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Mammèla

Mammèla
di Corrado Di Martino

In  risposta al nostro lettore Ciro Di Somma, che il giorno 1 agosto 2016 così scriveva:

Il post di Ciro Di Somma
Vi chiedo, se avete notizie storiche di mia nonna, una signora chiamata con il soprannome di “Mammèla” Carmela Iovino, vendeva giocattoli e caramelle a Piazza Fontana Grande in una bottega dove mio nonno faceva anche il falegname Ciro Di Somma detto ‘O Ciglion’.

Fontana Grande (anno 2001)

Fontana Grande (anno 2001)

Carissimo Ciro, stimolato dall’amico Peppe Zingone, provo brevemente a raccontarti quelle poche cose che sono riuscito a sapere. Tua nonna, la signora Carmela Iovino, era detta Mammèla. Il soprannome deriva certamente dal modo infantile di storpiare il nome Carmela. Questa signora dai capelli ricci e brizzolati, durante tutta l’Estate, vendeva “il cazzimbocchio“: – la grattachecca -, una sorta di grattata di ghiaccio, realizzata con una specie di pialla per il ghiaccio, chiamata “checca” in quel di Roma, per cui il nome “grattachecca”. La grattata di ghiaccio, sovente insaporita con degli sciroppi colorati: -‘e sense-; menta, fragola o acqua e caffè, era una sorta di granita da strada, fresca e corroborante bevanda estiva, una porzione costava sulle prime cinque lire, poi la crisi fece aumentare il prezzo a dieci lire. A settembre e fino a novembre, vendeva noci sbucciate, frutti spellati con tanta meticolosa cura, che ancora oggi non capisco come facesse a non rompere il mallo, nel separarlo dalla buccia amarognola. In inverno, invece, vendeva poche cose: giocattolini in plastica, caramelle e lecca-lecca; uno degli acquisti più ricercati dai bambini del rione di Piazza Fontana Grande, era quello delle catenelle in plastica, gare e scommesse, conducevano i più bravi a possedere catenelle in plastica lunghe svariati metri. Negli ultimi tempi, ha venduto anche qualche penna e qualche piccolo quaderno. Continua a leggere

Ll’urdemo craparo

di Maurizio Cuomo

Domenica, 24 luglio 2016, Giuseppe Di Martino, ha salutato per l’ultima volta l’amena collina di Madonna della Libera, in cui viveva. Nativo di Pimonte, ma cresciuto e vissuto da sempre a Castellammare di Stabia, “Peppe ‘o craparo” (questo l’appellativo con il quale veniva soprannominato), era dedito alla pastorizia caprina, una delle forme più antiche di allevamento praticata a gregge. Un lavoro duro, fatto di sacrifici, quello del pastore che aveva reso Peppe un vero e proprio personaggio del posto.

Peppe 'o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

Peppe ‘o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

La triste notizia della morte di Peppe, dataci dal naturalista Ferdinando Fontanella, suo caro amico, turba e non poco, i componenti del nostro gruppo escursionistico che si erano letteralmente abituati alla presenza di questo bravissimo uomo e del suo gregge di capre tra i monti stabiani. Sovente, infatti, lo incontravamo allo “Scurorillo”, alla Vena del Brigante, sul sentiero per Capo d’Acqua e ogni qualvolta, in punta di piedi, “invadevamo” il suo territorio per qualche nostra ricerca. Con lui eravamo soliti scambiare quattro chiacchiere… amavamo intavolare argomentazioni semplici sul quotidiano vivere. Se dovessi definire Peppe con un aggettivo, infatti, utilizzerei  proprio il termine “semplice” (come la sua persona).  Continua a leggere

Dopoguerra a Castellammare

Antonio Cimmino trascrive alcuni ricordi raccontati dal padre Raffaele

Nell’immediato dopoguerra a Castellammare c’era una confusione enorme, specialmente per la presenza degli inglesi e degli americani. Gli inglesi stavano all’AVIS e ai CMI, qui avevano un grosso deposito di materiale bellico.

Ro37 bis all'AVIS

Ro37 bis all’AVIS

Da Castellammare partivano convogli per il fronte di Cassino. Noi ci arrangiavamo come potevamo anche con il mercato nero con gli alleati. Una cosa molto redditizia fu il contrabbando del carburo, particolari pietre che mischiate con l’acqua fanno scaturire l’acetilene. Polizia e carabinieri non se ne vedevano in giro.

Gli inglesi utilizzavano come autista dei camion un prigioniero tedesco di nome Stefan, un bravo uomo abbastanza anziano con il quale prendemmo contatti. Aveva talmente conquistato la fiducia degli inglesi che usciva sempre senza nessuna scorta. Ma dove sarebbe potuto andare? Lui stesso in un italiano masticato, diceva che era contro la guerra che l’aveva privato della sua famiglia e mandato a combattere lontano. Era cattolico e ringraziava sempre Dio di non essere morto in Africa. Quando usciva dal deposito, Stefan, prima di andare a Napoli, passava per Varano e noi scaricavamo una parte del carico di carburo, dopo aver ricompensato il nostro complice tedesco.

Un giorno, mentre ero di guardia al carburo scaricato nella stradina ed in attesa del compratore, si avvicinò un contadino del posto alto e grosso che mi disse: ”Guagliò, ca’ ci sto’ pure io…”, voleva una specie di tangente. Io tirai fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni la mia Beretta calibro 7,65, gliela puntai contro dicendo: ”Pecché non rischi cumme e nuie e mò vattenne!”. Il contadino fattosi pecora rispose: ”Va bene giuvinò, stateve bbuono, nun aggio visto niente…”. Ah, se mi vedesse adesso che sono sposato, padre di figli e senza pistola, chissà quante mazzate mi darebbe! Continua a leggere

Nascita di un soprannome …

di Ferdinando Fontanella

Nella rubrica delle “storie minime stabiesi di L.R.”, penso valga la pena ricordare, un brevissimo aneddoto accaduto molti anni fa nella zona collinare di Castellammare di Stabia… un episodio che ha poi segnato indelebilmente, con un caratteristico soprannome, la vita di una persona, ma vediamo il perché…

Soprannomi stabiesi

Il soprannome stabiesi

Ebbene, la storiella che mi è stata raccontata che ha interessato per l’intera vita un signore, oggi anziano, è la seguente: molti anni fa, quando ancora avvenivano soventi i parti in casa e per tal ragione veniva richiesto l’aiuto di una mammana, ovvero di una levatrice di fiducia (ogni quartiere aveva la sua mammana), tra le mura domestiche di un’abitazione collinare di Castellammare, venne richiesta l’assistenza di una esperta levatrice per una partoriente; Continua a leggere

Lente sul Territorio

Anno II n. 5/6 – Maggio/Giugno 1993

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