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Pitture nostrane

( La rubrica raccoglie la vita e le opere di pittori stabiesi e non
che hanno dato vanto alla Città di Castellammare di Stabia )

Pitture nostrane

Pitture nostrane

“Il blu cobalto del mare che all’orizzonte si fonde con un terso cielo turchino, il verde smeraldo del Faito ebbro di pioggia dopo un improvviso temporale estivo, il sole che al tramonto fa capolino nel golfo con mille sfumature vermiglie tutt’intorno, uno scorcio suggestivo rubato al quotidiano vivere del centro antico, una tavolozza in cui un pennello viene intinto e si ubriaca dei più ricchi e variegati colori, questo e tanto altro ancora è Castellammare di Stabia agli occhi di un pittore, città incantevole incastonata tra i monti ed il mare, che da sempre ha ispirato l’operato di prestigiosi paesaggisti e ha dato i natali a numerosi maestri di questa nobile arte…”.

Maurizio Cuomo

Le gallerie disponibili:

Ciro Birrese

Castellammare di Stabia (miscellanea)

Umberto Cesino

Guglielmo Cirillo

Catello Coda

Catello D’Amato

Gaetano De Riso

Francesco Filosa

Claudio Morelli

Antonio Serrapica

Gerardo Trattelli

Collezione privata ” Luigi Russo “:

Salve, sono cittadino residente di Castellammare di Stabia, visito con una certa regolarità il sito, spesso fermandomi nelle sezioni “Foto” e “Cartoline”. Le immagini della città – ritengo valga per tutti – sono lo sfondo naturale su cui, in qualche modo, si proietta lo svolgimento delle emozioni, dei sentimenti. Sono anche semplici eventi della nostra vita interiore, per noi significativi (anche se, di fatto, a volte semplicemente ordinari) che rendono memorabili un tempo e un luogo. Ecco allora che uno scorcio urbano, qualche distintivo tratto epocale (un tipo di autovetture, il modo di vestire dei passanti), o anche solo un particolare assetto del cielo, con certe nubi, certe ombre gettate, fanno risorgere, ordinatamente, contenuti emozionali non facilmente riproducibili, come fossero diretta esperienza del valore simbolico dell’immagine. Così, pur non essendo un collezionista di localistica, ho cominciato da qualche tempo a conservare immagini di cartoline di Castellammare che ho trovato, in vendita o in esposizione, su vari siti internet. Alcune di queste, quelle di qualità migliore, minimamente “restaurate”, le ho allegate a questa mia per metterle a disposizione del curatore del sito, Maurizio, che non conosco personalmente e a cui indirizzo un pur sintetico apprezzamento per l’amorevolezza del suo operato, ma soprattutto per la trasparente stimabilità d’intenti da cui esso appare originato.

Cordiali saluti.

27 agosto 2007 Luigi Russo

 

 

Collezione privata “Alfredo Volpe”:

Gentile Signor Maurizio Cuomo, molte volte ho visionato il suo interessante sito. Complimenti per la passione con cui lo cura. Le invio una piccola quantità di antiche vedute di Castellammare degli anni ‘20. Nel suo sito non ho riscontrato dei doppioni.
Cordiali saluti.

marzo 2009 Alfredo Volpe

Stabiese sempre

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Spagnuolo

Spagnuolo

Una botta di nostalgia più acuta di sempre mi è venuta leggendo la lettera di Canzanella che vi scrive da Genova. In quella ricca cartoleria (che vendeva anche giornali e giornaletti) ci comperavo i quaderni che mi servivano quando frequentavo la scuola che allora si trovava nel palazzo di fronte (per essere più preciso, dove c’era l’osservatorio meteorologico). Pur essendo a Torino dal 1938, al seguito di mio padre, funzionario delle FF.SS., non ho mai dimenticato quel tempo, anche se breve della mia vita. Quando “filavo” la scuola per andare a buttarmi a mare dalla vicina banchina ‘e “zi Catiello” o quando giocavo a fare a pietrate sulla spiaggia di fronte alla sede dello “Stabia”; oppure quando i miei genitori, a passeggio nella villa, mi comperavano il gelato da Spagnuolo. Quanti ricordi belli ! Forse perchè un incosciente ragazzino. Per ora saluto tutti i frequentatori di questo sito. Presto mi rifarò vivo.

Serenate a Castellammare

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

serenata

Serenate a Castellammare

Da troppo tempo manco da Castellammare e quindi non so se la simpatica e romantica usanza che sto per raccontare era ancora in voga dopo la fine della guerra.

