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Pozzano

Pozzano

di Giuseppe Zingone

Veduta da Pozzano, Anonimo

Godetevi voi il vostro divino Pozzano che sognai anche mio – e compatite chi va a fare la vita disperata e rabbiosa del reporter.1Queste le parole di una Matilde Serao, in procinto di partire per Venezia in qualità di giornalista.2 Continua a leggere

  1. Matilde Serao, Lettera ad Olga Ossani, Napoli, 12 settembre 1881.
  2. A Pozzano, rinomato “paese” di villeggiatura campano, posto sopra Castellammare, la Serao dedicò un lungo articolo. Chiquita, La leggenda di Pozzano, Capitan Fracassa, 23 luglio 1882.
Ugo Cafiero e famiglia

Un duello d’inizio Novecento: Cafiero – Ungaro

Un duello d’inizio Novecento: Cafiero – Ungaro

articolo del dott. Raffaele Scala

Caro Maurizio, ti invio una mia ricerca, che avrebbe meritato ben altro tempo per completarla, ma la pandemia prima e altri interessi dopo, hanno frenato la mia voglia di andare oltre, almeno per il momento. La ricerca è comunque a suo modo completa. Riguarda un duello del 1910 tra due giornalisti, uno già famoso, il nostro concittadino, Ugo Cafiero, di cui mi sono in passato occupato e di cui a suo tempo abbiamo pubblicato la biografia, e un altro destinato a diventare una stella nazionale, come giornalista, avvocato e uomo politico, Filippo Ungaro, un pugliese trapiantato a Roma. Colgo l’occasione per porgere ala redazione ed ai nostri lettori i migliori saluti. Raffaele Scala.


Villa Cafiero - in foto il giornalista Ugo Cafiero e famiglia.

Villa Cafiero – in foto il giornalista Ugo Cafiero e famiglia. Unica foto esistente, almeno a mia conoscenza.

Premessa

Il duello, ci dice il nuovo Zingarelli, è un combattimento che si svolge secondo speciali norme tra due contendenti con armi uguali (pistola, spada o sciabola) per risolvere controversie, specialmente d’onore. Si racconta che sia nato in Italia  e da qui diffuso nel resto d’Europa, ma già nel Vicereame di Napoli nel 1540, dimostrando una civiltà che altri non avevano ancora raggiunto,  il duello fu punito per legge. Con l’Unità d’Italia fu definito illegale ma vietato solo nel 1875. Ciononostante  le cosiddette classi elevate, nobili, ufficiali dell’esercito, ricchi borghesi, o presunti tali, non rinunciarono a battersi, tra pari, per difendere la rispettabilità, l’onore offeso, il proprio, quello di un familiare, della stessa Patria. oppure in nome della Giustizia. Celeberrimo è il duello nel quale perse la vita, il focoso e impulsivo radicale milanese, Felice Cavallotti (1842 – 1898), dopo essere stato gravemente ferito in duello con la sciabola dal giornalista, Ferruccio Macola, il cui braccio era ben più lungo dell’avversario[1]. Rimanendo in tema di giornalisti, meno famoso, forse, fu quello che vide coinvolto il noto scrittore francese, Marcel Proust (1871 – 1922) con Jean Lorrain (1855 – 1906), noto giornalista, poeta e scrittore, sfidato per averlo negativamente recensito. Altri raccontano per alcune maliziose insinuazioni sulle sue amicizie maschili. Lo stesso Lorrain, a differenza del giovane Proust, amava ostentare la sua omosessualità con la evidente volontà di dare pubblico scandalo.  Fortunatamente i colpi di pistola, due ciascuno, sparati il 6 febbraio 1897, andarono a vuoto e tutto finì senza  successive conseguenze. Meno importante è anche il duello con la sciabola tra Benito Mussolini (1883 – 1945), non ancora duce ma già direttore del Popolo d’Italia e il socialista, Francesco Ciccotti Scozzese (1880 – 1937), tra i fondatori del quotidiano romano, Il Paese, entrambi deputati. Il duello, avvenuto a Livorno nell’ottobre 1921, si interruppe a seguito di una crisi cardiaca del Ciccotti.[2]  Chiudiamo questa breve carrellata con Totò, ricordando che anche lui sfiorò il duello sfidando, nel  1950, il futuro Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, allora giovane e bigotto parlamentare.[3]

