a cura del prof. Luigi Casale
Emancipazione, emancipato, emancipare (o emanciparsi): rispettivamente sostantivo, aggettivo e verbo. Queste parole oggi indicano – sempre rispettivamente – il fatto, la condizione, l’azione relativi ad un’attività umana, che possiamo chiamare “l’uscita da una situazione di diritto e il passaggio ad una nuova condizione di diritto in qualche modo più ampia di benefici e di potestà”. Per esempio, è emancipata la persona che migliora la propria cultura e acquista perciò una maggiore libertà di giudizio; è emancipata la donna (o l’uomo) che si libera dai condizionamenti di un sistema di valori obsoleto (pregiudizi), a volte addirittura limitativo della dignità e della libertà della persona; è emancipato il minore (o la minore) al quale il giudice riconosce la facoltà di agire alle stesse condizioni di un maggiorenne.
Andiamo adesso alla storia della parola. La parola latina “mancipium” (pl.: mancipia) presso gli antichi Romani indica lo schiavo (servus/serva) nato in casa, cioè lo schiavo figlio di schiavi. In latino “manu càpere” infatti è afferrare con la mano, tenere in mano. Il verbo “capio-càpere” è prendere; quindi anche “fare prigioniero”, tanto che i “captivi” (oggi diciamo “i cattivi”, ma con significato completamente diverso) erano proprio i prigionieri. Mancipium (parola di genere neutro) all’origine è il prigioniero (la persona che ha perduto i suoi diritti) o per atti di guerra o per incapacità da parte sua a saldare un debito. Quindi si tratta di una persona che in qualche modo si trova ad aver perduto la sua originaria libertà, divenendo proprietà del vincitore o – nel caso – del creditore.
L’eventuale riscatto, per merito o per denaro, da parte dello schiavo; o la restituzione del debito da parte sua, oppure un atto di liberalità del padrone (dominus) potevano restituire in qualsiasi momento la libertà al mancipium, che diveniva “e-mancipiis”: [Vi ricordate il valore di “provenienza” della preposizione latina “e/ex” ?] appartenente cioè alla categoria degli ex schiavi, e veniva chiamato anche liberto. Poi decideva lui se voleva o no continuare a mantenere rapporti di amicizia o di correttezza col suo ex padrone.
Quindi emancipare significa fondamentalmente “fare uscire dalla condizione di servo”, cioè restituire alla libertà.
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Emancipazione, oltre a ciò che abbiamo detto sopra, è anche il termine tecnico per indicare l’istituto giuridico attraverso il quale viene riconosciuta al minore la facoltà di agire (e la responsabilità che ne consegue) di un maggiorenne.