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Befana del Vigile

La Befana del Vigile (anno 1966)

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Befana del Vigile

Befana del Vigile

La Befana del Vigile (anno 1966)
( collezione Gaetano Fontana ) Continua a leggere

Francesco Esposito (Ciccio)

Francesco Esposito (Ciccio)

a cura di Giuseppe Zingone

Francesco Esposito, riceve il collare D’oro 2019

Nella giornata di ieri 16 Dicembre 2019, Francesco Esposito insieme ad un numero considerevole di atleti giovani e meno giovani ha ricevuto dalle mani del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte il collare d’oro del Coni, nella categoria campioni del mondo prima del 1995.

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Stendardo Ricreatorio San Gerardo, Parrocchia Santa Maria della Pace

Santa Maria della Pace

Santa Maria della Pace

di Giuseppe Zingone

Introduzione dell’autore:
Ieri sera mi è capitato di scorgere nel cielo una stella cadente, allora ho detto a me stesso perché non esprimere un desiderio? Ed io semplicemente ho pensato, a quell’angolo di cielo di Castellammare dove sono cresciuto, dove si faceva fatica anche a vedere le stelle.

Per delimitare fisicamente questo spazio dove le strade sono come percorsi fluviali tra gli edifici, dirò che è il territorio della Parrocchia di Santa Maria della Pace il quale va da Via Nuova lato destro a salire, sino al Vico Cognulo lato sinistro sempre a salire, ma in generale tutto il centro antico mi appartiene poiché lì sono i ciottoli ed i “vasoli” con cui spesso mi cimentavo, lì è la gente la cui sorte mi sta a cuore, lì sono i miei genitori ed il mio passato.

Parrocchia Santa Maria della Pace

Parrocchia Santa Maria della Pace

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vecchiaia

A vicchiaia è ‘na brutta bestia!

A vicchiaia è ‘na brutta bestia!

articolo del prof. Luigi Casale

Vi sono delle storie che non hanno né tempo, né luogo. E forse nemmeno personaggi. Come i “paraustielli”. Tanto è vero che nemmeno si raccontano. Ma non è che non esistano. Sono solo sottintese, codificate, al punto tale che la saggezza popolare (saggezza economica) le richiama mediante una tacita convenzione tra parlante e ricevente (narratore e narratario) con la semplice espressione: “Comm´’a chillo” oppure “Comm´’a chillo r´’o cunto”; a volte, per indicare a chi si riferisca la morale sottintesa presente in tutte le storie (favole), aggiunge anche: “Tu, je fatto comma a chillo r´’o cunto…” o “Nuje facimmo…” o anche “Lloro facetteno…” e così via, per sottolineare un soggetto, un attore, la persona cioè che come primo termine della similitudine si è comportata come “quello del racconto”; chillo r´’o cunto, appunto.
A questo punto non si capisce bene se sia il comportamento della persona della realtà a generare la storiella (il paraustiello) o proprio ‘o paraustiello, in quanto preesistente, che fa da modello al comportamento delle persone. Non è che non si capisca per colpa nostra, per un nostro limite cognitivo, diciamo così; ma è semplicemente perché le cose sono in sé stesse incerte, proprio come la storia dell’uovo e della gallina. A proposito, chi è nato prima?
Ora la storiella, o piccola storia (perciò, storia minima), che voglio raccontarvi è reale, fa parte del vissuto; solo che il tempo e il luogo sono sfumati, e gli stessi personaggi, a parte il narrante (che sarei io: e se potessi mi sprofonderei anch’io nell’anonimato) sono tenuti nel vago.
Molti dei modi di dire, proverbi e stroppole, le ho apprese da mio padre e da mia madre; e – spesso – esse sono caratterizzate proprio dalla loro provenienza. In qualche modo tradivano la diversa filosofia di vita dei miei genitori. Ebbene, mio padre era solito ripetere “‘A vicchiaia è ‘na brutta bestia”.

vecchiaia

vecchiaia

All’epoca dei fatti ero giovane e fidanzato, e frequentavo, con rispetto e accettazione reciproca, la casa e la famiglia della mia futura sposa, dove tra i parenti c’era una zia signorina, come ce n’erano quasi in ogni famiglia. Per non tirarla per le lunghe soprassiedo sulla lode delle zie, signorine anziane o “antiche”, che erano la gioia e il tormento (ma soprattutto l’aiuto in tutti i sensi) delle famiglie che avevano la fortuna di averne una; oggi esse sono quasi tutte scomparse: a causa dell’avvenuta emancipazione sono state tutte promosse (o declassate?) a “signore ad honorem”. Continua a leggere

Abbagnale

“Fratelloni” Abbagnale ora i remi sono appesi in ufficio

di Marco Ansaldo

Carmine e Giuseppe Abbagnale con il timoniere Peppiniello Di Capua

Carmine e Giuseppe Abbagnale con il timoniere Peppiniello Di Capua

Per tutti erano i Fratelloni. Non è che fosse un soprannome particolarmente geniale per due ragazzi con 90 chili di muscoli e nati dagli stessi genitori ma forse Giampiero Galeazzi non poteva coniarne uno più adatto ad esaltare la leggenda di Giuseppe e Carmine Abbagnale, che alcuni ritengono i più grandi canottieri della storia e noi un pezzo della nostra, di storia. Banyoles è un posto su un lago a 90 chilometri da Barcellona, quasi in Francia, dove cominciano i Pirenei. In quell’estate del’92 bisognava mettersi in auto dalle Ramblas alle 6 di mattina per arrivare in tempo per l’inizio della gare e godersi un minimo di fresco prima che cominciasse la calura. I Fratelloni erano già lì. Peppiniello Di Capua, l’omino che li guidava dalla prua, con la testa rivolta al traguardo, scegliendo i ritmi e la direzione del timone, si aggirava nervoso vicino alla barca. «Non sono tranquillo, ho una brutta sensazione», disse Galeazzi. Lo guardammo straniti. Che Giuseppe e Carmine potessero perdere la loro terza medaglia olimpica consecutiva sembrava a noi tutti impossibilissimo: dal trionfo di Seul nell’88 davanti ai tedeschi dell’Est e a sir Redgrave non avevano mai perso una gara importante, compresi gli ultimi tre Mondiali. Invece l’incredibile successe. Nel modo più straziante. «Fu l’unica volta in cui ho affrontato gli ultimi 250 metri con la sensazione di avere già vinto. E perdemmo» racconta Giuseppe.

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