Archivi tag: Gigi Nocera

C’era una volta

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

No! Sto sbagliando tutto. Sono soltanto le favole a lieto fine che iniziano così; invece…a Castellammare una volta esisteva, proprio nel centro cittadino, una bellissima spiaggia. La sua sabbia era di origine vulcanica, ma non so dirvi se fu creata dalla eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (eruzione descritta da Plinio il vecchio che in quei giorni si trovava a Stabiae proprio per osservare e studiare quel fenomeno). Ma lasciamo perdere questi cenni storici e veniamo alla realtà odierna. Dunque esisteva fino a qualche decennio fa questa bellissima spiaggia. Si allungava, suppergiù, dall’altezza della cassa armonica fino alla via che da Corso Garibaldi porta alla stazione delle FF.SS. Era larga più o meno 20/25 metri per poi rastremarsi ai due lati estremi. Il mare lambiva la murata che sosteneva e tuttora sostiene il terrapieno della Villa comunale. La base di questa murata era concava in modo tale da permettere alle onde che la lambivano di scivolare via con una debole risacca. Naturalmente era completamente coperta da erbe marine.

Banchina ‘e zì Catiello

Banchina ‘e zì Catiello

I ragazzi che dalla “Banchina ‘e zì Catiello” volevano raggiungere la spiaggia dovevano necessariamente passare su questo tappeto di alghe. Era quindi facile scivolare, cosa che avveniva sovente, e che molte volte è capitato anche a me, per fortuna sempre senza danni. Verso la fine della primavera/inizio estate sulla spiaggia venivano montati su palafitte due stabilimenti balneari, con relative rotonde e cabine spogliatoio. Queste si protendevano verso il mare per una decina di metri oltre la spiaggia. Sono certo che uno di questi stabilimenti si chiamava “La limpida”; l’altro, mi sembra, “Il moderno”. Continua a leggere

Napoli milionaria

Commozione e ricordi

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Napoli milionaria

Napoli milionaria

Caro Maurizio, è con vera commozione che ho letto lo scritto-ricordo del Signor Catello Nastro (rif.: “‘A Casciarmonica ‘e Castiellammare“). Naturalmente non c’è nessun commento da fare, salvo precisare che la guerra fu lo spartiacque fra i due periodi anteguerra/postguerra. Fra queste due epoche la vita cittadina subì una enorme metamorfosi, e non poteva essere diversamente dato i tragici fatti succedutesi nel frattempo. Fatti e atmosfere ben evidenziati anche nelle pagine conclusive del bel libro della Signora Amendola “La luna a striscie”, che io ho avuto l’onore e il piacere di leggere in anteprima.
Nell’anteguerra (epoca che mi ha visto prima bambino, poi adolescente) la vita si svolgeva con tranquillità, staticamente. Salvo quando qualche operaio del nostro glorioso Cantiere Navale veniva messo “a spasso” per una temporanea mancanza di lavoro. Allora la città entrava in relativa fibrillazione per qualche tempo. Poi la nostra innata filosofia (dimane Dio ce penza) ci rendeva pazienti e speranzosi. La solidarietà dei vicini e dei negozianti faceva il resto. Dopo la guerra invece era subentrato un altro clima. Si lavorava per rimuovere le macerie morali e materiale (e qui è inutile ricordare la “Napoli milionaria” di Eduardo). Continua a leggere

Libreria Canzanella (Piazza Municipio)

Librerie a Castellammare (Canzanella)

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Libreria Canzanella (Piazza Municipio)

Libreria Canzanella (Piazza Municipio)

In quegli anni frequentavo la scuola elementare che si trovava nel palazzo della stazione meteorologica in Piazza Municipio. Per raggiungerla, da Santa Caterina dove abitavo, percorrevo tutta via del Gesù. Poco dopo la chiesa e prima di arrivare in Piazza Municipio, a sinistra, sotto l’androne di un palazzo c’era un negozio di dolciumi con le vetrinette poste a fianco del portone. Era una piccola fabbrica anche di biscotti ed io, ogni tanto, quando avevo a disposizione qualche centesimo o soldino entravo in questo androne e chiedevo di darmi il corrispettivo in biscotti rotti, quelli cioè che si erano danneggiati durante la confezione e non potevano essere messi in vendita. La nostra domanda era sempre la stessa: “Signò mo date ‘nu sordo ‘e mozzicone?”. E da questo negozio uscivamo con dei cartocci piene di prelibatezze che ci consolavano durante l’intervallo fra una lezione e l’altra.
A quei tempi, proprio di fronte alla scuola c’era il vecchio ospedale San Leonardo. Ed al piano stradale c’era anche la libreria Canzanella che vendeva libri, giornali e cartoline. Continua a leggere

