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“ ‘O ppane cu’ ‘a tessera ” …e altro ancora!

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

 Dove si narra della necessità di “tirare la cinghia”:

Non nascondo l’imbarazzo che mi coglie quando i cari amici del Libero Ricercatore mi chiedono di parlare di cose e casi che mi hanno visto testimone.
Tutto ciò mi lusinga e mi preoccupa allo stesso tempo. Mi lusinga perché vuol dire che quanto da me raccontato finora ha trovato una gradevole accoglienza e curiosità. E mi convince altresì che le persone non sono mai sazie di apprendere cose delle quali non sono state testimoni e che neanche i libri più accurati possono ricordare.
La preoccupazione invece nasce dalla consapevolezza di non essere sempre all’altezza delle aspettative. Ma per non tradire le interessate curiosità non mi tiro indietro: tanto, alla mia età (ho 87 anni), posso farmi la pipì addosso e dire che è champagne, e nessuno può eccepire. Ormai non ho più nulla da perdere! Allora eccomi a parlare del “ppane cu’ ‘a tessera”.

'O ppane cu' 'a tessera: Tessera per alimenti (Comune di Castellammare di Stabia).

‘O ppane cu’ ‘a tessera: Tessera per alimenti (Comune di Castellammare di Stabia).

A parziale correzione di quanto ho potuto leggere in qualche blog, il razionamento delle derrate alimentari non venne imposto dal regime fascista, perché “fascista”; ma venne adottato durante l’ultima guerra mondiale perché scarseggiavano effettivamente. La maggior parte di quello che si coltivava e si produceva (farina, olio e poi bestiame, uova, ecc.) veniva destinata alle forze armate. Quello che rimaneva (e non era molto) era a disposizione della popolazione civile. Quindi fu necessario razionare per dare a tutti un po’ di tutto. Continua a leggere

vespucci

Il varo della Vespucci

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Caro Maurizio, nel febbraio del 1931, 18 di qual mese avevo compiuto 8 anni, durante la festa di compleanno un mio zio, Antonio Celotto, che era impiegato al Cantiere non so con quali incarichi, mi promise che qualche giorno dopo mi avrebbe portato ad assistere al varo della Vespucci. E difatti, così avvenne. Quattro giorni dopo, mia madre mi addobbò di tutto punto e preso per mano da questo mio parente entrammo al Cantiere, dove subito mi portò sul palco posato accanto alla nave. La stessa vista da vicino e dal basso ai miei occhi di bambino mi sembrava enorme. Dopo poco giunsero le autorità e iniziò la cerimonia. Ascoltai alcuni discorsi dei quali non capii nulla, sia per la pessima acustica (sai allora non esistevano i mezzi tecnici appropriati), sia per la lontananza da chi parlava. Dopo pochi minuti vidi questo gigante muoversi prima lentamente poi più velocemente, ma non tanto, da non ammirarlo nella sua grandiosità e bellezza. Fra grida di gioia ed entusiasmo dei presenti sul palco me lo vidi sfilare davanti, maestoso. Avendo avuto il tempo e la possibilità di ammirarlo da vicino, mi avevano colpiti certi particolari, come per esempio i fregi che adornavano la prora e la poppa, seppur non completati. Io sono sempre stato molto curioso, fin da piccolo, e per completare la mia “conoscenza” della nave chiesi a mio zio se potevo andarci a bordo. E una delle domeniche successive, quando non erano presenti gli operai addetti all’allestimento, mi porto a bordo mentre la nave riposava placida nella rada davanti allo scalo.

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zampognari

Natale in via Santa Caterina

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

 zampognari

zampognari

Secondo me il carattere, l’indole, i sentimenti, che sono alla base dell’animo umano si formano quando si è a cavallo tra la fanciullezza e la gioventù. Le conoscenze, i luoghi, gli avvenimenti importanti con i quali veniamo in contatto in quel periodo sono come il bulino dell’incisore: scavano in questa opera d’arte che è l’UOMO solchi profondi che rimangono indelebili per tutta al vita. Sul Libero Ricercatore ho già descritto alcuni di questi luoghi, di questi avvenimenti. Ma ora, nell’avvicinarsi del Santo Natale, non posso non ricordare l’atmosfera che si respirava in via Santa Caterina in quei giorni di tanto, tanto tempo fa. Quel centro storico che andava suppergiù da Piazza del Municipio fino alle Terme vecchie, di fronte al Cantiere Navale, per noi era il centro del mondo. La varia umanità che si incrociava per le strade aveva il volto sorridente, anche se oppresso da tanti guai; in quegli occhi si leggeva l’allegrezza, l’atteggiamento era cordiale, gioioso. Continua a leggere

'O Lunnedì 'e Pozzano (foto anni '30)

‘O Lunnerì ‘e Puzzano

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Durante il corso della vita molte volte capita di ricordare fatti e avvenimenti del passato che ci hanno visto, non sempre inconsapevolmente testimoni o protagonisti. Per esempio, quando avevo 10/12 anni ricordo molto bene il varo di due navi, la “Amerigo Vespucci” e la “Giovanni delle Bande Nere”; navi divenute poi famose chi per un verso chi per l’altro. Oggi però non voglio parlare di questo; semmai lo farò un’altra volta.


