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Nascita di Castellammare di Stabia

articolo del prof. Giuseppe D’Angelo

(tratto da: I Luoghi della Memoria. Il centro antico di Castellammare di Stabia. Pompei, Tip. F. Sicignano, 1990. Eidos, Nicola Longobardi Editore. Pagg. 39 e 47)

Pacichelli, Castellammare 1701, collezione Gaetano Fontana

Pacichelli, Castellammare 1701, collezione Gaetano Fontana

Per la sua conformazione orografica la città di Castellammare di Stabia è, per così dire, articolata su due livelli. Un’angusta collina di forma semicircolare che l’avvolge, da Pozzano, le Fratte, Quisisana, Monte Coppola, Scanzano, Varano, e una pianura stretta all’inizio, sul lato sud, che man mano si amplia procedendo verso nord, formata prevalentemente da una serie di piattaforme alluvionali.

E’ da presumere che nell’antichità la pianura fosse molto più esigua di oggi, per cui i primi abitanti delle nostre terre edificarono le proprie abitazioni proprio sulla collina. A conferma di ciò va ricordato che gli scavi effettuati – sia sistematicamente sia a caso – hanno riportato alla luce antichi reperti proprio a Pozzano (nel XVI secolo), le Fratte, Quisisana (secc. XVIII-XX), Monte Coppola (sec. XX) e, principalmente a Varano (secc. XVIII-XX), come noto a tutti; anche se ritrovamenti sporadici vengono segnalati sin dal sec. XVI.

Dall’esegesi storica di alcuni documenti si deduce che prima del periodo angioino era impossibile abitare a valle, perché luogo paludoso, e perciò soltanto dal 1284 inizia il movimento migratorio dalle colline di Visanola a valle. Continua a leggere

Don Rodolfo Spagnuolo

L’antico Caffè Spagnuolo

L’antico Caffè Spagnuolo
( a cura del prof. Giuseppe D’Angelo, testo tratto da: “Rivivi la Città” )

Caffè Spagnuolo

Caffè Spagnuolo (opera del m° Umberto Cesino)

 Il canonico don Agnello Spagnuolo, avendo comprato l’antica torre del Quartuccio, che, trasformata sin dal 1824 dai fratelli Luigi e Baldassarre Parisi per loro residenza, dopo varie rifazioni aveva acquistata una strana forma ottagonale nel 1872 vi inizia radicali lavori per ridurre l’immobile allo stato attuale. Vi impianta un Caffè al pianterreno ed un piccolo albergo al primo piano. Col tempo il Caffè diventerà celebre in tutto il circondario, per le specialità dolciarie e per la presenza in esso di personaggi che caratterizzeranno un’epoca: da Scarfoglio a Matilde Serao, dall’ammiraglio Acton a Emilia Cito principessa di Santobono, da Eugenio e Giuseppe Cosenza a Ciro e Luigi Denza, dal principe di Marsiconovo al marchese Pellicano, dal barone Toscano al principe di Sant’Antimo, dal conte Coppola al comm. Eduardo de Martino, da Vincenzo Migliaro a Vincenzo D’Angelo, da Piero Girace a Michele Prisco.

Brevi note su San Catello, intervista a Giuseppe D’Angelo

San Catello nei pressi di Largo Spirito Santo

San Catello nei pressi di Largo Spirito Santo

Brevi note su San Catello, intervista a Giuseppe D’Angelo

di Corrado Di Martino

La devozione a San Catello è qualcosa di viscerale, di profondo; ho visto non credenti e bestemmiatori, rimanere attoniti in silenzio, al passaggio della “macchina da processione”. Ho visto fedeli piangere, altri, sentire scorrere dietro la schiena, quel brivido che tocca nel profondo, senza conoscerne la causa. Ho visto petali di fiori, lentamente, cadere dai balconi. Ho visto donne in preghiera, bambini con le mani giunte seguire il corteo del Santo, altri sventolare vessilli di carta o fazzoletti immacolati. Ho visto invalidi, sospinti da amorevoli parenti in processione o ai balconi, mostrare la propria devozione a San Catello. Ho visto, fotografi, cinereporter, curiosi, agenti delle forze dell’ordine, operai speranzosi, suore, mercanti e musicanti. Una liturgia ultra-generazionale, una liturgia eterna, se rapportiamo l’eternità alla nostra esistenza passata e futura. Ma quanto conosciamo il nostro Santo? Sappiamo da dove viene il nome Catello? 

