò le dita di mani e piedi dei pastori che necessitavano di un intervento urgente, le suore di Sant’Anna, di San Vincenzo, le Alcantarine e quelle del Sacro Cuore, a cui si aggiunsero le signore Muscogiuri, Titina Greco, Gina Mango e Titina Clemente, si occuparono del restauro delle vesti mentre alla costruzione del presepe provvidero i fratelli Greco.

Fu probabilmente la prima volta che la grotta fu sostituita dal rudere di un tempio pagano e, come da tradizione, si fece ancora una volta ricorso a materiali e manodopera messe a disposizione dalle Direzioni della Corderia, della Navalmeccanica e dell’Avis.

“L’anno prossimo, e in quelli futuri, sarà fatto meglio. Occorre intanto provvedere all’acquisto del bove, dell’asinello, di un cavallo ecc. Occorrono centomila lire. Se ogni fedele che è venuto nella cattedrale a vedere il presepio avesse offerto la misera monetina di cinque lire il problema finanziario sarebbe stato risolto”.[14]

Nel frattempo, sollecitata da Mons. D’Arco la soprintendenza inviò a Castellammare il prof. Raffaello Causa, un’autorità nel campo presepiale e non solo, il quale confermato l’alto livello artistico dei pastori, dispose l’invio a Napoli della Natività e di un angelo.

Il 23 ottobre del 1954, i pastori furono affidati al sig. Alfredo Marzano, incaricato dal prof. Bruno Molajoli, Soprintendente alle Gallerie per la Campania[15].

Ancora un articolo di giornale, stavolta dell’epifania del 1956 a firma Raffaele Cinelli, ci viene in soccorso per raccontarci il presepe: “…Castellammare di Stabia aveva anch’essa una bella tradizione per il presepe. Il suo Vescovo Mons. Vincenzo Maria Sarnelli, che doveva divenire Arcivescovo di Napoli, prima del ‘900 ne aveva potenziato il patrimonio artistico facendo allestire presepi veramente stupendi. Circa duecento pastori di grandezza naturale e media, di artisti di fama costituivano una attrezzatura di rilevante valore. Sopraggiunse, poi, il solito sopore e tutti i pastori con il tempo incominciarono ad essere vittime delle tarme e dei buchi. Qualche anno fa un giovane stabiese suonò la diana: Antonio Greco e S.E. il Vescovo Mons. Agostino D’Arco ne raccolse la voce…

Il munifico patrocinio dell’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo concesso a questa splendida iniziativa ci dice quanto sia grande il senso della responsabilità annessa a questa costruzione per il suo valore spirituale, artistico e turistico. Oggi il Duomo di Castellammare ospita veramente un presepe capolavoro. Affidata la costruzione alla regia dell’avv. Franco Scarselli, anima di galantuomo e di artista, questo presepe raggiunge il vertice del realismo più schietto. Un vivo plauso al regista ed ai suoi collaboratori. Al tecnico delle luci Vincenzo Schettino, all’attrezzista ed elettricista Raffaele Calogero e dulcis in fundo, al pittore Gaetano Di Capua…”[16]

Il decennio a cavallo tra gli anni ’50 e ‘60, rappresentò la prima grande occasione per realizzare il presepe stabile, data dall’accertato valore artistico dei pastori e dalla notorietà acquisita grazie alle esposizioni di Bologna e Milano.

Un’occasione che, ahimè, non si seppe cogliere, ma forse è più realistico dire che non si volle cogliere.

Tra il 16 ed il 20 settembre 1962 si tenne in Cattedrale il I Convegno della sezione stabiese dell’Associazione Italiana Amici del Presepio e per la prima volta il presepe, seppur in misura ridotta, fu allestito in un periodo non natalizio nella cappella di San Catello[17].

Sulla rivista dell’Associazione, il prof. Angelo Stefanucci scrisse:” …l’amico Greco vuole vedere realizzato un antico sogno, i pastori ordinati in vetrine funzionali, ben illuminate. Ha fiducia che qualche ente o facoltoso appassionato possano approntare i fondi, non molti del resto, per portare a compimento quest’opera che salvaguarderebbe un autentico tesoro presepistico.

Noi, da queste colonne, lanciamo un appello, specialmente all’onorevole senatore Gava”[18].

Nel dicembre dello stesso anno i pastori varcarono, per la prima volta, i confini della Diocesi per riscuotere un grandissimo successo prima all’Antoniano di Bologna poi alla Quinta Mostra Internazionale del Presepio e della Divina Madre, svoltasi all’Angelicum di Milano.

