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Michele e Nunziata

articolo del dott. Tullio Pesola

Nelle immediate adiacenze del fabbricato nel quale io abito da svariati anni c’è un locale, a livello del piano stradale, che a lungo nel tempo, di cui va gradualmente perdendosi ogni ricordo, è stato adibito ad abitazione. Anzi, c’è da aggiungere che il nuovo proprietario qualche anno fa lo ha ristrutturato e lo ha predisposto in maniera tale da potere accogliere con i suoi comforts una piccola famigliola. Esso è costituito da due ambienti. Il primo è dotato di ingresso e di affaccio sulla strada, mentre il secondo ha una finestra che dà su un piccolo cortile.

La banchina dell'Acqua della Madonna vista dal mare (cartolina d'epoca)

La banchina dell’Acqua della Madonna vista dal mare (cartolina d’epoca)

C’è da puntualizzare a tal proposito che in corso dei lavori di riattazione, esso è stato anche corredato di porta blindata che si apre nell’androne del fabbricato. Tanto per intenderci, è diventato un grazioso bon bon. Guardandolo attentamente, un osservatore non può che rimanere stupito per le dovizie in esso effettuate. All’interno, infatti, è stato realizzato un soppalco al quale si può accedere mediante una confortevole e moderna scala. Lo stesso, poi, è illuminato da una finestra che dà su via Brin. Detta finestra, inoltre, è fornita di una grata in ferro, che, se spiegata, si trasforma in un pratico stendi panni; chiusa, invece, costituisce protezione da eventuali malintenzionati. Riportandoci il ricordo agli anni del dopoguerra, si può facilmente immaginare quale fosse lo stato di questo ambiente. Per dare un’immediata idea di ciò che fosse, è sufficiente presentarlo per ciò che era: un “basso”. E’ a tutti noto che il “basso” è una piccola abitazione a pian terreno che affaccia sulla strada e raffigura l’emblema dell’antica e perenne miseria degli strati sociali più emarginati di una città. Di “essi” ci limitiamo ad aggiungere solo che hanno una storia lunga le cui origini risalgono addirittura al Medioevo. In questo tug… terraneo vivevano Michele e Nunziata, due personaggi emblematici di quello che da tanti è ritenuto il “Centro Storico” della nostra Città. Continua a leggere

due soldi, immagine tratta dal Web

Ciccio ‘a ri sorde

Ciccio ‘a ri sorde
di Alfredo Volpe

Desidero segnalare una ministoria cittadina (che qualche lettore forse già conoscerà), di un nostro benemerito concittadino stabiese morto, alcuni anni fa, a oltre novant’anni.
Questo nostro conterraneo di nome Francesco Paolo Cimmino, personaggio molto mite, con spessi occhiali da miope, era soprannominato “Ciccio ‘a ri sorde”.

due soldi, immagine tratta dal Web

Duje sorde, immagine tratta dal Web

Costui è stato un antesignano (quando non c’erano ancora le mense gestite dal volontariato della Caritas o dalle Parrocchie), e suppliva in quegli anni, senza saperlo a queste.
I più grandi, come il Signor Gigi Nocera (assiduo collaboratore di Libero Ricercatore, e memoria storica della città), ricorderanno che questi gestiva alla Calata del Gesù (dagli anni ’30 ai ’50) una rivendita di vino con annessa povera trattoria, dove gli abitanti del centro storico cittadino, soli ed anziani e i braccianti del vicino porto, andavano lì a consumare un pasto caldo. Pagavano come potevano, con pochi spiccioli, molti spesso anche gratis. Da ciò è nata la leggenda del nome “Ciccio ‘a ri sorde” cioè da Ciccio si mangia con due soldi.

