Archivi categoria: Storia & Ricerche

In questa rubrica (anima del sito), sono pubblicate brevi storie e le ricerche  
effettuate dal Libero Ricercatore nella città di Castellammare di Stabia.

1943: I “turisti” del Terzo Reich a Castellammare

articolo del Dott. Carlo Felice Vingiani

Già sul finire del 1942, a causa del precipitare degli eventi bellici, il regime fascista cominciava ad incontrare difficoltà nella gestione dell’ordine pubblico. Al fine di supportare l’alleato italiano e prevenire l’eventuale rischio di attentati ad obiettivi sensibili, il governo del Terzo Reich inviò proprie truppe a presidiare tali siti.

A Castellammare di Stabia, sede di numerose industrie, prime fra le quali i cantieri navali e quelli metallurgici, il contingente germanico, costituito da unità dei disciolti Deutsches Afrikakorps,  fu acquartierato nella odierna via De Gasperi, in quello che, ancora oggi, è conosciuto come “il Palazzo dei Tedeschi”.

5 febbraio 1943: Palazzo dei Tedeschi, il cortile interno

14 febbraio 1943: Il Palazzo dei Tedeschi visto dal mare

Gli scatti fotografici raccolti da un anonimo soldato che, nel corso del 1943, alloggiò in quella temporanea caserma, ci mostrano scene decisamente inusuali, se paragonate a quante siamo soliti vedere nei film di guerra, e ci trasmettono un’immagine assai più “umana” di quei militari.

Queste foto raccontano di giovani che suonano i loro strumenti musicali, che prendono il sole sul tetto della caserma, o che, a bordo di gommoni, simulano uno sbarco, ma il tutto finisce in goliardici giochi acquatici, nonché di escursioni a Quisisana, su Monte Faito e di socializzazione coi ragazzini del posto.

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Fig. 3 E. Gaeta. Interno dello Stallone, il portone con l’arco di piperno (coll. Priv.)

Alcune note sullo Stallone

Lo Stallone

Gelda Vollono

articolo del 13/06/2021


Nel 2019, insieme al mio amico Lino Di Capua, ho curato la pubblicazione di un libro dal titolo:

Castellammare oltre la Porta del Quartuccio. Ritrovamenti e Rinnovamenti[1].

La sua realizzazione è stato il frutto di un lavoro di ricerca, che ha visti impegnati per diversi anni noi curatori e un gruppo di professionisti: studiosi di storia locale, di urbanistica, di archeologia e di geologia, su una particolare zona di Castellammare, inizialmente su quella che va dall’attuale piazza Principe Umberto, alla piazza Martiri d’Ungheria, antistante la stazione centrale della Circumvesuviana, attraversando il sito una volta detto dello “Stallone”, e poi allargando gli interessi fino al monte Faito.

L’area occupata dallo “Stallone” è stata oggetto del mio studio all’interno della pubblicazione e  di esso ne darò di seguito un breve excursus, mettendo in risalto i momenti salienti che ne hanno orientato e determinato le scelte per il suo sviluppo e le sue trasformazioni.

Lo “Stallone” era un particolare casamento che occupava la parte orientale dell’attuale piazza Principe Umberto e che, nell’Ottocento, era di proprietà del sig. Antonino Spagnuolo[2], ricco possidente originario delle Botteghelle. Tuttavia, se si osservano attentamente le varie rappresentazioni cartografiche settecentesche dell’area occupata dallo “Stallone” si nota la costante presenza di un edificio alla base della rupe del Solaro e a chiusura delle mura della città.  Considerato che in quel luogo convergevano dalle località viciniore uomini, animali e mercanzie non è difficile dedurre, che quel fabbricato doveva essere una stazione di sosta e che, ancor prima dell’abbattimento delle mura e ancor prima che lo Spagnuolo ne diventasse unico proprietario, quella zona già venisse nominata dello “Stallone”.

In seguito, allorché, a cominciare dagli anni ’30 dell’Ottocento, lo Spagnuolo comprò suoli e fabbriche nell’area delle paludi di Santa Maria dell’Orto, località immediatamente adiacente all’attuale piazza Principe Umberto e a quell’edificio,  si  realizzò intorno a quel nucleo originario quel grande complesso di proprietà che fino al 1934 fu conosciuto come lo  “Stallone”.

Fortunatamente per la mia ricerca, alla morte dello Spagnuolo, avvenuta nel 1869,  si aprì una contesa legale tra alcuni suoi eredi e la Congrega della Carità a cui egli aveva lasciato tutta la proprietà dello “Stallone”, ledendo i legittimi diritti di successione dei suoi eredi. Tale controversia si protrasse per circa un ventennio fino a quando, nel 1887, addivennero ad un accordo, per mezzo del quale si decise che alla Congregazione spettasse un quarto dell’intera quota e i rimanenti tre quarti venissero suddivisi equamente tra i coeredi. La Congregazione si fece carico di avviare l’iter legale e nominò l’ing. Antonio Vitelli per la stima, la ripartizione delle quote medesime e l’elaborazione della planimetria dell’intero casamento. Così, grazie alla planimetria elaborata dal Vitelli, ho potuto avere la descrizione dettagliata dell’intero complesso dello Stallone (fig. 1).

Fig. 1 Planimetrie del piano terra e del primo piano dello Stallone elaborata dall’ing. A. Vitelli

Esso è descritto come un grande complesso con uno spazioso cortile “di figura trapezoidale, ed ha pavimento di nudo terreno”, al quale si accedeva per un ampio arco di piperno, facente cornice al portone (figg. 2 e 3).

