articolo di Maurizio Cuomo
Sarebbe grave mancanza, non menzionare nella rubrica tradizioni, questo gioco di antica origine (il primo manuale di “Tressette” fu edito dal Chitarrella nel 1750), per cui “Libero Ricercatore”, senza alcuna pretesa esplicativa di regole di gioco, ne darà un breve accenno. Chi non possiede in casa un mazzo di carte napoletane? O non ha tentato almeno una volta di giocare a scopa? Ebbene, sono proprio queste piccole cose di uso comune, troppo spesso dimenticate dal sottointeso abitudinario, alle quali dovremmo prestare più attenzione. Questa convinzione mi è venuta alcuni giorni fa, quando nel pieno delle ferie estive, mi sono accostato ad un tavolo da gioco di “Tressette”, improvvisato da quattro amici. Dal basso dei miei pochi rudimenti di gioco conosciuti, ho assistito alla partita guardandola dall’esterno, per cui (non distratto dall’evolversi del gioco), ho prestato esclusivamente l’attenzione sui comportamenti dei partecipanti. Con mia sorpresa, ho notato un mondo sommerso, messo in ombra dagli aspetti esteriori delle regole di gioco, che va dalla discussione post-partita (inevitabile per i diversi modi di vedere la giocata, che quasi sempre, si estende al di fuori del tavolo fino ad arrivare agli immancabili spettatori), alla straordinaria espressività dei pittoreschi termini di gioco usati. Diversamente dai numerosi luoghi comuni che vedono le “carte da gioco” come uno strumento negativo (ogni qualvolta subentrano scopi di lucro), oggi, alla luce della suddetta esperienza, considero il gioco delle carte (chiaramente solo se fatto a fini associativi), un possibile diversivo tradizionale (ma, sempre attuale) per integrarsi nel contesto sociale, ed un ottimo mezzo per tenere in allenamento la mente. Continua a leggere