“…vi fu un momento in cui la Soprintendenza di Napoli voleva procedere con il restauro ed iniziò con la Natività ed un angelo; poi, ragioni economiche la fecero desistere. Oggi la raccolta, pur smembrata, raggiunge sempre il cospicuo numero di circa 150 pezzi dai 90 ai 130 centimetri, ed attende che qualche benefattore la riporti al pristino splendore”[19].

I grandi apparati scenografici continuarono per tutti gli anni ‘60 grazie all’impegno del Commendator Pandolfi, Presidente dell’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo, dell’avvocato Franco Scarselli e di don Paolo Cecere autore, tra l’altro, del primo presepe “en plein air”[20] realizzato nel 1965 nella chiesa di San Giacomo, in occasione della Mostra Internazionale del Presepe organizzata dalla sezione stabiese dell’Associazione Italiana Amici del Presepio.

Infine, in occasione del VII Congresso Internazionale del Presepe  tenutosi nel Palazzo Reale di Napoli dal 6 al 10 ottobre 1970, il presepe fu allestito presso il ristorante “La Panoramica” ed immancabilmente i commenti  dei più di duecento convegnisti presenti furono entusiasmanti[21].

Sarebbero stati gli ultimi sussulti prima dell’oblio, conseguenza anche dei tragici eventi del 23 novembre del 1980, a seguito dei quali, cessarono definitivamente le realizzazioni delle grandi scenografie, ridotte in seguito, anche per evidenti ragioni di sicurezza, al solo Mistero ed a poco altro.

Purtroppo i danni causati dallo scorrere inesorabile del tempo, dall’opera persistente dei tarli, dalla scarsa o inesistente manutenzione ma soprattutto da mani sacrileghe, furono gravissimi, oltre l’immaginario, e ridussero la collezione di Mons. Petagna “in uno sconsolante cimitero di pastori”[22].

Mutilazioni, trasformazioni, volti deturpati, vestiture completamente inadeguate, pastori adattati ad altre funzioni e su manichini sproporzionati, tutto ampiamente documentato durante le fasi dell’ultimo restauro affidato alla competenza della ditta Carlo Iacoletti di Napoli con la consulenza della signora Paola Iacoletti Catello e la supervisione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e provincia affidata alla storica Ida Maietta.

Nella relazione tecnica il dettaglio degli interventi effettuati:

i pastori si presentavano in uno stato di conservazione assolutamente deplorevole dal momento che le ripetute manomissioni ne avevano alterato le originarie conformazioni.

Tutte le vestiture erano state sostituite da abiti riciclati da indumenti dismessi, gli arti non erano abbinati correttamente: alla “Donna borghese” erano abbinate mani maschili, alla “Vecchia con tuppo”, due piedi sinistri ecc.

I manichini in stoppa non erano abbinati correttamente alle dimensioni del capo ed al sesso del personaggio.

Per le parti lignee di mani e piedi, si è proceduto con lo scopo di recuperare il più possibile quelli antichi, piuttosto che sostituirli con altri moderni. Gli interventi alle teste hanno seguito una precisa logica di restauro: agire solo dove i danni deturpavano la naturale espressività del pastore, evitando integrazioni plastiche e pittoriche non strettamente necessarie.

Sono state ricomposte alcune delle scene più rappresentative del presepe napoletano del ‘700: il corteo dei Magi, operazione particolarmente ardua poiché è stato necessario identificare due dei tre re, la famiglia borghese ed il gruppo della taverna.

La nascita, un angelo ed un pastore di adorazione erano già stati restaurati da altra ditta (Alfredo Molli ndr).

Uno dei problemi più complessi ha riguardato la vestitura dei pastori, si è proceduto al rifacimento totale dei vestiti ispirandosi rigorosamente a modelli del ‘700 e facendo ricorso, per quanto possibile, a tessuti e galloni antichi, integrati con pregiate sete di San Leucio opportunamente antichizzate per rendere il tutto più omogeneo.

Iniziato nel 2000, questo lungo e delicato lavoro di ricerca e di restauro è andato in porto grazie all’impegno economico, allo slancio, alla sensibilità di un nostro concittadino, l’imprenditore Giovanni Irollo (il benefattore invocato quasi quarantacinque anni prima da mio padre ndr).

