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Il Murale di Viviani

Il Murale di Viviani

03-10-2021 Corrado Di Martino

In pieno Centro Storico, quasi per caso, su invito di Andrea De Falco, abbiamo scoperto un inedito e incelebrato murales; il murale a Raffaele Viviani. Nel breve video realizzato con Vincenzo Cesarano, Nello Lascialfari, noto chansonnier, ci regala una sua chicca su Viviani.

Su iniziativa di Giovanni Russo, uno degli abitanti del civico 14 di via Viviani, è stato composto un murales dedicato al grande drammaturgo stabiese. L’opera è stata realizzata da Marco De Rosa, un artista che abita a pochi passi dalla casa di Viviani. Tanta passione, tanta maestria, tanto talento, per rappresentare in pochi precisi tratti la maschera e il cuore di Raffaele Viviani. A colpire di più se possibile, è anche la gioia e l’orgoglio mostrato dalla gente dello storico palazzo di Viviani, la gente di Viviani, quelli che pur lontano ha sempre portato nel cuore. Grazie Marco, grazie Giovanni, grazie Andrea, grazie agli amici del 14 di via Viviani.

L'Arco della Pace

Surece e Scarrafune

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

“Il grande patrimonio del vecchio è nel mondo meraviglioso della memoria, fonte inesauribile di riflessioni su noi stessi, sull’universo in cui siamo vissuti, sulle persone e gli eventi che lungo la via hanno attratto la nostra attenzione”.

Norberto Bobbio

L'Arco della Pace

L’Arco della Pace (opera del M° Umberto Cesino)

Molti di noi stabiesi, quando su liberoricercatore ricordiamo il tempo della nostra fanciullezza, della nostra gioventù, del nostro passato nella Stabia che fu, giustamente evidenziamo le cose belle che abbiamo vissuto e che abbiamo visto; evochiamo i giorni belli che vi abbiamo trascorsi; esaltiamo i simpatici aspetti folcloristici delle nostre tradizioni, della nostra gente.

Il desiderio che abbiamo di tornare indietro nel tempo, che nei nostri ricordi è, quasi sempre, il migliore della nostra vita, scaccia dalla nostra mente gli aspetti, le situazioni, le cose sgradevoli che abbiamo visto e vissuto allora. Adesso vi chiederete: “Ma chisto addo’ vo’ je a para’?”
Mi spiego, voglio parlare delle condizioni di vita, sotto l’aspetto igienico e sanitario, con le quali una volta si conviveva e che oggi sarebbero inconcepibili.
Oggi quasi tutte le abitazioni (escluse in parte quelle della zona antica di Castellammare) hanno in casa il bagno e i servizi igienici, le cucine a gas e i frigoriferi, i termosifoni per il riscaldamento. Ai miei tempi invece esistevano: “‘o zi’ peppe” (e per chi non sa cosa sia se lo faccia spiegare dagli anziani della famiglia), a “furnacella” (fumosa e sempre in procinto di spegnersi se non alimentata col ventaglio a “sciuscià”), “‘o vrasiere”. Continua a leggere

Pontoni armati nel Regio Cantiere Navale stabiese

Pontoni armati nel Regio Cantiere Navale stabiese

Il territorio della laguna veneta è composto da una fitta rete di canali, sia naturali sia artificiali, con bassi fondali e circondati da canneti ed arbusti 1

Pontoni mimetizzati

Per la sua difesa, durante il primo conflitto mondiale, la Regia Marina fece costruire dai cantieri nazionali dei pontoni armati, alcuni semoventi ed altri statici cioè trainabili, tutti a chiglia piatta. Erano impiegati principalmente per bombardare le postazioni austriache del basso Isonzo.

Pontone armato

 I più famosi pontoni semoventi, in legno e acciaio erano il Faà di Bruno e l’Alfredo Cappellini.

Pontone Prima Guerra Mondiale

Allo scoppio della prima guerra mondiale furono  impiegati alla foce dell’Isonzo.

Dopo i buoni risultati, presto la loro area operativa venne notevolmente estesa sino al Piave ed alla difesa di Venezia con l’impiego di differenti tipi pontoni armati di artiglieria navale, sotto il comando della Regia Marina.

