Mattinata stabiese
di Enrico Discolo
Il passo lento degli asini, zoccolato pigramente sul selciato, s’alternava ai sibilanti trabiccoli degli acquaioli diretti alle terme.
Certi “ciucci” allungavano subito le zampe quando, arrivati al largo dello Spirito Santo, intravedevano via Benedetto Brin. Solo così alcuni venditori d’acque minerali potevano guadagnarsi sugli altri mercanti, nell’ultimo tratto di strada, il diritto di precedenza per entrare alle terme e riempire di Acqua San Vincenzo, Acqua Media e Acqua Sulfurea le enormi damigiane sistemate sui carretti. Recipienti che venivano avvolti poi con la tela di sacco bagnata per mantenere invariata la temperatura di fonte durante il percorso di vendita nelle strade di Castellammare.
Le donne avvolte in enormi scialli di lana sparivano dietro i portali delle chiese. Nella semioscurità delle strade solitarie c’era sempre qualcuno che correva alla stazione per il primo treno. Le botteghe dei panettieri proiettavano nei caseggiati irruenti fasci luminosi e intorno aleggiava l’irresistibile profumo del pane appena levato dal forno.
I rintocchi delle campane delle chiese di Porto Salvo e Spirito Santo annunciavano i primi momenti di vita del giorno che dava luce e colore ai rioni rivieraschi della città.
Al primo fischio della sirena del cantiere seguiva una fiumana d’operai che s’accalcava all’ingresso della Navalmeccanica.
Gli alterchi verbali tra Carluccio, venditore di ricottine e i “masti” avevano lo scopo di predisporsi con allegria al lavoro pesante della giornata dopo essersi scambiati una buona dose di fischi e pernacchie da dedicare e portare a povere sorelle e madri innocenti.
Sono ricordi che emergono all’improvviso, sollecitati forse, da una sensazione misteriosa, un aroma, un volto, una condizione di luce, il motivo di una canzone. Memorie che riportano il vissuto di una antica mattinata stabiese, quando il tempo passava lento, ma propizio.