Oggi, in occasione delle festività per la Resurrezione di Cristo, voglio ricordare come la maggioranza dei cittadini trascorreva il lunedì del dopo Pasqua.
Srotolando la matassa dei miei ricordi inerenti quei giorni, due fatti sono risaltati netti: il primo bagno di mare e la gita a Pozzano con relativa merenda.
Il primo tuffo in mare avveniva regolarmente a mezzogiorno del Sabato Santo, quando le sirene del Cantiere e quelle delle navi in porto annunciavano la Resurrezione. In quel momento, puntualmente, dall’amata e mai dimenticata “Banchina ‘e zì Catiello” ci buttavamo a mare, pur col brutto tempo. Nella nostra interessata concezione era un rito e si doveva rispettare.
Della gita a Pozzano lo spunto me lo ha dato anche una bella cartolina degli anni “30” che l’amico Enzo Cesarano mi ha fatto pervenire nei giorni scorsi.

'o Lunnerì 'e Puzzano (cartolina di Enzo Cesarano)

‘o Lunnerì ‘e Puzzano (cartolina di Enzo Cesarano)

In questa cartolina si vedono, sul piazzale della Basilica, numerose bancarelle che espongono e vendono giocattoli, bibite e leccornie varie. Queste modeste e disadorne bancarelle erano schierate anche, una dietro l’altra, sulla salita che porta alla chiesa. Dato che la strada era stretta (in terra battuta e naturalmente polverosa), erano schierate soltanto su un unico lato. Continua a leggere

'o vrasiere

‘O vrasiere

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Breve premessa dell’autore:

Caro Maurizio, come promesso ti mando un altro mio ricordo (Gli inverni a Castellammare negli anni “30”). Non mi resta quindi che fare a te, alla tua Famiglia, agli amici tutti che frequentano il tuo, il nostro Sito, gli auguri più sinceri e cari.

Un abbraccio, Gigi.

 ‘O vrasiere

Nnant’ ‘o vrasiere cummigliato ‘e cennere
Simmo rummase tutta na jurnata,
sentenne ‘a notte a ppoco a ppoco scennere
‘ncopp’ a sta casa fredda e abbandonata.

Nce ha cuòvete a’ ‘ntrasatta sta vernata!
Tengo n’aniello ‘argiento; o vaco a vennere
P’avè n’aceno ‘e fuoco. Stai gelata,
e cchiù te parlo, e meno me può ‘ndennere.

Vierno passato nun facette ‘a neva?
‘A casa tale e quale, senza fuoco,
ma pure – te ricorde? – ‘o fuoco ardeva.

E ardeva dint’a ll’uocchie tuoie lucente,
dint’ a ll’anema toia che a poco a poco
s’è fatta fredda, muta, ‘ndifferente.


'o vrasiere

‘o vrasiere

Questa bella poesia di Libero Bovio mi ha riportato indietro negli anni, quando negli anni ’30 l’inverno a Castellammare si presentava col suo freddo e noi l’affrontavamo con rimedi poco adatti: c’‘o vrasiere! Poiché penso che ne esistono ancora pochi in giro perché in disuso e quindi per i più giovani che forse non ne hanno mai visto uno cerco di descriverlo.
Normalmente era di rame, rotondo, col fondo basso e con il bordo che poggiava su una base di legno, anch’essa rotonda, sollevata dal pavimento una decina di centimetri da quattro supporti sempre di legno.
Dentro questo recipiente bruciava lentamente della carbonella. Per evitare che i bimbi più piccoli, o anche più grandicelli, ma maldestri nei giochi (cioè quei bambini che tenevano “l’arteteca” ) ci cascassero dentro, il tutto era coperto da una specie di cupola che poggiava sulla base di legno. In molte occasioni su questa cupola si mettevano ad asciugare dei piccoli indumenti. Questa protezione però molte volte non impediva che qualche bambino ci cascasse dentro con le mani o col sederino. Allora erano corse al San Leonardo, l’ospedale che si trovava nella Piazza del Municipio. Continua a leggere