Ruccello: tra metafora e realtà

l’Editoriale di Corrado Di Martino & Vincenzo Cesarano

Il 12 settembre 1986, (ormai) 30 anni or sono, Ruccello, uno dei geni più illuminati della città Stabiana, la lasciava per sempre. La città è rimasta immota da allora? Quali progressi ha avuto? Quali atti di maturazione?

Annibale Ruccello

Annibale Ruccello

Proprio in Ferdinando, uno dei suoi testi più rappresentativi, A.R. descriveva un paese (nel 1870), in via di cambiamento: i Borbone loro malgrado avevano lasciato Napoli e il Sud; i Savoia si facevano strada, per disegnare i nuovi assetti sociali, che ancora oggi scontiamo. In un palazzo chiuso, oscuro e opprimente, si avvicendavano meschinità, prepotenze, scontri, tensioni, prevaricazioni. La Storia trattava elementi significativi, radicalmente profondi e viscerali; che descrivevano un microcosmo, apparentemente antico, purtroppo in realtà immagine di un più ampio e difficile contesto. La città diventava Nazione, la nazione diventava mondo.

Morto a trent’anni, trent’anni fa, in un maledetto incidente, ha lasciato in eredità il suo pensiero al mondo, all’Italia, a Castellammare di Stabia. Come in Fassbinder, in Ruccello, rivivono figure ai margini, borderline, sovraccariche di vita e di vissuto, che tentano loro malgrado di procrastinare quell’ultimo attimo in cui la vita, quella sociale, esala. La baronessa donna Clotilde, borbonica da sempre e per sempre, inacidita, perversa, malata immaginaria; sceglie l’esilio volontario, come altezzoso svilimento, della nuova cultura piccolo borghese. Donna Gesualda, badante ante litteram, un po’ prigioniera, un po’ carceriera, parente povera assiste la nobildonna durante la convalescenza. Don Catellino, prete dall’intrallazzo politico facile, unico uomo ad entrare nella nobile casa, assiste spiritualmente donna Clotilde e forse carnalmente Gesualda. D’improvviso piomba in questo contesto, destabilizzandolo, Ferdinando, un giovane dal fascino perverso e peccaminoso, che diviene oggetto di passioni ed appetiti. Una commedia, se vogliamo, dai caratteri intensi, caustici, attuali, senza soluzione alcuna.

Oggi più di allora, ignoranza, prevaricazione, cinismo sociale, inciviltà sembrano la specie vincente nella nostra cittadina. Annibale con la sua scrittura attuale non è morto. Ha lasciato una traccia, un pensiero profondo, che ad essere letto, interpretato, potrebbe ridarci la giusta rotta. A trent’anni dalla sua scomparsa, il pensiero ruccelliano ha attraversato il mondo, ancor oggi è molto rappresentato nell’Est Europa, in Francia, dovunque… Mentre la sua città d’origine, forse, quella che ha dato i primi spunti ai suoi innumerevoli personaggi, quella che ha dato vita alle sue storie, è ferma, immobile, immutata, culturalmente e civilmente appesantita.

Rileggere, rivivere, Ruccello, potrebbe dare luce a questa città. Si deve riviverlo attraverso i giovani, proponendo nuovi stimoli culturali, dibattiti, proficue discussioni, perché Annibale, a trent’anni dal quel maledetto 12 settembre, è vivo più che mai, mentre la sua città, come una “donna Clotilde”, si è chiusa al buio di una palazzo vecchio e pericolante.

Corrado & Enzo


Per ulteriori approfondimenti:

Annibale Ruccello

Annibale Ruccello quasi trent’anni dopo

Omaggio ad Annibale Ruccello

Annibale Ruccello… il ricordo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *