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Castellammare 1947

di Giuseppe Zingone

Castellammare 1947

Castellammare di Stabia

E’ Napoli la città più bella e misteriosa al mondo, è inutile cercare, sotto il Vesuvio trovi tutto ciò di cui hai bisogno, un capoluogo unico, impareggiabile, irriproducibile da mano d’uomo. Solo qui i tasselli sono tutti perfettamente ordinati e disseminati simultaneamente, un progetto ultimato ed incompleto, stravagante e razionale del buon Dio.
Queste affermazioni per molti versi campanilistiche, non sono dimentiche dei drammi che in essa continuamente si consumano, vivono e ahimè vivranno anche dopo di noi. Sono urla che continuamente ascendono al cielo senza trovare soluzione immediata ma che sono indissolubilmente legate a tutto ciò di buono e di bello in questa città viene prodotto. Il male e il bene qui si aggrovigliano, come il serpente al ramo lasciandoci sconvolti, il volto tra le mani ed in esso una lacrima ed un sogghigno si confondono. Ma riusciremmo a pensare noi stessi e questa città in maniera diversa in un posto qualsiasi del mondo?
Chiedo al lettore di questo sito: Sono più romano o napoletano? Quale è la mia prima lingua pensata? Quella in cui mi sforzo di parlare o quel dialetto che fuoriesce violento e impetuoso come un Vesuvio in eruzione? Le battute ironiche, sarcastiche, sono più efficaci in milanese, in veneziano o sacrileghe e sante “dint’a lengua nosta?
Insomma io sono io… e non solo perché riesco a pensare, ma perché ho tutta una serie impazzita di geni ereditati da innumerevoli razze, a volte anche violenti, che si divertono a rincorrersi nel mio corpo, una maratona senza fine che si svolge in questo caduco involucro animato, dove non manca nessuno; è una tragedia ed una commedia insieme, un basso napoletano dove tutti, cromosomicamente parlando, sono costretti a convivere perché non saprebbero dove allogare altrimenti; gli attori principali sono tutti quelli che hanno assoggettato le nostre latitudini, vincitori e vinti. Speriamo solo di metterci tutti d’accordo prima o poi, per non dare a chi ci guarda di sbieco, l’impressione di non essere partenopei.
Morendo spero di dover dire come altri prima di me: “Purtateme a vedè sta Terra Mia!” e spirare come se si stesse firmando tutt’insieme vivi e morti, un armistizio o come se si fosse a pranzo in un’antica trattoria sul mare con un piatto di spaghetti ai frutti di mare e gli occhi avvolti dalla luce del sole riflessa dalle onde.
Ma prima di ciò vi presento una pagina sulla nostra Città del 1947, firmata dal giornalista e critico cinematografico Giuseppe Marotta, napoletano, grande scrittore forse troppo dimenticato, il quale diventa ogni giorno di più il mio precettore. Leggendo i suoi libri ti perdi e ti ritrovi, ridi e piangi, ti addormenti felice e ti svegli sempre a Napoli. Il pedagogo che mi ha condotto per mano alla scuola di tanta arte è un uomo che non ama essere citato (ma ch’io amo!) tutti gli appassionati del liberoricercatore lo conoscono e apprezzano, Buona Lettura e che buon pro ci faccia…

Via Mazzini, La nostra piccola via Toledo

Via Mazzini, La nostra piccola via Toledo

Castellammare di Stabia 1947

Sono pusillanime, non reggo alla vista dei soffe­renti, uscendo dall’Ospedale dei Pellegrini mi di­cevo: “Domani vado a dare un’occhiata ai paesi della riviera”, e così feci. La mia prima tappa fu Castellammare di Stabia, l’antica cittadina di cui su­bito si pensa: qui i vecchi industriali e commercianti milanesi dovrebbero venire a trascorrere i loro ul­timi anni, s’intende dopo aver lasciato le loro aziende in mani sicure, e salvo a telefonare ogni sera istru­zioni e rimbrotti. Castellammare è una celebre stazio­ne climatica, balneare e termale; irta di ciminiere pe­rò, disseminata di officine e di fabbriche, piena di bu­ste-paga, sorvolata da estrose nuvolette che potrebbero benissimo simulare, per i canuti uomini di cifre riversi nelle amache, i più lusinghieri diagrammi. Continua a leggere

