Settembre, un anno a Castellammare
di Giuseppe Zingone
Ladispoli, lì 22 settembre 2010
Settembre, quando i colori risplendono e sono più vivi che mai ed anche i pittori con le proprie risorse cromatiche, interiori e personali, non riescono a descriverti.
Settembre è un onesto mese per nascere, figlio dell’autunno è di buon cuore tanto che cede volentieri qualche sua decade all’estate.
Il mare rassomiglia sempre più al cielo, teneramente s’increspa, ma è gentile e bonario come un bimbo tra le braccia della madre.
Di qui a poco fragorosi ciurme di ragazzi che giocano a pallone in via Gesù, al porto e in piazza fontana grande torneranno a scaldare i banchi di scuola lasciati orfani e tristi qualche mese prima, spostando il proprio vociare dalle strade, fin sotto il vecchio (anzi antico) Seminario. Quanti studenti ti sei inventato? Salite e discese che consumano ad ogni figlio i tuoi gradini di basalto. Io stesso vi fui ospite per qualche tempo alle elementari, quando per ragioni a me sconosciute lasciammo la nostra sede in via Gesù, per poi stabilirci in un’ala del nobile palazzo del Marchese De Turris. Che fortuna ho avuto! Un maestro giovane, che non amava le verghe di legno, le quali arroventavano i palmi di “noti” ed anonimi studenti di altre classi, grazie professor Aldo Di Capua!
Settembre è il mese delle ansie tutti attendono e ritornano alle loro ataviche attività, la strada inizia a svuotarsi, e le nostre membra nude andranno ad appesantirsi, come nodosi attaccapanni di legno, dei pesanti e caldi vestiti autunnali; intanto enormi nuvoloni scintillanti scivolano, è il caso di dirlo, sulle nostre teste, come mongolfiere, informandoci che l’estate è finita. Settembre a volte fa capricci è chiassoso, e ci travolge con temporali e fiumi di fango, i quali ci ricordano che siamo di passaggio e che la Città è più bella pulita, grazie alle piogge.
Mi manca l’odore del mosto, – strano si dirà in una città che ha pochi vigneti-. Ma erano in tanti a prodursi il dolce nettare da soli, oggi tutto è completamente inodore, sigillato nella propria scatola, –forse i nostri figli tra qualche secolo non avranno più naso, ma enormi orecchie perché i rumori incontrovertibilmente aumentano -.
Si dice che a Napoli ognuno nasca accompagnato da una canzone, la mia la conosco, è parte dell’ultimo Festival di Napoli (1971), ‘Na Bruna (Sergio Bruni) fischiettata da mio padre.
Avvolgimi Settembre come quando mi addormentavo e mi risvegliavo pizzicato alle gambe dal tuo delicato freddo. Ecco le azzurre giornate passate curiosando in giro a Quisisana, ai boschi; anche il cielo, dimentico della nebbiosa afa in questo mese, si mette in posa per una foto ricordo.
Settembre è un mese onesto, limpido, semplice, verace com’era la mia gente.
Al Vecchio cimitero, per suggerimento del mio Parroco una volta, osservai una lastra tombale sulla quale era inciso:
“Morì un mattino di Settembre bello come la sua vita”. Parole in lacrime, che sollevano l’animo di chi legge, ma rendono pesanti i ricordi di chi quella frase chiese d’incidere.
Oggi è giusto considerare Settembre un buon mese anche per morire.
E quando l’ineluttabile sopraggiunga spero sia accompagnato dalla più bella e virtuosa “posteggia napoletana” alle note suadenti e rampanti di Funiculì Funiculà.