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Zingone Giuseppe

Gente semplice, vite eroiche

Gente semplice, vite eroiche

di Giuseppe Zingone

Questo è il racconto della vita di mio nonno, Zingone Giuseppe

Giuseppe Zingone

Giuseppe Zingone

gente semplice, povera, preoccupata più dell’oggi che del domani è una storia breve, per sommi capi, però completa e non vorrei rimanesse tra le mie carte. Sapete a volte si sente il bisogno impellente di completare qualcosa ed era giunto il momento anche di questo scritto.  Proverò anche a lasciarLo  parlare, una voce di un altro tempo, giunta a me tramite  una registrazione su musicassetta; erano gli anni Settanta del secolo scorso quando un cugino di mio padre Zingone Vincenzo, un (liberoricercatore ante litteram) salvò brevi racconti della sua vita, io ne ho recuperato l’audio trasformandolo in file mp3, purtroppo la qualità non è delle migliori ma comprensibile (a causa di un fruscio e delle voci di sottofondo) e chiara a  sufficienza.

Mio nonno, nacque a Castellammare di Stabia, l’otto luglio milleottocentonovantotto, da Vincenzo, la cui professione era gallettaro e sua moglie Maria Celoro, una filatrice,1 una moltitudine di figli, vista la numerosa prole, composta da nove maschi e due femmine come era buon costume nelle famiglie di un tempo e della nostra Città. A questo riguardo potrebbe essere utile rileggere il testo di Gigi Nocera su ” I figli “.

Il Cognulo

Il Cognulo (foto Giuseppe Zingone)

Da quello che ricordo da bambino e dalle parole di mio padre, tutti quelli che portavano il cognome Zingone, vivevano alla salita Cognulo, un vico ad imbuto che terminava con una copertura oggi inesistente, perché abbattuta dopo il terremoto e che si riversava come un fiumiciattolo in via Santa Caterina. Il ricordo di questo vicolo mi attraversa le ossa iniettandomi quella umidità che  mette i brividi addosso. Questa piccola discesa un giorno fu testimone dell’amore nato tra una zia di mia madre Teresa e un soldato americano.

Come quasi tutti i bambini di un tempo dopo pochi anni di vita, mio nonno si risvegliò già adulto, spinto ad adoperarsi per le necessità della numerosa famiglia insieme ai fratelli.

Incombeva sui giovani della classe 1898 lo spettro della Prima Guerra Mondiale, ed il nonno fu imbarcato sulla Regia Nave Varese dal 5 Febbraio 1918, al 7 Febbraio 1920, così da foglio matricolare.2 Continua a leggere

  1.  Estratto per Riassunto di nascita, Anno 1898, numero d’ordine 574, Comune Castellammare di Stabia
  2.  Foglio Matricolare di Zingone Giuseppe, numero matricola 77723, Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale militare, V° Reparto/13Divisione/4Sezione classi anziane
Suggestiva foto di Castellammare dal rione Spiaggia, Maurizio Cuomo

Soprannomi dai ricordi della sig.ra Giovanna Coppola

Soprannomi dai ricordi della sig.ra Giovanna Coppola

di Giovanna Coppola

Dal rione Spiaggia (Maurizio Cuomo).

Dal rione Spiaggia, Maurizio Cuomo

Da bambina, abitavo giù alla “Spiaggia”, al Corso Alcide De Gasperi dove ora c’è il “Palazzo del Sole”, di quel periodo una persona che rimarrà nella mia mente è “Aniello ‘e Sapeto Santo” (Sabato Santo), un omone dall’aria apparentemente effemminata originario del Centro Antico che andava per le abitazioni vendendo biancheria e al quale non di rado sfuggiva qualche pettegolezzo raccolto durante la lunga giornata lavorativa di vendite a domicilio (la conoscenza da parte di quest’uomo di fatti altrui di carattere intimo/privato era dovuto al fatto che a quei tempi era usanza dei venditori a domicilio si stabilire con i propri clienti un rapporto che andava ben oltre la semplice compravendita e non raramente erano di tono confidenziale).
Un altro personaggio che ricordo con particolare piacere era proprio originario del quartiere “Spiaggia” ed era conosciuto come “Giacchino ‘o ghieppo” (il suo cognome era Di Maio), alla fine degli anni cinquanta Gioacchino era l’insegnante di ballo di tutti i giovani della zona, per le scarse possibilità economiche la sua scuola di danza era la sua stessa abitazione. Chissà se qualche altro visitatore di Libero Ricercatore può darci ulteriori notizie circa questi due personaggi, personalmente gliene sarei molto grata. Ringrazio per l’ospitalità e saluto tutti cordialmente.

