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Il Gesu’ morto e san Catello

Sapendo che amo tutto ciò che riguarda Castellammare, qualche giorno fa, il mio amico Massimiliano Greco, mi ha fatto dono di una litografia di fine Ottocento (prodotta dalla stamperia Apicella di Napoli, di San Biagio dei Librai).

La suddetta, rappresenta Gesù morto, che sale al cielo fra le braccia del Padre sorretto dallo Spirito Santo (la Santissima Trinità) e da due angioletti, ai cui piedi ci sono: a sinistra, la Madonna Addolorata e a destra San Catello.

La stampa (in origine monocromatica), incollata su un pezzo di compensato, appartenuta al padre di Massimiliano, il caro don Antonio Greco (famoso maestro presepista stabiese).

Una vecchia stampa e amici

Una vecchia stampa e amici

Purtroppo non conosco bene la storia di questa stampa e di come sia arrivata a noi. Parlandone con il mio amico, Umberto Cesino, gli chiesi: “Maestro, ma è possibile pitturarla? Lui di tutta risposta, mi disse: “Fammela visionare e poi valutiamo se è possibile un po’ di restauro”. Continua a leggere

Il San Catello di Viviani

a cura di Enzo Cesarano

“Oggi l’opera teatrale di Raffaele Viviani è considerata come l’unica affermazione realistica moderna”, con queste parole il critico Paolo Ricci, concluse la recensione altamente elogiativa, della sua opera “Padroni di Barche”, scritta nel 1937, lavoro dove l’azione nell’opera non ha valore figurativo, ma s’infrange come le onde del mare sugli scogli, nella realtà dei personaggi, i quali vanno a rappresentare la realtà generale di allora.
La trama di “Padroni di Barche” è ambientata a Castellammare di Stabia (città in cui l’autore è nato nel 1888) e il luogo prescelto è il porto, al quale si aggrappa il piccolo mondo dei protagonisti del dramma.

San Catello in processione (per gentile concessione della prof.ssa Maria Lucia Cervone)

San Catello in processione (per gentile concessione della prof.ssa Maria Lucia Cervone)

Evidenti sono i riferimenti alla città come le famose sorgenti d’acqua e i cantieri navali. Un particolare importante all’interno del lavoro teatrale, è il riferimento alla processione di San Catello, patrono della città. Nel primo atto dell’opera viene descritto il coro della processione che passa per le vie del porto dove, in un crescendo di intensità si arriva alla supplica di “Catiello Sansone”, uno dei personaggi principali, che rivolgendosi al santo, prega per ottenere la grazia per tutta quella povera gente che ogni anno ripete la processione portando per le strade di Castellammare la statua del patrono.
È un canto antico, come antica è la gestualità e i ritmi della processione che ripetendosi ciclicamente scandisce gli anni. È un inno che al primo ascolto può sembrare “aspro e duro”, sofferto e per alcuni versi struggente, che tutti noi stabiesi dovremmo conoscere e apprezzare:

“Catiello, campane a suna’:
jesce ‘o Sante pe’ tutt’a città!
‘A festa, ca ogne anno se fa,
tutt’a ggente s’‘o vene a pria’! 

Ogneduno lle vene a cerca’
chelli grazie, ca ‘o Sante c’‘e ffa’:
‘a fatica ca n’ha dda manca’:
previdenza, salute e magna’!

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Ruccello: tra metafora e realtà

l’Editoriale di Corrado Di Martino & Vincenzo Cesarano

Il 12 settembre 1986, (ormai) 30 anni or sono, Ruccello, uno dei geni più illuminati della città Stabiana, la lasciava per sempre. La città è rimasta immota da allora? Quali progressi ha avuto? Quali atti di maturazione?

Annibale Ruccello

Annibale Ruccello

Proprio in Ferdinando, uno dei suoi testi più rappresentativi, A.R. descriveva un paese (nel 1870), in via di cambiamento: i Borbone loro malgrado avevano lasciato Napoli e il Sud; i Savoia si facevano strada, per disegnare i nuovi assetti sociali, che ancora oggi scontiamo. In un palazzo chiuso, oscuro e opprimente, si avvicendavano meschinità, prepotenze, scontri, tensioni, prevaricazioni. La Storia trattava elementi significativi, radicalmente profondi e viscerali; che descrivevano un microcosmo, apparentemente antico, purtroppo in realtà immagine di un più ampio e difficile contesto. La città diventava Nazione, la nazione diventava mondo. Continua a leggere

Un San Catello al passo con i tempi…

editoriale di Maurizio Cuomo

Alcuni giorni fa, in compagnia di Enzo Cesarano, sono andato in cattedrale per un approfondimento di una mia ricerca, in tale occasione ci è capitato di intervistare il sig. Mario Vanacore, organista della concattedrale.

Coroncina a San Catello

Coroncina a San Catello

Mario consumata persona di chiesa e profondo conoscitore di arte sacra, spaziando con estrema padronanza da un argomento all’altro, quando si è parlato del nostro San Catello, riportando un’omelia del parroco, ha palesato a chiari parole e con particolare apertura mentale, un pensiero estremamente sottile e profondo che a seguire riporto in sintesi:

“Nel pieno rispetto della tradizione – dice Mario – i nostri antenati ci hanno tramandato il culto di San Catello, un antico culto fatto di pia devozione che ogni anno, per grazia di Dio, si ravviva e si rinnova con le gesta del popolo stabiese, rito che si è ripetuto perpetuandosi per numerosi secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri. Di controparte, non possiamo però ignorare, che la società ha una sua naturale evoluzione, fatta di scoperte, invenzioni ed altro… per tal motivo, oggi è inimmaginabile che i giovani (presi dai tanti interessi: internet, videogames e altre stravaganze “multimediali”), continuino l’opera dei loro avi; da ciò, forza causa il ricambio generazionale (quello ad esempio dei portatori di San Catello), purtroppo, ahimè, è destinato a finire.

Lo stesso “Inno di San Catello“, scritto con tanta devozione da mons. Sarnelli, suggestiva preghiera del popolo di Stabia, descrive una Castellammare che più non ci rappresenta, ad esempio nell’ultima strofa si parla di: due cantieri, le acque (terme)…, ma “addò stanne?!”, queste ricchezze, purtroppo, ci sono, ma non ci appartengono più. Continua a leggere