Intorno al cortile si trovavano ampie stalle e rimesse per carrozzelle e per pesanti carrette da trasporto di carichi, allora in uso, negozi e magazzini. In esso inoltre vi erano due pozzi d’acqua sorgiva, una vasca, per abbeverare i cavalli, lavatoi e pozzi neri, di proprietà comune, oltre alle scale di pertinenza, per accedere ai piani superiori. Sul lato occidentale presentava un lungo porticato, al quale avevano accesso tutte le botteghe con apertura sul vico Stallone ed alcune di quelle situate su via Surripa, mentre sul lato orientale mostrava una vasta zona adibita a giardino, che si prolungava fino all’attuale vico San Vincenzo. Sul lato prospiciente Piazza Principe Umberto, all’esterno, a sinistra dell’ingresso, vi era una bottega, che ad inizio ‘900 era un caffè. Continua a leggere

Palmigiano Catello pittore

Palmigiano Catello pittore

di Giuseppe Zingone

Palmigiano Catello (Castellammare di Stabia, Napoli – 1853 – ?) Castellammare Lotto composto da 5 paesaggi di Castellammare olio su tavola a) cm 11,5×30,5 b) cm 18×34,5 c)19,5×13 d)19,5×13 e)18×34,5

Poco si sa di questo nostro concittadino, di cui nella galleria di pitture nostrane conserviamo qualche dipinto, ed anche sulla sua morte mancano notizie, solo il De Gubernatis ci fornisce qualche nota in più; la Galleria Recta afferma che si sarebbe poi spostato in Brasile e non è la sola.

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Giacinto Gigante, Veduta di Castellamare, acquerello su carta, conservato molto probabilmente in Russia

Castellammare nelL’Italie confortable

Castellammare nelL’Italie confortable

di Giuseppe Zingone

La città di Castellammare, come tutte le città intorno alla capitale del Regno, Napoli, esercitava un forte fascino sugli stranieri che in diverso modo raggiungevano la nostra area geografica. I paesaggi incantati, la natura lussureggiante con le sue bellezze naturali, il Vesuvio stesso oggetto di distruzione non riuscì a tenere lontano dalla nostra terra, paesaggisti e turisti, semplici curiosi e grandi personalità.

Giacinto Gigante, Veduta di Castellamare, acquerello su carta, conservato molto probabilmente in Russia

Giacinto Gigante, Veduta di Castellamare, acquerello su carta, conservato molto probabilmente in Russia

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La progenie del Gran Mogol

La progenie del Gran Mogol

articolo del 15 maggio 2021

del dott. Carlo Felice Vingiani

In un’epoca ormai lontana, in luoghi esotici che nel nostro immaginario restano inevitabilmente legati alle descrizioni fantastiche che ne fecero romanzieri come Jules Verne ed Emilio Salgari, si snodarono le vite di numerosi avventurieri recatisi in quelle terre in cerca di fortuna.
Spinti dalla voglia di arricchirsi, o dal semplice desiderio di avventura e gloria o, come potremmo dire oggi, bisognosi di ritrovare sé stessi, quegli uomini si resero protagonisti di azioni che, a seconda di chi le narrò, ci sono state tramandate come gesta eroiche oppure crimini brutali.
Alla luce delle odierne tendenze a rivisitare la storia in chiave obiettiva, scevra dai fronzoli narrativi che furono associati a questi personaggi al fine di conferire loro un’immagine eroica e leggendaria, potremmo giudicarli invasori privi di scrupoli, sterminatori di popolazioni pacifiche e distruttori di civiltà secolari.
Quale che sia il giudizio che la storia ha voluto dare di questi uomini e delle loro azioni, non si può negare che furono davvero tanti a lasciare la propria terra natia per non farvi mai più ritorno, il più delle volte perché il destino volle che trovassero la morte inseguendo una chimera, più raramente perché, realizzato il proprio sogno, rimasero per viverlo fino alla fine.
Pochissimi tornarono nella loro Patria e ancor meno furono quelli che lo fecero recando con sé cospicue ricchezze, oltre che le storie inevitabilmente rivisitate da poter raccontare ad amici e parenti, magari davanti ad un boccale di vino.
Fra questi ultimi, non possiamo fare a meno di annoverare due nostri conterranei: lo stabiese Catello Filose e l’agerolese Paolo Avitabile.

CATELLO FILOSE IN INDIA
Catello, nacque a Castellammare di Stabia nel 1749 circa, figlio di Gennaro Filose e di Agnella o Nella Di Capua e nipote di Giacomo Filose. Appena sedicenne, si imbarcò e non fece ritorno per lunghissimi anni, se non quando, cinquantenne, ossia nel 1799, rientrò carico di ricchezze ed unico custode di storie dette e non dette che ammantarono di mistero il suo passato, rendendo lui una figura leggendaria agli occhi degli stabiesi suoi contemporanei, che lo soprannominarono ‘o Gran Mogol.
Degli aspetti più affascinanti e folkloristici della sua vita, una volta tornato a Stabia, molti hanno raccontato: da Catello Parisi nel 1842 a Don Matteo Rispoli nel 1859, da Michele Palumbo nel 1972 a Giuseppe D’Angelo nel 2000, ma per questo vi rimando all’esauriente articolo di Maurizio Cuomo “Il Gran Mogol”.
Cosa accadde, però, dal giorno in cui il giovane Catello si lasciò alle spalle il porto che l’aveva visto nascere fino a quando vi tornò?
Viene in nostro soccorso il Dott. Tomaso Vialardi di Sandigliano, autore di numerose pubblicazioni di carattere storico militare [1], che ringraziamo per le preziose informazioni ed i riferimenti bibliografici fornitici. Continua a leggere