Amilcare Sciarretta e la croce luminosa

Amilcare Sciarretta e la croce luminosa

di Giuseppe Zingone

Amilcare Sciarretta

Amilcare Vincenzo Sciarretta nasce a Termoli (Campobasso) il 23 Settembre 1895 da Basso Sciarretta e Giulia Plantulli.1

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  1. Amilcare Vincenzo Sciarretta, Archivio di Stato di Campobasso, libro delle nascite anno 1809-1918, numero d’ordine 149.

Otto mesi in Italia 1849

Otto mesi in Italia 1849

di Giuseppe Zingone

Carl Wuttke, Vista dal Golfo di Napoli, olio su pannello, 32 x 47.5 cm, opera apparsa su verimportantlot

Oggi Castellammare ha un ruolo molto marginale rispetto al passato. A livello turistico è quasi scomparsa ed evito di rifare il solito elenco; dal punto di vista politico, nessuno è riuscito mai a far decollare questa città, eppure le risorse (almeno quelle naturali) c’erano tutte. Qualche volta leggo i “post” che si succedono in rete, su questo meraviglioso luogo che è la mia terra. Inevitabilmente m’imbatto in commenti politici o denigratori nei confronti di quelli che hanno amministrato. Ma dove eravamo noi che abbiamo permesso questo scempio? Noi che abbiamo rinnegato le scelte (anche morali) fatte dai nostri avi. Siamo certi che i nostri colori, quando abbiamo contrassegnato la scheda elettorale, (oggi regna il pericolosissimo astensionismo) erano la scelta migliore possibile? A cinquant’anni suonati, credo che abbiamo lasciato una magrissima eredità ai nostri figli, un scarso senso civico e un remoto rispetto per il prossimo. Inoltre dovremmo coscienziosamente chiederci: Quale contributo positivo ho dato alla mia Città? Ed è per questo che pur essendo assente dal territorio, cerco in ogni modo di preservarne la memoria. Continua a leggere

Antonio Bazzini a Castellammare

Antonio Bazzini a Castellammare

di Giuseppe Zingone

Dei numerosi ospiti della nostra Castellammare di un tempo, riemergono grazie alla ricerca tante notizie (come piccole fenici rinascono dalle loro ceneri) e grazie alla vastità di dati immessi nel web riusciamo anche a dare un volto a questi illustri personaggi. Essi giungevano nella nostra città, per viaggio, per lavoro, per svago, godendo della bellezza dei luoghi, in un tempo non molto lontano dal nostro, epoche però, che sempre più frequentemente oggi, rimpiangiamo.

Antonio Bazzini, compositore e violinista, Archivio storico Ricordi

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Il Real teatro Francesco primo

Il Real teatro Francesco primo

di Giuseppe Zingone

Il Real teatro Francesco I, foto Corrado di Martino

Così è scritto nell’Antologia storica di Michele Palumbo, Stabiae e Castellammare di Stabia: “Pochi, anzi pochissimi sanno che dove oggi è la villa Perna, fino al 1859, sorgeva un teatro, che per la sua bellezza, per l’eleganza delle sue linee, per la sua importanza artistica, era ritenuto fra i migliori della Campania, dopo il R. Teatro San Carlo ed il Teatro del Fondo di Napoli”.1

Altra interessante notizia ci viene da Mario Rinaldo che scrive: Per completare la densa rassegna musicale del 1829 (anno in cui, oltre al teatro ducale di Parma, s’inaugurò anche il teatro Francesco I di Castellamare di Stabia, con un lavoro del Pacini).2

Ed ecco la sintesi dell’inaugurazione sulla Gazzetta di Milano:
Regno delle Due Sicilie
Napoli 21 Agosto
I pubblici manifesti annunziano per dimani l’adempimento del Teatro Francesco Primo recentemente costruito in Castellamare. Gli artisti de’ Reali Teatri vi daranno la prima rappresentazione che sarà la Prova d’un Opera Seria. Verrà dagli attori medesimi cantato un Inno allusivo alla circostanza messo in musica dal maestro Pacini.3
(F. di N.)4

Quello che interessa al lettore sulla storia del teatro di Castellammare, lo si può leggere in questo magnifico e completo tomo di cui abbiamo già parlato nell’articolo: Vice consoli a Castellammare, tratto da Michele Palumbo.