Il Fatto

Sicuramente ignorato dai più, ma per noi che scriviamo non meno importante, fu il duello tra due giornalisti, lo stabiese Ugo Cafiero (1866 – 1951) e il pugliese, Filippo Ungaro (1888 – 1977), entrambi dipendenti dei quotidiano napoletano, Il Mattino. Cafiero era caporedattore della redazione romana da diversi anni e tra i suoi collaboratori vi fu il giovane, ma non per questo meno ambizioso, Ungaro, destinato a luminosa carriera, non solo come pubblicista e giornalista, ma quale avvocato illustre e deputato per numerose legislature, dal 1921 al 1943.[4] Continua a leggere

Hélène d’Orléans a Castellammare

a cura di Maurizio Cuomo

Carissimi quella che vengo a raccontarvi oggi è una brevissima storia che intreccia la vita di Hélène d’Orléans duchessa di Aosta e la nostra Castellammare di Stabia, all’indomani del 2 giugno 1946.

Buona conoscenza a tutti!!!


Hélène d'Orléans duchessa di Aosta

Hélène d’Orléans duchessa di Aosta

Nel 1908 viene inaugurata a Roma la scuola per le infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana e l’anno dopo fra le allieve in divisa bianca c’è anche una signora alta ed elegante, Hélène d’Orléans, la moglie di Emanuele Filiberto di Savoia duca di Aosta, cugino di re Vittorio Emanuele III. Adesione prestigiosa, salutata con la massima soddisfazione dai vertici italiani della C.R.I. perché sin da subito la duchessa, in veste di crocerossina, si prodiga con dinamismo e coraggio in varie missioni. L’opera di volontariato prosegue negli anni e si consolida soprattutto durante la prima guerra mondiale, periodo nel quale Hélène dà ampia prova di bravura, carattere e di grande efficienza. Resistendo alla fatica e ai disagi, la duchessa è piena di iniziativa e di una severità che la fa giudicare intransigente: Hélène non si lascia intimidire dalle greche dei generali ai quali rivolge le sue richieste di provvedimenti quando si trova di fronte a situazioni intollerabili, un carattere duro che si scioglie quando è vicina ai malati e ai feriti a cui presta ben volentieri la sua assistenza.

Per le valorose opere intraprese in guerra, Hélène ottiene: una medaglia d’Argento al Valor militare, tre Croci al Merito di Guerra, due onorificenze francesi, una inglese, e la medaglia Florence Nightingale.

Hélène d'Orléans

Hélène d’Orléans

Terminata la guerra e riacquistata la pace, Hélène riprende a viaggiare. Stimata dalla Chiesa per la sua devozione e la sua carità, ossequiata dalla autorità, popolare tra la gente, la duchessa visita anche i bassi di Napoli e fra la miseria più nera si muove con naturalezza; persino Matilde Serao, la potentissima giornalista de “Il Mattino”, le dimostra una certa simpatia. Negli anni intrattiene rapporti amichevoli con D’Annunzio e con Mussolini. Vedova dal 1931, resta a Capodimonte, dove dimora per tutto il secondo conflitto mondiale. Sono anni di grandi dolori, la morte del figli lontani, il referendum che cancella la monarchia,  la fuga del re, ma Hélène resiste e va avanti.

Dopo il 2 giugno 1946, si ritira in un albergo a Castellammare di Stabia e quando Umberto impone a tutta la famiglia di lasciare il Paese, la duchessa non si muove. “Sire”, fa sapere al re, “sono diventata italiana e resto in Italia”. L’ultimo gesto di amore per quella che ormai era la sua patria è il dono nel 1947, alla Biblioteca Nazionale di Napoli del Fondo Aosta. Hélène d’Orléans duchessa di Aosta muore a Castellammare di Stabia il 21 gennaio 1951.


Libri consultati: “101 storie di regine e principesse che non ti hanno mai raccontato”, opera di Marina Minelli.


Per ulteriori approfondimenti si consiglia: 

La Duchessa d’Aosta Elena d’Orleans