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Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d'epoca)

Scanzano anni ’30, i ricordi della mia infanzia

Scanzano anni ’30, i ricordi della mia infanzia

di Assunta Carrese

Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d'epoca)

Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d’epoca)

Ho raccontato di Castellammare anni ’40, ma ho il dovere di raccontare di Scanzano anni ’30 perché è stato il mio paese adottivo dall’infanzia all’adolescenza. Per esigenze familiari fui affidata ad una sorella nubile di mia nonna che per me fu come una seconda mamma.

Dalle Compassioniste, Suore del Sacro Cuore, frequentai dall’asilo fino alla terza elementare, quarta e quinta in un appartamento adibito a scuola nel palazzo Pisacane; un altro appartamento simile era nella villa Iavarone, in via Pergola. Dalle Compassioniste le maestre erano suore. In portineria c’era suor Geltrude con una collaboratrice chiamata Titina che viveva nel convento, ma non era suora; Titina aveva una età indefinibile e una ministatura che la faceva confondere con le bambine. Suor Patrizia insegnava Catechismo e suor Maria, Suor Umile, Suor Tarcisia e Suor Domenica erano maestre; suor Domenica era la terribile, aveva sempre una riga a portata di mano per dare una spalmata, l’annunciava dicendo “Qua la mano”. Un altro spauracchio era il cappellone a punta come quello di Pinocchio con su scritto “asino”, per castigare a dovere chi aveva il cappellone doveva stare fuori della porta perché chi passava doveva sapere. Continua a leggere

Caramelle Leone

Don Salvatore d”e caramelle

Don Salvatore d”e caramelle
il ricordo di Bonuccio Gatti

( articolo pubblicato su LR il 24/06/2009 )

Caramelle Leone

Caramelle Leone, immagine tratta dal web

Pochi giorni fa è mancato il signor Salvatore D’Aniello, meglio conosciuto come don Salvatore d’‘e caramelle. Chi, come me ha frequentato la Scuola Elementare “Basilio Cecchi” si ricorderà sicuramente di don Salvatore e  del suo chiosco dove intere generazioni di scolari hanno comprato: caramelle, “ciù ciù”, “martellucci”, bacchette e radici di liquirizia, tavolette di cioccolato della Ferrero con l’incarto con su stampata un’avventura de: L’ultimo dei Moicani, Il giro del mondo in 80 giorni, Marco Polo ecc. ecc., per non parlare poi delle “melette” caramellate sullo stecco di legno tipo ghiacciolo, soldatini e giochini vari, le figurine dei calciatori che, prima dell’avvento della Panini, erano vendute a strisce da ritagliare o a mazzetti avvolti in carta velina ed ancora quaderni, penne e tutto ciò che serviva per la scuola. Continua a leggere

Rafiluccio 'o barbiere, al secolo Raffaele Iammarino di Scanzano (su gentile concessione di Giusy Ruocco).

Amarcord scanzanese

Amarcord scanzanese
di Antonio Cimmino

Brevissima premessa dell’autore
Caro Maurizio, in un momento di amarcord ho appuntato le notizie spicciole che ti allego, che riprendono alcuni miei ricordi della Scanzano degli anni ‘50 del secolo scorso, vedi se qualcuna possa servire al nostro portale. Ciao, Antonio.

Rafiluccio 'o barbiere, al secolo Raffaele Iammarino di Scanzano (su gentile concessione di Giusy Ruocco).

Rafiluccio ‘o barbiere, al secolo Raffaele Iammarino di Scanzano (su gentile concessione di Giusy Ruocco).

Personaggi di Scanzano

Marcantonio
Era un vecchio che abitava, nei primi anni ‘50, sulla stessa loggia, ove abitavo io, nel palazzo di Pisacane in Via S. Caterina a Scanzano. Stava sempre seduto con una pipa di terracotta in bocca. Io, piccolo, quando gli passavo davanti, gli battevo la mano su un ginocchio. Dopo aver espresso le sue rimostranze a mia madre per questo mio comportamento da scostumato, io gli passavo davanti ignorandolo. Al che egli diceva “ssu” dispiaciuto di non essere più importunato (Catiello ‘e Catella).