Volevamo aggiungere, inoltre, due notizie interessanti sulla vita del Real teatro, che abbiamo trovato in alcuni documenti, le opere architettoniche non ci possono parlare di sé stesse, ma quante storie ci potrebbero menzionare sull’importanza che hanno rivestito nel tempo del loro splendore. Oggi ridiamo la parola al Real Teatro Francesco I, attraverso queste testimonianze giornalistiche dei fasti che furono.

CASTELLAMMARE. Nel Teatro Francesco I.
In Castellammare agisce una compagnia di musica quella diretta dall’Impresario Giovanni Paladino5la quale è stata molto bene gradita da quel pubblico; ella ha dato prove di capacità tanto nel buffo che nel serio, eseguendo il Ventaglio, il Ritorno di Pulcinella da Padova, il Campanello e la Lucia di Lammermoor di Donizetti. I principali attori che la compongono sono la Poggetti prima donna, (Giovanni n.d.r.) Varriale primo tenore, Vitelli primo basso, Bressou buffo6— La medesima compagnia è disponibile dal primo settembre in poi.7

Il retro del teatro fortemente rimaneggiato, foto Giuseppe Zingone

L’Orfanella Bellotta

La Michelina Bellotta di Palermo, fanciulla di anni nove, che arreca gran maraviglia coll’arte, facilità e grazia che ha nel sonare il pianoforte, va mostrandosi in vari esperimenti, ne’ quali sorprende come in sì tenera età possa tanto saper fare; ed in cui il difetto naturale di maggior sviluppamento della parte intellettuale vien compensato largamente dalla feconda propensione alla bell’arte dell’armonia, che in cotesta fanciulla ha la forza di facilitarlo ed anticiparlo meravigliosamente.
Oltre l’accademia che diede in Napoli nel passato maggio, che fu il suo esordire al Pubblico e che ne ottenne ampi suffragi, come tutti i nostri giornali dichiararono, ne ha date da ultimo altre tre in Aversa, Torre Annunziata, e sul teatro di Castellammare, nelle quali ha raffermata lodevolmente e con ammirazione la sua bella fama, ed il progresso che va facendo nel miglioramento. Nè le sensazioni momentanee del Pubblico concorrono per questa cara fanciulla, ma l’approvazione autorevole dì rinomatissimi professori dell’arte medesima, signori Coop e Cerimele, e di valorosi maestri di musica, tra’ quali primeggia l’egregio signor Mercadante, che siamo assicurati averne fatti lusinghieri elogi. La sventura tien pure sua vittima
questa fanciulla, e piaccia a Dio che non abbia ad opprimerla del tutto: ha perduto il genitore in sì tenera età, che era onesto impiegato, e le ha la lasciato in retaggio la squallida miseria.
Infelice ragazza, essa corre i paesi sotto amica e provvida tutela, invocando soccorso non solo a lei, ma a due fanciullini, suoi fratelli, ai quali essa è prima di età, e così di buon’ora n’è divenuta il sussidio, il conforto e la direzione. Ma può essa provvedere a tanta urgente necessità, a tanti mali coll’incerto e troppo angusto utile che ritrae così stentatamente dalla sua abilità musicale? Quale stato per questa desolata famiglia di fanciulli inesperti, e che si sventuratamente si son gittati in una vita attiva, agitata e piena di pericoli? Pericoli che sono molti, imminenti e disastrosi sotto molti aspetti; e tra questi è il minore sicuramente quello delle privazioni e della stessa miseria.

