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Ipocisto, una piccola pianta che rischia di sparire dai monti di Stabia

Il Cytinus hypocistis L. (ipocisto comune) è una piccola pianta (3-8 cm.) che cresce nella macchia mediterranea a quote comprese tra 0 e 800 metri e fiorisce nel periodo Aprile-Maggio. Non essendo in grado di fare la fotosintesi questa specie è adattata per selezione naturale a vivere parassitando le piante del genere Cistus (Cisti) sulle cui radici inserisce i fusti carnosi del diametro di 6-12 mm, un adattamento che permette di ricavare dalla pianta parassitata tutte le sostanze nutritive necessarie.

Cytinus hypocistis (ipocisto comune)

Cytinus hypocistis (ipocisto comune)

Si tratta di una specie abbastanza rara in Italia. Nel comprensorio stabiano era stata segnalata nel 1800 in una stazione lungo il litorale di Castellammare (Tenore M., 1833, in Guadagno M., 1926), stazione non riconfermata in studi successivi (Guadagno M., 1926. Caputo G. et al., 1994).
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Osservazioni astronomiche al Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi

“Per un’interpretazione naturalistica della miracolosa apparizione di San Michele Arcangelo al vescovo Catello e al monaco Antonino”

Il "Passo del diavolo" sulla via del Sant'Angelo a Tre Pizzi.

Il “Passo del diavolo” sulla via del Sant’Angelo a Tre Pizzi (foto F. Fontanella).

Qualche tempo fa, su invito di alcuni amici ricercatori appassionati di storia locale, ho avuto modo di leggere una traduzione1 dello scritto agiografico noto come Anonimo sorrentino. Cercavo, con la lettura, uno spunto naturalistico che potesse contribuire allo studio delle vicende narrate nel testo.

Tralasciando la bella e suggestiva descrizione del paesaggio, che in un primo momento aveva catalizzato il mio interesse, ho focalizzato l’attenzione sul racconto dell’apparizione di San Michele Arcangelo al vescovo Catello e al monaco Antonino.

“… la prova del loro comune sentire e dell’identico modo di esprimersi fu una visione angelica. A notte fonda infatti apparendo ad entrambi proprio uguale: Voglio, disse, che in quel luogo in cui siete soliti attendere con zelo alla preghiera e dove dinanzi vedeste un cero ardere, costruiate a mio nome un oratorio. Richiesto del nome rispose di essere l’Arcangelo Michele e disparve.” Continua a leggere

  1. D’Angelo G., 2009 – Anonimo Sorrentino – manoscritto del secolo nono – La più antica storia dei santi Antonino e Catello (II ed. riveduta, corretta e integrata). Pag. 87-89
Vesuvio da Pozzano (foto Gennaro Cesarano)

Eruzione pliniana del 79 d.C., quando Stabiae fu seppellita dal Vesuvio

articolo di Ferdinando Fontanella*

Vesuvio da Pozzano (foto Gennaro Cesarano)

Vesuvio da Pozzano (foto Gennaro Cesarano)

Millenovecentotrenta anni, tanti ne sono passati dal 79 d.C. ad oggi. Era il mese di agosto, il giorno 24**, quando il Monte Vesuvio rivelò, all’Impero romano, la sua natura vulcanica eruttando con violenza devastante, sconvolgendo per secoli le terre più incantevoli della prosperosa Campania.

Il Vesuvio prima del fatidico 79 d.C. veniva da un lungo periodo di quiescenza durato all’incirca 7 – 8 secoli, un lasso di tempo che aveva portato gli abitanti del suo circondario a credere che si trattasse di un tranquillo e fertile monte. Il geografo e storico greco Strabone, però, ne aveva intuito la natura vulcanica e così scriveva nel 10 a.C.: “Il Vesuvio è una montagna rivestita di terra fertile alla quale sembra che abbiano tagliato orizzontalmente la cima; codesta cima forma una pianura quasi piatta, totalmente sterile, del colore della cenere, Continua a leggere

Banco di Santa Croce (foto Andrea Di Pietro)

Il Dattero di mare

articolo di Ferdinando Fontanella

Banco di Santa Croce (foto Andrea Di Pietro)

Banco di Santa Croce (foto Andrea Di Pietro)

Il primo incontro col Dattero di mare avvenne una estate di molti anni fa, alla spiaggia di Pozzano a Castellammare di Stabia. Quella mattina mi ero alzato all’alba per andare al mare con mio padre. Al nostro arrivo la spiaggia era ancora deserta fatta eccezione per un unico bagnante, in verità più che un bagnate questo bizzarro personaggio sembrava uno scultore folle, munito di martello e scalpello era intento a lavorare una grossa roccia che poco prima aveva faticosamente trasportato a terra dal mare. Il ritmico picchiare del martello sullo scalpello era di tanto in tanto interrotto da una misteriosa manovra, lo “scultore” con una lunga pinzetta estraeva dalla roccia frantumata qualcosa di scuro e affusolato che riponeva con cura in un secchio vicino. Incuriosito ricordo di essermi avvicinato e con grande meraviglia ho notato che quella roccia, per i tanti fori che la crivellavano, sembrava un’enorme fetta di Emmental. Nel secchio invece erano ammassati svariati “frutti” molto simili ai grossi e dolci datteri che si mangiano nel periodo natalizio. Vedendomi così stupito mio padre mi spiegò che quelli che io avevo visto erano si dei frutti, ma di mare, erano Datteri di mare, dalle nostre parti meglio conosciuti come  ‘e cannulicchie ‘e scoglio. Continua a leggere

‘E stufe a rena

‘E stufe a rena
di Ferdinando Fontanella

Il naturalista stabiese Ferdinando Fontanella scrive di suo nonno, lo scritto, racconta in modo semplice e veritiero uno spaccato di vita stabiese.

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica (coll. Catello Coppola)

Peccato per tutte quelle erbacce e quella immondizia, adesso che questa spiaggia era diventata così grande sarebbe stata il posto ideale per fare delle belle e salutari “stufe a rena”. A questo pensava Mastu Ciccio ogni qualvolta gli capitava di fare quattro passi lungo l’arenile di Castellammare. Immaginava i punti dove sarebbe stato più opportuno scavare le buche, si dilettava a calcolare quante persone avrebbero potuto beneficiare di quella sabbia calda e asciutta. Curarsi con le sabbiature, o per dirla con un termine medico che aveva sentito da un professore, la psammoterapia era, un tempo, uno dei grandi vantaggi che offriva la sua città. Una cura semplice e gratuita per guarire o alleviare i reumatismi, le artrosi. Un toccasana soprattutto per la gente più povera che per campare faceva lavori logoranti, mangiava poco e viveva nei bassi, case piccole e umide al piano terra o nei seminterrati dei palazzi del centro antico dove raramente arrivava il sole Un lungo e piovoso inverno passato in queste condizioni spesso lasciava profondi segni nello spirito e nel corpo. Segni dolorosi che solo l’arrivo della calda estate, del sole, dell’aria di mare e della sabbia potevano mandare via. Una sabbia costituita da un miscuglio di minerali unico al mondo, una ricetta i cui ingredienti erano stati portati dal vicino Vesuvio, dal Fiume Sarno e dai circostanti monti calcarei come il Faito. Una sabbia ricca di preziosi minerali che il sole asciugava e riscaldava fino ad una temperatura di 50-60 gradi. Continua a leggere