Mastu Nicola ‘o furbicione
Sempre nel palazzo di Pisacane abitava e faceva bottega, al secondo piano, un sarto per uomini e, quando facevano chiasso nelle scale o sul pianerottolo, usciva a minacciarci con le grosse forbici del mestiere.

Mast’Errico ‘o scarparo
All’inizio di Vico Tre Case a Scanzano abitava e faceva bottega un calzolaio di nome Enrico. Per accedere alla sua casa bisognava scendere alcuni scalini rapidissimi. Aveva un figlio senza tanta “cazzimma” e lo chiamavano Enzuccio ‘o bubbolone.

Michelone
Abbascio ‘a funtanella abitava un contadino che coltivava un pezzo di terra dove adesso ci sono le Nuove Terme. Camminava sempre scalzo e sotto ai piedi aveva un spessore calloso di almeno due centimetri. Continua a leggere

Castellammare e Faito, notturno, Collezione Giuseppe Zingone

Notte al Faito

Notte al Faito
di Enrico Discolo

Castellammare e Faito, notturno, Collezione Giuseppe Zingone

Castellammare e Faito, notturno, Collezione Giuseppe Zingone

Una notte d’estate sul Monte Faito svela il mondo straordinario della natura montana della catena appenninica dei Monti Lattari che si distendono sul mare fino alla penisola sorrentina.
Mi incammino per i sentieri con la torcia elettrica che fora l’oscurità dei cespugli. Le sciabolate di luce mettono in fuga volpi e conigli con gli occhi brillanti e dilatati.
I canti notturni degli uccelli sono brevi e armoniosi come una ninna nanna.
I fiori dei giardini debordanti dalle ville attirano le farfalle notturne.
Sul margine di uno stradone i lombrichi, permeati di una particolare fosforescenza, strisciano a fisarmonica tra i fili d’erba.
Nel momento in cui il braccio di luce fruga tra le corolle dei fiori, mi viene incontro, sulla traccia luminosa, un frenetico sciame d’insetti danzatori.
Arrivo al piazzale dei Capi per soffermarmi ad osservare il golfo di notte, quando arriva improvviso da levante il bagliore dei lampi e il brontolio dei tuoni. Una cabina telefonica mi ripara dalla pioggia battente e dalle raffiche del vento. Continua a leggere

Esposito Vincenzo detto O Surdo

Vicienzo ‘o giurnalaio

Vicienzo ‘o giurnalaio
di Domenico Esposito

Breve premessa dell’autore
Pregiatissimo Direttore, Le scrivo ispirato da questo clima autunnale che mi rende malinconico nel “ricordare” le tradizioni della mia famiglia.

Mi chiamo Esposito Domenico, io e la mia famiglia siamo stati edicolanti per poco più di 50 anni in una zona storica di Castellammare di Stabia, Via IV Novembre, per gli stabiesi meglio conosciuta come: “‘nmiez’‘o Quartuccio”. Fu mio nonno, Esposito Francesco, detto “Ciccio ‘o Giurnalaio” che nel primo dopoguerra iniziò come strillone, colui che al tramonto manifestava ad alta voce lo storico giornale serale dell’ultima notizia “‘o Paese Sera”, altresì una delle voci di “fratielle e surelle”, sopra Fratte (zona natale di mio padre e mio nonno).

Esposito Vincenzo detto 'o surdo

Esposito Vincenzo detto ‘o surdo

Da lui ebbe origine il famoso chiosco di giornali, tradizione continuata da mio padre, Esposito Vincenzo detto “‘o surdo” che nel secondo dopoguerra incrementò l’azienda di famiglia, aprendo un’altra edicola in via Denza (altra strada trafficata di Castellammare per toponimo dialettale ancora conosciuta come “‘ncopp’‘a ghiacciera”), condotta da mia madre Maria per più di 40 anni, con la vendita di rotocalchi e giornali delle più accreditate testate nazionali che coinvolse interi quartieri stabiesi alla lettura dei quotidiani.
Ritornando ai ricordi di via IV Novembre rimembro quelle giornate fredde e piovose dove la piazza si allagava e gli storici commercianti del tempo, come Francesco De Meo nella sua gioielleria, il pescatore Raffaele “Hilter”, Vincenzo l’acquaiuolo e mio padre accorrevano ai ripari e soccorrevano ai propri esercizi divenuti, in quelle ore di rovescio, sommersi di acqua. Continua a leggere