I pontoni semoventi appartenevano a classi differenti, alcuni anche di derivazione austriaca. Quelli della classe Monte Grappa avevano lo scafo metallico suddiviso in sette compartimenti stagno con paratie trasversali. I locali interni erano destinati a deposito nafta ed olio, apparato motore composto da due motori Diesel Fiat a due tempi da 350 Hp, motopompe ed elettro-generatore. Sottocoperta fu ricavato anche l’alloggio equipaggio. Marinai e cannonieri vivevano, quindi in locali angusti, tra le cariche e le granate, non potevano accendere il fuoco per scaldarsi in inverno né in qualsiasi stagione cuocere il cibo. In coperta, inoltre, in funzione di ponte comando, c’era una piccola plancia per il telemetro ed un albero che fungeva anche da coffa per la vedetta. Furono armati principalmente con cannoni da 381 mm destinati alle supercorazzate classe Caracciolo. I cannoni per i pontoni costruiti nel regio cantiere stabiese furono realizzati dall’Armstrong di Pozzuoli, pesavano 84.900 chili e erano lunghi 14,755 metri, altre bocche da fuoco dello stesso calibro, furono ordinate all’Ansaldo e alle Acciaierie di Terni.

Gli Ansaldo-Scheneider pesavano 62.600 chili ed erano lunghi 15,75 metri, quelli Vickers-Terni, della stessa lunghezza,  pesavano 83.825 chili.  Tutti, però potevano sparare proiettili da 884 chili alla distanza di circa 20.000 metri con alzo 20° e 27.000 metri con alzo 30° e con cadenza di 3 colpi al minuto. Alcuni cannoni furono destinati all’Esercito che li usò anche sui treni armati e per la difesa costiera. Quando i pontoni andarono in disarmo dopo la guerra, i cannoni furono tutti destinati alle batterie costiere e utilizzati fino alla seconda guerra mondiale.

Monti pontoni furono dotati anche di cannoni di calibro minore nonché mitraglie antiaeree. Dopo la sconfitta di Caporetto, i marinai a costo di enormi sacrifici spostavano velocemente i natanti in base alle circostanze belliche ed in funzione delle correnti; essi crearono un organico assetto difensivo, compiendo una gigantesca e  spesso sconosciuta opera che permettendo all’Esercito di trovare, a ripiegamento compiuto, un punto di appoggio, di salvare Venezia.

 I pontoni tenevano costantemente sotto tiro i ponti che gli austriaci gettarono sul Piave per sconfinare nella pianura padana e, uno dopo l’altro, li distrussero con tiri precisi con i loro cannoni. Nel novembre del 1917 fu creata la 55a Sezione del Regio Esercito che utilizzava gli aerostati per l’osservazione del tiro dei pontoni del Raggruppamento artiglieria della Regia Marina. Aerostati composti d palloni frenati del tipo draken ovvero A.P. (Avorio Prassone) che portavano una navicella per l’osservatore che comunicava le coordinate dei bersagli ai cannoni dei pontoni ed anche delle artiglierie terrestri.

Varo nave corazzata Caraciolo

Anche il regio cantiere di Castellammare di Stabia, in assenza di costruzioni di unità navali corazzate o sottili che fossero, contribuì al varo di pontoni semoventi e statici. A dir il vero, nel cantiere era in costruzione la super corazzata Francesco Caracciolo di 34.000 tonnellate, capo classe di quattro unità i cui lavori vennero sospesi nel 1916 in pieno conflitto, ripresero solo negli anni ’20 2

Castellammare, soggetta ad un altro periodo di crisi della cantieristica, dopo il primo anno di guerra e fino al 1919 si dedicò alla costruzione di rimorchiatori dragamine (RD dal n.1 al 21 e dal 31 al 37)  e MAS (dal n. 303 al 307 e 327, 328, 331, 332, 333, 334). Questo tipo di dragamine, con poco pescaggio, effettuavano il dragaggio meccanico o trascinando cavi metallici per recidere gli ormeggi delle mine ad urto che, una volta liberate, venivano fatte saltare sparando con le armi leggere di bordo. Erano anche utilizzati per rimorchiare fuori dai campi minati, navi danneggiate ed impossibilitate a muoversi. Il loro armamento consisteva in un cannone da 76/40 mm. L’impossibilità di grandi battaglie navali e le caratteristiche del bacino di operazioni dell’Adriatico costrinsero l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel ad ordinare la costruzione di decine di unità sperimentali leggere, di dimensioni ridotte e molto veloci adatte alle operazioni offensive. Queste imbarcazioni, costruite da vari cantieri, furono denominati M.A.S. (Motobarche Armate S.V.A.N.) e impiegate anche come posamine, cannoniere, antisommergibili, eccetera 3.