Avventurosamente sentiamo che alcune anime gentili e generose, prese di nobile e pio sentimento, saranno le prime ad aprire una sottoscrizione per accumulare un sussidio mensile a questi orfanelli infelici, che serva di baluardo ai mali che li minacciano, maggiori eziandio di quelli che or soffrono; e divenga l’àncora salutare, e la bella speranza di potersi la virtuosa suonatrice perfezionare nell’arte sua, e così un giorno salire a quella gloria che non le potrà certo mancare.

Che noi possiamo presto pubblicare di essersi effettuato questo pietoso ed onorevole sentimento, e con esso i nomi de’ generosi ad onor loro e del nostro paese! Oh, come debbono essi godere del pensiero di dar la vita non solo a tre infelici orfani, ma sottrarli da’ pericoli, addrizzarli a coltura ed onore, e facilitare la gloriosa rinomanza di una giovane artista. Bel monumento di onore e di venerazione alla scintilla del genio che la Provvidenza ha ispirato nell’orfanella Bellotta!

S. R.8

Il tearo Francesco I, immagine tratta da Stabiae e Castellammare di Stabia

Leggi anche: Storia del fu teatro Francesco I, di Martina Cesarano

Articolo terminato il 15 Giugno 2022


 

  1. Michele Palumbo, Stabiae e Castellammare di Stabia, ed Fiory, 1972, pag. 197 e 198
  2. Mario Rinaldi, Felice Romani dal melodramma classico al melodramma romantico, Edizioni de Santis, 1965, pag. 231.
  3. Pacini Giovanni nacque a Catania l’11 febbraio 1796, e morì a Pescia, il 6 dicembre 1867, è stato un compositore italiano molto apprezzato, che ricevette molte riconoscimenti reali, tra cui una lettera d’encomio proprio da re Francesco I, anche la stampa dell’epoca lo osannava, come il Piccolo Corriere delle Dame del 1° ottobre 1825: Pacini è di ultima moda presso l’impresa dei reali teatri. Pacini al San Carlo, Pacini al Fondo e Pacini scrive per 19. Per chi fosse interessato alla sua biografia: Giovanni Pacini, Le mie memorie artistiche, Guidi 1865, pag. 148.
  4. Gazzetta di Milano, numero 45, del 3 Settembre 1829.
  5. Nel 1853, Giovanni Paladino è a Reggio Calabria, con una compagnia tutta rivisitata ed accresciuta: Prime donne assolute, Matilde Calì Mugnone colla scelta delle parti e Alessandrina Castellucci. Primi tenori assoluti sig. Agostino Pagnoni e Carlo Soldini. Primo baritono assoluto sig. Luigi Vendemmia. Primo basso sig. Giovanni Lauri. Comprimaria e generica signorina Giuseppina Sedelmajer. Primo tenore generico sig. Giovanni Variale. Secondo tenore Sig. Vincenzo Raimondi. Buffo napoletano sig. Francesco Parisi. Terza donna signora Marietta Messina Raimondi. Numero dodici coristi d’ambo i sessi. In IL PIRATA, Giornale di Letteratura, Varietà e Teatri, ANNO XIX, numero 36, del 3 Novembre 1853, pag. 144. Vedi anche: L’Italia musicale, giornale dei teatri, di letteratura, belle arti e varietà, Anno IV, 23 Ottobre 1852, pag. 339.
  6. Il buffo, ossia quella categoria di attori, che deve il suo nome all’opera buffa e che comprende quei tipi fissi, interpretati dai migliori attori della compagnia e riproposti costantemente di commedia in commedia sempre con lo stesso nome-ruolo, come Pulcinella Cetrulo, Pascariello Carota, don Pangrazio Cocozziello e i tre buffi di cui ci si occuperà in questo paragrafo: don Asdrubale Barilotto, Anselmo Raganelli e il guappo napolitano. In: CARMELA DE PINTOFRANCESCO SGUERA, Il carattere del nome nel teatro napoletano dell’Ottocento, pag. 103.
  7. IL PIRATA, Giornale di Letteratura, Varietà e Teatri, ANNO VII, Venerdì giorno 27 Agosto 1841, numero 17, pag. 68.
  8. IL PIRATA, Giornale di Letteratura, Varietà e Teatri, ANNO IX, Numero 27 di Martedì 3 Ottobre 1843, pag. 106.