Chiesa della Madonna di Porto Salvo

Gli odori, i rumori ed i sapori di Stabia

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Gli odori, i rumori ed i sapori di Stabia degli anni ’30
( nei ricordi di un bimbo di allora )
Chiesa della Madonna di Porto Salvo

Chiesa della Madonna di Porto Salvo

Avrò avuto 6 o 7 anni, quindi siamo nel 1929/30. Abitavamo nel palazzo dell’Acqua della Madonna (da tempo abbattuto). Si trovava poco oltre la Chiesa della Madonna di Porto Salvo, proprio di fronte all’Acqua Acidula. Dai suoi balconi si vedeva la fonte dell’Acqua della Madonna che scorreva proprio sulla banchina; ed in lontananza il molo del Cantiere Navale.
Al fondo della strada, proprio adiacente agli stabilimenti delle Vecchie Terme, vi era un orto-giardino curato da un certo don Alfonso. Oltre ad ortaggi e fiori questo contadino cittadino allevava anche qualche maialino e qualche gallina. Quando si entrava in questo recinto sembrava di essere proprio in campagna: odore di stallatico, di terra bagnata e predominava su tutto il profumo delle rose. Ah! Che profumo!! Dopo quasi ottanta anni, quando ci penso, questo profumo lo sento ancora nelle narici e nel cuore: indimenticabile! Invade i miei ricordi, il mio animo. Forse perché da bambini certe sensazioni restano a segnare le tappe del trascorrere del tempo e quindi incancellabili.
Quando era la stagione dei piselli e delle fave, mia mamma, dopo aver sbucciato questi ortaggi, mi incaricava di portare a don Alfonso i baccelli. Il compenso erano tre/quattro rose gialle o rosse che io poi portavo a casa. Nel breve tragitto da percorrere per raggiungere la mia abitazione io quelle rose me le stringevo al petto aspirandone appieno il loro profumo. Forse per questo quel profumo è ancora con me! Continua a leggere

cosa magiavamo

Cosa mangiavamo

Gli anni ’30 a Castellammare
(nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera)

Cosa mangiavamo

Cosa mangiavamo

Nei giorni scorsi ho finito di leggere “La città dolente”, un bel libro scritto da Axel Munthe,1 con il quale l’autore (avendoli vissuti da protagonista), descrive i giorni del colera che afflisse Napoli nel 1884-1885. Questo medico/scrittore svedese fra le tante osservazioni che fa sul comportamento delle autorità sanitarie del momento, biasima che le stesse schernivano le superstizioni dei “lazzaroni” e che proibivano le processioni che avevano lo scopo di ingraziarsi la Madre di Dio affinché facesse finire questo dramma. E Axel Munthe scrive: “Ma cosa avevano da offrire (le autorità ai fedeli) al posto della loro fede oscura, ma solida come la roccia? Ah, si, regole sanitarie, da considerare come una presa in giro della loro povertà: avvisi stampati, che pochi sapevano leggere e nessuno comprendere, che raccomandavano di vivere in stanze aerate, di evitare frutta e verdura, di mangiare carne e, soprattutto, di disinfettare con acido fenico o con il sublimato corrosivo. Che ha a che fare con il prof. Koch e i suoi microbi l’ottuso cervello di un povero lazzarone? Come deve fare per “arieggiare la stanza” lui, che vive con dieci dodici altre persone in uno di questi fondaci, nei quali non penetra mai la luce del giorno? E deve scegliersi cosa mangiare, lui, le cui finanze, anche quando va benissimo, non gli permettono di spendere più di uno o due soldi al giorno, lui, che mai in vita sua si è potuto permettere il lusso di mangiare carne?” Continua a leggere

  1. Axel Munthe, medico e scrittore svedese visse a cavallo dell’800 e ‘900. Si dedicò soprattutto alla professione medica, prodigandosi instancabilmente per chiunque, poveri (principalmente) o ricchi, avesse bisogno della sua opera. Innamorato dell’Italia, si stabilì a Capri dove acquistò e restaurò il convento di San Michele cui s’intitola l’opera autobiografica che, come scrittore, gli ha dato fama internazionale.