Nel regio cantiere navale di Castellammare, non più interessato quindi al varo di grosse unità, dal 1918 iniziò la costruzione dei pontoni armati. Al terzo anno di guerra, quindi, fu costruito il ponte armato semovente Monte Grappa: impostato il primo maggio 1918, varato il 21 settembre ed in servizio il 22 gennaio 1919. Il suo scafo era metallico, con murate verticali, fondo piatto e poppa e prora dritte. Era alimentato da due motori Diesel da 700 Hp e armato con cannone da 381 mm. Venne radiato il 13 novembre 1924. Il pontone statico, il Monte Novegno, venne varato a guerra finita il 31 maggio 1919 ed entrò in servizio nell’autunno dello stesso anno.  Anch’esso alimentato da due motori Diesel ed armato di un cannone Armstrong da 381 mm. nel 1921 venne classificato “cannoniera” e nel 1925 utilizzato come bersaglio per i siluri. Il 10 dicembre 1919 fu varato il pontone semovente Monte Cencio alimentato da un motore Diesel da 350 Hp. Sempre nel 1921 fu classificato “cannoniera”, radiato nel novembre del 1924 l’anno seguente fu utilizzato come bersaglio per i siluri. Il Montello, invece, era un pontone statico impostato il 10 maggio 1918, varato il 31 dicembre 1918, in servizio il 19 maggio dello stesso anno nella laguna veneta. Nel 1921 classificato “cannoniera”, venne radiato nel novembre del 1924. I cannoni da 381 mm destinati alla super corazzata Caracciolo, dunque, furono montati su questi zatteroni.

Nessuno dei quattro pontoni partecipò al conflitto, dopo aver stazionato in Alto Adriatico in una situazione post bellica alquanto tumultuosa dal punto di vista sia politica e sia economica, furono riconvertiti negli anni venti e poi radiati. Il cantiere si preparò ad affrontare un grave lungo periodo di crisi caratterizzato dal varo e demolizione della super dreadnought Caracciolo e sopravvisse costruendo bitte, un bacino galleggiante e altri piccoli natanti: era terminata definitivamente l’epoca delle grandi corazzate.

 

 

Bibliografia

AA.VV.  Storia della Marina – vol 1-10 – Fabbri Editore 1978

AA.VV. Ufficio Storico della Marina Militare – Almanacco Storico delle Navi Militari Italiane (1861-1995)

  1. Bravetta, La grande guerra sul mare, vol. I, Mondadori, 1925.

Cosentino M., Gli aerostati della Regia Marina durante la Grande Guerra, Marinai d’Italia, dicembre 2015.

  1. Veronesi – I pontoni armati nella Prima Guerra Mondiale – Rivista Marittima, gennaio 2010
  1. I canali interessano diversi corsi d’acqua dolce come i fiumi Piave, Tagliamento, Isonzo e le lagune di Caorle, Marano e Grado. Da secoli rappresentano un sistema fluviale di navigazione interessanti Venezia ed il golfo di Trieste. L’ammiraglio Thaon di Revel (1859-1948), diede personalmente ordine di mettere Venezia in comunicazione diretta e interna con il Po e l’Isonzo, il che permise di migliorare i rifornimenti per l’Esercito e, al momento di Caporetto, di portare via , attraverso i canali navigabili, gran parte del materiale bellico da Grado a Monfalcone.
  2. Le classi Caracciolo dislocavano 34 000 tonnellate a pieno carico, erano lunghe 212,08 m f.t (fuori tutto), e 210,60 al galleggiamento La larghezza massima era di 29,60 m, all’altezza di costruzione era di 13,75 m, mentre l’immersione media era di 9,50 m (con 1 800 tonnellate di nafta imbarcata). L’apparato motore si basava su 20 caldaie Yarrow alimentate a nafta, azionanti quattro gruppi turbine Parsons a ingranaggi su quattro assi. La potenza normale erogata era di 75 000 CV, che arrivava a 105 000 CV in tiraggio forzato. La velocità massima era di 28 nodi, l’autonomia era di 8.000 miglia a 10 nodi, mentre la capacità carburante era pari a 1 800 tonnellate di nafta. Il 25 ottobre 1920 venne venduta alla Navigazione Generale Italiana che intendeva trasformarla in nave mercantile e per trasporto passeggeri. Per motivi tecnici ed economici, il progetto venne abbandonato e fu decisa la sua demolizione. Oltre alla Caracciolo, furono impostate il Cristoforo Colombo, il Marcantonio Colonna e il Francesco Morosini, queste tre furono demolite sullo scalo nel 1918 ed i cannoni costruiti furono impiegati sui pontoni ed in altre postazioni a terra. Il Colombo fu impostato nel cantiere Ansaldo di Genova il primo marzo 1915, i lavori furono interrotti l’anno successivo e lo scafo fu demolito sullo scalo nel 1921. Il Colonna, impostato nel cantiere Odero di Genova Foce il primo marzo 1915 subì la stessa sorta del Colombo. Così il Morosini impostato nel cantiere dei fratelli Orlando di Livorno il 20 giugno 1915.
  3. Tra le innovazioni concepite nel 1915 e messe in servizio dal 1916 vi sono i MAS, che replicati in 244 esemplari si rivelarono decisivi in un conflitto in cui la preoccupazione principale dell’avversario era quella di mantenere intatto il potenziale della propria flotta, esponendola il meno possibile ai rischi di uno scontro in mare aperto. L’acronimo M.A.S. stava a significare Motobarca Armata S.V.A.N. Società Veneziana Automobili Navali); D’Annunzio inventò il famoso motto Mememto Audere Semper. Solo nel 1925 al termine Motobarca subentrò quello di Motoscafo. La sigla MAS dunque, seguita da un numero, fu data a tutte le unità