Nella famiglia del mio nonno materno, don Luigi Suarato, tutti i componenti maschili sapevano suonare almeno due strumenti, ad orecchio però, da autodidatta, perché nessuno di loro aveva mai studiato musica. Ciò non deve sembrare strano in quanto noi stabiesi abbiamo, quasi tutti, un buon orecchio musicale. Questa affermazione non è frutto di un esasperato orgoglio cittadino.
Incominciamo da mio nonno: aveva molto confidenza con la fisarmonica; e ricordo che quasi tutti i pomeriggi si sedeva in un angolo della sala da pranzo e ci deliziava suonando le belle canzoni napoletane in voga in quei tempi.
Mio zio Salvatore era un vero portento: quasi tutti gli strumenti che passavano nelle sue mani non lo imbarazzavano. Dopo i primi approcci, tanto per prenderci confidenza si impadroniva, rudimentalmente, della tecnica per usarlo con disinvoltura e gradevolmente. Fosse pure uno zufolo o una ocarina. In un mio ricordo pubblicato dal Libero Ricercatore qualche tempo fa parlavo degli stabilimenti balneari installati sulla spiaggia di Corso Garibaldi (per intenderci: dove ora c’è un prato sul quale starebbero bene a pascolare delle pecore irlandesi!). Descrivevo anche l’ambiente della rotonda che portava alle cabine e dove oltre alla cassiera faceva bella mostra di sé un pianoforte. Ebbene, questo mio zio ogni tanto si sedeva davanti a questo piano e suonava i motivi delle più belle canzoni o delle Operette in voga allora.
Fu grazie a zio Salvatore (un bel giovane con baffi neri e folti e capelli lisci dello stesso color corvino), che capii cosa era una serenata. A lui mi legava un affetto e una simpatia particolare. Furono questi reciproci sentimenti che lo spingevano a portarmi con se quando c’era una festa a cui lui partecipava o quando, appunto, doveva “portare” la serenata ad una bella ragazza.
Perché questo concertino? Capitava per esempio che una ragazza resisteva alla corte che le faceva l’innamorato, oppure quest’ultimo, già fidanzato con questa ragazza, veniva lasciato.
Allora subentrava l’arte della seduzione musicale e si “portava” la serenata. Sperando che questa manifestazione d’affetto intenerisse il cuore della ragazza.
Naturalmente non tutti gli spasimanti sapevano suonare uno strumento e quindi si avvalevano dell’abilità degli amici in questo campo e si combinava un piccolo complesso di due-tre strumenti e un cantante, che molte volte era uno degli, diciamo, strumentisti. Questo mio zio che in questo campo sapeva il fatto suo, veniva incaricato di organizzare questo complessino con l’aiuto di amici capaci di suonare uno strumento. Mio zio eccelleva nella chitarra e quindi trovato un mandolinista o anche un clarinettista il più era fatto; specialmente poi se uno di loro avesse avuto una bella voce.
Come ho detto questo mio zio mi voleva bene e quando capitava di dover fare la serenata “per conto terzi” mi diceva: “Gigì stasera ce sta ‘na serenata; mo ‘o dico a mammeta e te porto cu’ mico”. Poiché mia mamma era sua sorella il permesso non veniva mai negato, con mia grande gioia.
Queste serenate venivano fatte di sera, e se c’era anche un poco di luna la cosa diventava di un romanticismo incredibile. Questa atmosfera mi colpiva particolarmente perché le prime emozioni sentimentali incominciavano a prendere possesso del mio cuore. Il cuore di un non ancora giovanotto, e un non più bambino. Ma torniamo alla serenata.
Questo gruppetto di amici si recava sotto il balcone della fanciulla desiderata e incominciava a suonare e a cantare. Dopo le prime note la gente del rione o della via accorreva per godersi gratuitamente uno spettacolo molto gradevole e simpatico. Chi suonava non era uno strimpellatore e chi cantava aveva sempre una bella voce, pertanto sia la musica che l’atmosfera erano oltremodo gradevoli. Ricordo bene che allora la canzone che veniva cantata di più era “‘Na sera ‘e maggio”.
A proposito di canzoni, quella che rappresenta bene che cosa era una serenata è la famosa “Guapparia” scritta dal poeta Libero Bovio e cantata dai più bravi e famosi cantanti napoletani. Ed ecco la prima strofa:

Scetateve, guagliune ‘e malavita,
ca è ‘ntussecosa assaje ‘sta serenata:
i’ songo ‘o ‘nammurato ‘e Margarita,
che ‘a femmina cchiù bella d’‘a Nfrascata! 

Gigi Nocera