Nel dicembre del 2001 in Cattedrale l’esposizione dei primi pastori restaurati: la Natività, i Magi, paggi e figuranti, un mezzocarattere, una donna con bimbo in fasce, cavalli e pecore[23].

Il 20 dicembre del 2003, le sessanta figure restaurate furono esposte nella Basilica di San Petronio in Bologna dove riscossero un grandissimo successo, ammirate da molte decine di migliaia di visitatori e, finalmente, per il Santo Natale del 2004, gli stabiesi poterono ammirare il loro presepe in tutta la sua bellezza.

Ma quando tutto sembrava procedere nella giusta direzione il colpo di scena, il granello di sabbia capace di bloccare l’ingranaggio più oliato.

A causa di divergenze sul luogo più adatto per ospitare “lo scoglio”, mancavano, appunto, soltanto la scenografia stabile e pochissimo altro, il progetto subì dei rallentamenti fino a bloccarsi del tutto, quasi tra l’indifferenza generale.

Un silenzio assordante, irreale ed ingiustificato che rischiava di vanificare il grandissimo sforzo economico sostenuto per il restauro.
Negli anni, don Ciro e Giovanni Irollo, desiderosi di vedere realizzato il loro sogno, provarono più volte ad uscire dall’impasse, a smuovere le coscienze con accorati appelli rimasti inascoltati.

L’interesse verso il presepe rimaneva circoscritto al periodo natalizio, spesso per mezzo di persone cui interessava principalmente la propria visibilità.
E rimase inascoltato l’appello della giornalista/scrittrice Dora Celeste Amato, lanciato dalle colonne de L’Espresso Napoletano[24], della neonata Associazione stabiese dell’arte e del presepe e di Massimiliano Greco, autore di un articolo pubblicato  su Il Presepio[25], rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio.

Nel frattempo, a Natale del 2012, un piccolo gruppo di dieci figure veniva esposto a Sorrento a Villa Fiorentino nell’ambito della manifestazione Maestri in mostra.
Il 25 agosto del 2013, si insediò il nuovo  parroco,  don Antonino D’Esposito il quale, come il suo predecessore, si mostrò subito interessato alle sorti del presepe.
Individuato nella sala capitolare lo spazio adeguato a contenere lo “scoglio”, sala sufficientemente grande e con il pregio di avere una seconda uscita su strada, si iniziò a lavorare partendo dalle vecchie ipotesi progettuali lasciate in sospeso nel 2004 e sugli  studi di fattibilità di un progetto molto più complesso ed articolato.
Nel frattempo, però, la Cattedrale aveva altre priorità: il restauro della cappella di San Michele prima, quella del nostro patrono San Catello poi, nonché la realizzazione di una copia della statua del santo, in quanto l’originale risultava troppo delicata per poter essere portata ancora in processione.
Solo all’inizio del 2019 si è quindi formato il gruppo di lavoro, presto si costituirà in associazione, composto dallo stesso don Antonino, da Giovanni Irollo, Maurizio Santoro, Riccardo Scarselli, Flavio Morvillo,  Massimiliano Greco e con il prezioso contributo di Mario Vanacore, di Pierluigi Fiorenza, di Corrado Di Martino e della Redazione di Liberoricercatore.it,  e si è passati alla fase esecutiva di questo progetto ambizioso e costoso al tempo stesso,  uno spazio espositivo, una galleria d’arte dove oltre al presepe, troveranno posto i quadri presenti nella chiesa, alcuni di grande valore artistico, ed una selezione di  arredi sacri.
Questo progetto è un atto di fede, è amore, passione e senso di appartenenza e questo gruppo, composto da imprenditori e professionisti fortemente motivati anche per questioni affettive, i nomi di alcuni di loro la dicono lunga, ma prima di tutto amanti della propria città e desiderosi di credere ancora nella valorizzazione turistica di Castellammare, è riuscito a completare un puzzle infinito, fatto di centinaia di tessere.

E dopo sedici anni, finalmente, il sogno di molti appassionati è diventato realtà, l’evento più importante della storia dell’umanità, la nascita del Divino Infante, sarà rappresentato nel Presepe Stabile Stabiano.

La scenografia, molto bene articolata, è opera del maestro Alfredo Molli, già autore vent’anni fa di un primo intervento di restauro sulla natività e della prima bozza di presepe stabile, coadiuvato dall’architetto Mimmo Pagano.

