Castellammare di Stabia nelle Memorie di Giovan Battista Pacichelli
di Salvatore Gallo
Il nome di Giovan Battista Pacichelli (Roma, 1641-1695) è perlopiù associato alla città di Castellammare per mezzo della sua opera più celebre: “Il regno di Napoli in Prospettiva diviso in dodeci provincie”, pubblicata a cura del Muzio e del Parrino nel 1703 dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1695, contenente la nota veduta a volo d’uccello della città dal mare con indicazione del suo perimetro murario, delle porte urbiche e delle principali emergenze architettoniche costituite da edifici sacri, giardini ed insulae conventuali. L’opera, nelle intenzioni dell’autore e dei curatori, doveva infatti offrire una rappresentazione corografica del regno attraverso i suoi principali nuclei urbani, tra cui la città di Castellammare, per ciascuno dei quali il testo riporta le note vedute prospettiche incise dallo spagnolo Cassiano de Silva accompagnate da una concisa descrizione dei luoghi trattati. Per comporre la parte letteraria del testo venne sintetizzato ed opportunamente rielaborato il vastissimo materiale fatto d’informazioni geografiche, archivistiche, storiche ed ecclesiastiche, pazientemente accumulato dal Pacichelli durante gl’innumerevoli viaggi compiuti dapprima in Europa in veste d’esponente della nunziatura e successivamente nel meridione d’Italia come incaricato dal duca di Parma di sovrintendere alla giurisdizione d’importanti università del regno quali Altamura e la stessa Castellammare di Stabia, infeudate alla casa Farnese. Tale materiale era già abbondantemente confluito nelle pubblicazioni precedenti dell’abate come le Memorie de’ viaggi per l’Europa christiana in quattro volumi, del 1685, le Memorie novelle de’ viaggi per l’Europa cristiana in due volumi, del 1691, e le Lettere Familiari, istoriche, erudite del 1695, che, necessariamente più estese rispetto all’opera di sintesi del 1703, per il loro carattere memorialistico e meno accademico, restituiscono la figura probabilmente più autentica dello scrittore, personaggio erudito e al tempo stesso straordinariamente curioso, osservatore insaziabile degli aspetti più vari legati agli usi ed alle tradizioni locali, spesso minuti e singolari ma in grado evidentemente di catturare il suo interesse, sedimentandosi nelle sue reminiscenze. Egli stesso nelle sue memorie ebbe a dire di sé: Mi piace insomma veder tutto, apprender in qualsisia parte, e ridurl’all’uso della Vita Civile; né si preoccupa di discorrere in un tempo d’argomenti alti e di aspetti vaghi: Di ciò che osservo nelle mie uscite, e di fuori, non son io già scarso ne’ ragguagli, i quali, ò vacui, ò colmi di materie singolari, godo che partecipin sempre gli amici, il molto, e il nulla di esse.