In questa intervista, rilasciataci dal famoso storico stabiese e ricercatore di cultura e tradizioni locali; Giuseppe D’Angelo, viene spiegata, mentre la processione procede lenta, l’etimologia del nome Catello; è un nome latino o, etimologicamente, è greco? Intanto, riprendendo un’idea, un desiderio mai realizzato di don Gennarino Somma, il professor D’Angelo, invita la cittadinanza e le forze sane, a mobilitarsi per proporre San Catello, Patrono di Stabia, come Santo Protettore dei rifugiati, degli esuli, dei perseguitati da guerre e violenza. Il 15 gennaio di ogni anno, ricorre la giornata mondiale del rifugiato e del migrante, festeggiarne il Santo Protettore il 19, sarebbe un inestimabile vanto per la città.

Il Solstizio…

Il Solstizio…

di Corrado Di Martino

Un’attenta lettura, e l’altrettanto attenta considerazione di un fatto miracoloso descritto in un testo antico; hanno avviato nel naturalista Nando Fontanella, una geniale intuizione.

La chiesa di san Michele al Molare (riprodotta fedelmente dal geom. Esposito Sansone Catello)

La chiesa di san Michele al Molare (riprodotta fedelmente dal geom. Esposito Sansone Catello)

Il testo antico è L’Anonimo Sorrentino, un volume antico, del nono secolo, pervenutoci ad opera del teatino Antonio Caracciolo, che lo aveva tratto a sua volta nel 1626 da un remoto codice beneventano, che in una sorta di latino medievale, narrava la vita dell’abate Antonino. Questo testo, è stato condotto in traduzione ai più e a noi, dal professor Giuseppe D’Angelo: -già dal II secolo dopo Cristo e fino a tutta la seconda metà del 500, si susseguirono scorrerie barbariche,  che portarono lentamente alla caduta, la parte occidentale dell’Impero Romano. La piana del Sarno, fiume al tempo navigabile, gli acquitrini e le paludi che lo circondavano, resero vani gli attacchi della cavalleria longobarda; inutilizzabile anche per gli efficaci livelli di difesa allestibili sui monti Lattari. L’antica città stabiana, quindi, acquisì un’importanza vitale per quanti vi si sarebbero rifugiati, per sottrarsi alla ferocia barbara. In questo tratto temporale, si leva alla storia la figura del Vescovo di Stabia, Catello; particolarmente incline all’accoglienza solidale è detto “Santu Catiello, ‘o santo d”e furastiere”; il patrono dei forestieri. Le incursioni longobarde, fra 580 e 589,  arrivarono a razziare e devastare, finanche, il monastero di Montecassino, fu così che l’abate Antonino,  riparò presso il vescovo della Chiesa di Stabia. Nacque un sodalizio indissolubile, basato su stima e fiducia reciproca. Dediti alla preghiera sul monte Faito, i due santi ebbero una visione, l’Arcangelo Michele, gli esprimeva un volere: – Volo, inquit, ut in quo loco vos orationibus insistere soletis, et ubi cereum ardentem nuper vidistis, oratorium sub meo nomine construatis. Che il professor D’Angelo, in questo breve contributo, ci traduce in- Voglio, che in quel luogo in cui siete soliti attendere con zelo alla preghiera e dove dianzi vedeste un cero ardente, costruiate a mio nome un oratorio…

Il cero ardente, potrebbe essere il Molare che durante il solstizio d’inverno (20-:-25 dicembre di ogni anno) al passare del sole, assume l’aspetto di una candela accesa. Il gruppo Escursionisti Stabiesi e la troupe de’ l’Altra Rete project, hanno filmato il fenomeno, la suggestione vissuta ha davvero dello straordinario; buona “visione”.

 

Mentre ‘o miedeco sturéa ‘o malato se ne more!!!

editoriale di Maurizio Cuomo

Estremamente emblematico, questo vecchio adagio dialettale la dice lunga sulla saggezza popolare tramandataci dai nostri padri; ebbene, titolo migliore, a mio personale avviso, non potevamo dare alla delicata questione dell’archivio storico comunale “sfrattato” che per sua/nostra sfortuna, non trova la dignità di una fissa dimora.

Ma veniamo brevemente ai fatti: per chi non lo avesse ancora inteso, l’archivio storico in questione è quello della città di Castellammare di Stabia, da diversi mesi traslocato nei locali di una scuola di periferia, in attesa che gli venga assegnata una più dignitosa residenza. A sollevare l’importantissima questione è il prof. Giuseppe D’Angelo, Soprintendente Onorario all’Archivio Storico Comunale “Catello Salvati” di Castellammare di Stabia, che in un’intervista/denuncia su di un quotidiano, notifica a chiari parole quanto sia inappropriata l’attuale sede che attualmente ospita la preziosa documentazione.

Articolo del prof. D'Angelo

Articolo del prof. D’Angelo

Preso coscienza dell’importante problematica liberoricercatore non poteva esimersi dal manifestare, seppur sotto forma di modestissimo editoriale, il suo personale pensiero: la posta in palio è troppo alta e non abbiamo tempo da investire in inutili chiacchiere (qui rischiamo di perdere un inestimabile patrimonio di cultura stabiese).

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