La Natività (foto Enzo Cesarano)

La Natività (foto Enzo Cesarano)

È la classica scenografia presepiale con la natività ambientata nel rudere di un tempio pagano ispirato ad un bozzetto di Luca Giordano, l’annuncio ai pastori, esterno alla scena principale, ed il diversorium o taverna.

Si ispira alla Castellammare dell’Ottocento e richiama: la Torre Alfonsina, lo scoglio di Rovigliano, la “Fontana dei meloni” e quella di San Giacomo, il Monte Faito con le grotte e gli anfratti. Trovano posto le riproduzioni di alcune antiche riggiole stabiesi e persino il nostro Santo Patrono San Catello.

Sullo sfondo un’antica veduta del nostro golfo con il lato bello del Vesuvio a dominare la scena.

Questo progetto è una grande occasione per la città che potrà mostrare con orgoglio uno dei suoi fiori all’occhiello, è un chiaro segnale alla cittadinanza ed all’imprenditoria stabiese affinché, “le persone di buona volontà” possano anch’esse contribuire in maniera fattiva alla valorizzazione e promozione delle ricchezze artistiche e culturali del territorio stabiese.

E’ una grande attrazione ed il punto di partenza, il perno principale di un percorso religioso/artistico-museale, a beneficio degli stabiesi e dei turisti che visitano la nostra città,  che comprende oltre alle tante opere d’arte della nostra Cattedrale, il Museo Diocesano con i suoi importantissimi reperti e le chiese lungo la direttrice di via Gesù, dal Purgatorio allo Spirito Santo, nonché occasione di rilancio del nostro centro storico che, come il presepe, ha bisogno di cura e di tanto amore per tornare a risplendere.

Quindi, la musealizzazione di questa collezione ci permette non solo di ammirarla in tutta la sua straordinaria bellezza ma ci dà l’opportunità, lo spunto, per iniziare una campagna di studi sui pastori, approfondita e su rigidi criteri filologici, e di ricerca sulla sua storia le cui origini, in mancanza di documentazione adeguata, si rifanno in larga parte a quanto tramandato oralmente.

E chi sa che non vengano fuori delle piacevoli sorprese.

Massimiliano Greco  

Presidente Associazione Stabiese dell’Arte e del Presepe


Note:

[1] Pierluigi Fiorenza – Comunicato stampa di presentazione del Presepe Stabile Stabiano, 19.09.2019

[2] Angelo Stefanucci – Il Presepio. Rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio n° 33 anno XI marzo 1963

[3] Eduardo Mario De Seta – Il Presepe del Duomo di Castellammare di Stabia – Eidos 1990

[4] Angelo Stefanucci –  Quinta Mostra Internazionale del presepio e della Divina Madre – Catalogo della Mostra

[5] Angelo Stefanucci –  op. cit.

[6] Angelo Stefanucci –  op. cit.

[7] A. Ferrara – R. Bussi – op. cit. –  Angelo Stefanucci indicava in 500 il numero dei pastori e animali oltre ad un migliaio di finimenti.

[8] A. Ferrara – R. Bussi – op. cit.

[9] Angelo Stefanucci –  op. cit.

[10] Cartolina di proprietà del dott. Carlo Vingiani

[11] Cartoline di proprietà della Cattedrale di Castellammare di Stabia

[12] Archivio Antonio Greco

[13] Articolo a firma Lauro – Archivio Antonio Greco – Testata sconosciuta

[14] Articolo a firma Lauro – op. cit.

[15] Verbale n. 259. Archivio Antonio Greco

[16] Articolo a firma Raffaele Cinelli – Archivio Antonio Greco – testata sconosciuta

[17] Angelo Stefanucci – Il Presepio. Rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio n° 31 anno X ottobre 1962

[18] Angelo Stefanucci – op. cit.

[19] Angelo Stefanucci – op. cit.

[20] Angelo Stefanucci –  Il Presepio. Rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio n° 45 anno XIV marzo 1966

[21] Angelo Stefanucci –  Il Presepio. Rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio n° 64 anno XVIII dicembre 1970 –  corrispondenza privata con Antonio Greco

[22] A. Ferrara – R. Bussi – op. cit

[23] A. Ferrara – R. Bussi – op. cit

[24] Dora Celeste Amato – L’espresso napoletano n° 12 anno XII dicembre 2012

[25] Massimiliano Greco –  Il Presepio. Rivista dell’Associazione Italiana Amici del Presepio n° 234 anno 60 giugno 2013

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