Coppola Giovanna (figlia di “Ernesto ‘o guaglione” chiamato anche “Ernesto ‘a fraulella”).

L'album dei ricordi

L’Album dei ricordi

L’Album dei ricordi
di Nello Lascialfari

Introduzione e brevi note sull’autore
In questa pagina ospitiamo un secondo scritto di Nello Lascialfari (stabiese verace attualmente in pensione, amante: del jogging mattutino, della cultura locale e della poesia partenopea). L’appassionato autore stabiese (immergendosi nei ricordi), ripercorre e delinea mentalmente i suoi trascorsi vissuti, proponendo in questo secondo monologo l’Album dei suoi ricordi (ovvero, un ulteriore emozionante “tuffo nel passato” alla riscoperta della vera Castellammare di Stabia).

L’Album dei ricordi

L'album dei ricordi

L’album dei ricordi, immagine tratta dal web

È facile parlare dei nostri ricordi, in realtà non si fa altro che la cronaca della propria vita, molte volte questo raccontare è stimolato da qualcuno che ti ascolta con interesse, e magari vuol sapere di un passato a lui sconosciuto, o ancora, da qualche altro che è stato testimone di ciò che racconti, però cerca delle conferme ai suoi ricordi un po’ sbiaditi dal tempo e, spesso finisce con l’arricchire il tuo racconto, con episodi e personaggi che davanti ai tuoi occhi erano passati inosservati. Tutto questo ti porta a scavare nei meandri della tua memoria per ricordare sempre di più, si mette in moto uno strano meccanismo ed il passato diventa un film in cui i personaggi si susseguono velocemente e talvolta si sovrappongono l’uno all’altro stravolgendo l’ordine di apparizione, e a mano a mano che ti tuffi nei tuoi ricordi, hai l’impressione di rivivere quei momenti, di rivedere quei personaggi, di sentire quei profumi e quelle voci di una volta, le voci dei venditori ambulanti, ‘e tantu tiempo fa, chelli vvoce ca trasevene dint’‘e ccase, pure cu ‘e feneste ‘nchiuse! Comme erano belle!… Ve la ricordate a:

Masinella, cu’ chella piezz’‘e caurara… accumminciava primma cu ‘e fave, po’ quanno veneva ‘a staggione venneve ‘e spighe, e a settembre già era pronta cu ‘e primme castagne.
‘A Rossa ‘e copp’‘a Caperrina c’‘a riffa : “Ue chi me vo’, chi ‘a vo’ ‘na bella diecimila lire, jammo, poc’‘ati nummere!”.
Meniello ‘e miez’‘a Pace: “‘O ciardino, ‘a fava fresca, ‘e ffave freeesche!”.
‘Ndulino ‘o pezzaro: “M’accatto ‘e lume viecchie, ‘a ramma vecchia!”. Andrea Caccaviello, ‘o giurnalaio ‘e vicino ‘a Funtana ‘e San Giacumo, c’aspettava cu’ ‘nu fascio ‘e giurnale ‘mbraccio, ‘mmiez’‘a Caperrina, ll’operaie ca jeveno ‘a faticà’: “‘O Roma, ‘o Matino!”.
‘O Vuttariello cu’‘o megafeno ca deva ‘a voce d’‘a frutta: “È chella d’‘a massaria ‘e Puzzano, ih che perzeche signò’!”. Continua a leggere