Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )
Non so indicare quando è nato questo mestiere, ma ricordo molto bene chi, nella zona dove abitavo da bambino/giovinotto, lo esercitava con grande perizia. Intanto spieghiamo bene che ‘o solachianiello era il ciabattino, colui che aggiustava le scarpe che incominciavano a manifestare i primi segni dell’usura.
Quello che ho conosciuto io, esercitava in Via Santa Caterina, a destra per andare alla Fontana Grande, subito dopo l’Arco della Pace.
Era un ometto piccolo e segaligno e in quel “basso” aveva casa e bottega. Chi esercitava questo mestiere era benedetto dalle famiglie numerose e con scarso reddito. Difatti i bambini, i giovanotti, consumavano le scarpe molto rapidamente. Giocando a pallone (con palle di pezza) nelle vie e nelle piazzette della città, oppure sulla spiaggia. In molte occasioni la suola si staccava dalla tomaia.
Le famiglie di cui sopra facevano molta fatica a comperare un paio di scarpe nuove una volta ogni tanto quindi le stesse dovevano durare il più a lungo possibile.
Era gioco forza allora ricorrere alla maestria di questi benemeriti artigiani che con somma pazienza e a poco prezzo rimettevano in sesto le calzature così mal ridotte.
Ogni famiglia aveva il suo “solachianiello” di fiducia che era disposto anche a dilazionare quel poco compenso che chiedeva.
Oggi che, per fortuna, le condizioni economiche delle famiglie sono di molto migliorate e che il prezzo delle scarpe è abbastanza abbordabile le scarpe rotte si buttano. Ecco perchè questo mestiere va scomparendo, se non è già scomparso.
Gigi Nocera