Roger de Beauvoir e Castellammare

Roger de Beauvoir e Castellammare

di Giuseppe Zingone

Eugène Augustin Nicolas Roger

Roger de Beauvoir è il nome d’arte di Eugène Augustin Nicolas Roger romanziere e drammaturgo romantico francese nato da famiglia benestante a Parigi l’otto novembre del 1806.  Il suo bell’aspetto e il suo stile di vita avventuroso lo resero famoso a Parigi, dove era amico di Alexandre Dumas, padre.

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Tipi da spiaggia

Tipi da spiaggia
( cronaca estiva di tre giorni di mare )
di Corrado di Martino

Tipi da spiaggia

Tipi da spiaggia

Primo giorno:

Anche quest’anno sono arrivate finalmente le ferie e, come sempre faccio, trascorro le prime giornate al mare da solo. Per accostumarmi alla calca, rumorosa e cangiante, mi concedo appena un’ora di esposizione ad essa. Con la bicicletta, compagna silenziosa e devota, torno al vecchio lido che frequento da oltre quarant’anni. Si intenda la bicicletta è silenziosa, perché è ben oliata, una fedele compagna se non è ben lubrificata può tradirti sul più bello. Alla biglietteria, la solita domanda -è da solo?- ed io, la solita risposta –direi di sì!-; ripongo con cura la bici fra moto di grossa cilindrata, robuste e minacciose, sicuro che la rispetteranno per l’evidente anzianità e, mi porto in spiaggia, prendo un lettino per il sole, mi immergo fra la folla. Aaah che bello ritemprarsi dopo un anno di lavoro al sole della “nostra bella Castellammare” (siccome, è mia opinione, che questa espressione sia ormai lisa e sfinita, da ora in poi la citerò come fanno i giovani, con l’acronimo: “nbc”). Mi spargo la crema, mi ungo, mi spruzzo, mi aspergo infine mi stendo, aaah che malavita! Luana, Noemi, Rihanna, Bradpitt, vengono redarguiti da mamme tatuate fino nei posti più segreti, affinché mangino la parmigiana di melanzane: fatta dalla nonna Catella. Un abbronzato forzuto, ricco: di bicipiti, tricipiti, deltoidi e pettorali, stipato fino all’inverosimile di chocoproteina, carnetina, polvere di creatina ecc, ecc. si esibisce in un’ardita verticale. Il collo si gonfia, il trapezio si mostra in tutta la sua povertà intellettuale, il volto si trasforma; sembra che esploda, poi, via una capriola e su di nuovo in piedi, mostrarsi come un pavone. Le ragazzine in tanga applaudono; mi sono perso qualcosa, bah!? Il fusto si lancia in una rincorsa disperata verso il mare, travolge Noemi e Luana, mentre Bradpitt gli ricorda l’incerto lignaggio, fa capovolgere il tegame con la parmigiana, Rihanna gli bestemmia i morti. Un salto altissimo, una vergognosa panciata, viene fuori dall’acqua con la faccia da cretino e la povera tartaruga arrostita dal tuffo di pancia. Riprendo la mia bicicletta, saluto e vado via…

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