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Reliquia di San Catello

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Reliquia di San Catello

Reliquia di San Catello

La reliquia di San Catello
( Patrono e Protettore della Città di Castellammare di Stabia )

Madonna della Libera

Edicole sacre votive: Maria SS della Libera, 1888

( a cura di Maurizio Cuomo )

Itinerario guidato alla scoperta di immagini votive, antiche e recenti, presenti sul territorio stabiese, traccia indiscussa di una fervente devozione popolare.


Edicole sacre votiveZona Collinare

Maria SS della Libera, 1888

Madonna della Libera (foto Maurizio Cuomo)

Maria SS della Libera, 1888 (foto Maurizio Cuomo)

Posta ai piedi della scalinata di accesso al santuario di Santa Maria della Libera, vi è un’antica edicola risalente al 1888. Composta da 52 piastrelle, l’immagine riproduce e restituisce in maiolica un affresco settecentesco (eliminato nel 1939)* della Madonna con il bambino ai cui lati vi sono i santi Giovanni evangelista e Catello Vescovo. Continua a leggere

Mammèla

Mammèla
di Corrado Di Martino

In  risposta al nostro lettore Ciro Di Somma, che il giorno 1 agosto 2016 così scriveva:

Il post di Ciro Di Somma
Vi chiedo, se avete notizie storiche di mia nonna, una signora chiamata con il soprannome di “Mammèla” Carmela Iovino, vendeva giocattoli e caramelle a Piazza Fontana Grande in una bottega dove mio nonno faceva anche il falegname Ciro Di Somma detto ‘O Ciglion’.

Fontana Grande (anno 2001)

Fontana Grande (anno 2001)

Carissimo Ciro, stimolato dall’amico Peppe Zingone, provo brevemente a raccontarti quelle poche cose che sono riuscito a sapere. Tua nonna, la signora Carmela Iovino, era detta Mammèla. Il soprannome deriva certamente dal modo infantile di storpiare il nome Carmela. Questa signora dai capelli ricci e brizzolati, durante tutta l’Estate, vendeva “il cazzimbocchio“: – la grattachecca -, una sorta di grattata di ghiaccio, realizzata con una specie di pialla per il ghiaccio, chiamata “checca” in quel di Roma, per cui il nome “grattachecca”. La grattata di ghiaccio, sovente insaporita con degli sciroppi colorati: -‘e sense-; menta, fragola o acqua e caffè, era una sorta di granita da strada, fresca e corroborante bevanda estiva, una porzione costava sulle prime cinque lire, poi la crisi fece aumentare il prezzo a dieci lire. A settembre e fino a novembre, vendeva noci sbucciate, frutti spellati con tanta meticolosa cura, che ancora oggi non capisco come facesse a non rompere il mallo, nel separarlo dalla buccia amarognola. In inverno, invece, vendeva poche cose: giocattolini in plastica, caramelle e lecca-lecca; uno degli acquisti più ricercati dai bambini del rione di Piazza Fontana Grande, era quello delle catenelle in plastica, gare e scommesse, conducevano i più bravi a possedere catenelle in plastica lunghe svariati metri. Negli ultimi tempi, ha venduto anche qualche penna e qualche piccolo quaderno. Continua a leggere

Ll’urdemo craparo

di Maurizio Cuomo

Domenica, 24 luglio 2016, Giuseppe Di Martino, ha salutato per l’ultima volta l’amena collina di Madonna della Libera, in cui viveva. Nativo di Pimonte, ma cresciuto e vissuto da sempre a Castellammare di Stabia, “Peppe ‘o craparo” (questo l’appellativo con il quale veniva soprannominato), era dedito alla pastorizia caprina, una delle forme più antiche di allevamento praticata a gregge. Un lavoro duro, fatto di sacrifici, quello del pastore che aveva reso Peppe un vero e proprio personaggio del posto.

Peppe 'o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

Peppe ‘o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

La triste notizia della morte di Peppe, dataci dal naturalista Ferdinando Fontanella, suo caro amico, turba e non poco, i componenti del nostro gruppo escursionistico che si erano letteralmente abituati alla presenza di questo bravissimo uomo e del suo gregge di capre tra i monti stabiani. Sovente, infatti, lo incontravamo allo “Scurorillo”, alla Vena del Brigante, sul sentiero per Capo d’Acqua e ogni qualvolta, in punta di piedi, “invadevamo” il suo territorio per qualche nostra ricerca. Con lui eravamo soliti scambiare quattro chiacchiere… amavamo intavolare argomentazioni semplici sul quotidiano vivere. Se dovessi definire Peppe con un aggettivo, infatti, utilizzerei  proprio il termine “semplice” (come la sua persona).  Continua a leggere

Dopoguerra a Castellammare

Antonio Cimmino trascrive alcuni ricordi raccontati dal padre Raffaele

Nell’immediato dopoguerra a Castellammare c’era una confusione enorme, specialmente per la presenza degli inglesi e degli americani. Gli inglesi stavano all’AVIS e ai CMI, qui avevano un grosso deposito di materiale bellico.

Ro37 bis all'AVIS

Ro37 bis all’AVIS

Da Castellammare partivano convogli per il fronte di Cassino. Noi ci arrangiavamo come potevamo anche con il mercato nero con gli alleati. Una cosa molto redditizia fu il contrabbando del carburo, particolari pietre che mischiate con l’acqua fanno scaturire l’acetilene. Polizia e carabinieri non se ne vedevano in giro.

Gli inglesi utilizzavano come autista dei camion un prigioniero tedesco di nome Stefan, un bravo uomo abbastanza anziano con il quale prendemmo contatti. Aveva talmente conquistato la fiducia degli inglesi che usciva sempre senza nessuna scorta. Ma dove sarebbe potuto andare? Lui stesso in un italiano masticato, diceva che era contro la guerra che l’aveva privato della sua famiglia e mandato a combattere lontano. Era cattolico e ringraziava sempre Dio di non essere morto in Africa. Quando usciva dal deposito, Stefan, prima di andare a Napoli, passava per Varano e noi scaricavamo una parte del carico di carburo, dopo aver ricompensato il nostro complice tedesco.

Un giorno, mentre ero di guardia al carburo scaricato nella stradina ed in attesa del compratore, si avvicinò un contadino del posto alto e grosso che mi disse: ”Guagliò, ca’ ci sto’ pure io…”, voleva una specie di tangente. Io tirai fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni la mia Beretta calibro 7,65, gliela puntai contro dicendo: ”Pecché non rischi cumme e nuie e mò vattenne!”. Il contadino fattosi pecora rispose: ”Va bene giuvinò, stateve bbuono, nun aggio visto niente…”. Ah, se mi vedesse adesso che sono sposato, padre di figli e senza pistola, chissà quante mazzate mi darebbe! Continua a leggere