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Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d'Austria

I “Conti di Castellamare”

 La tappa a Parma dei “Conti di Castellamare”, durante il loro tour nell’Italia centro-settentrionale.

articolo di Gelda Vollono e Lino Di Capua

articolo del 12/08/2021

Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d'Austria

Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Austria

I “Conti di Castellamare” era il nome fittizio sotto il quale il re e la regina di Napoli, Ferdinando e Maria Carolina, viaggiavano quando intendevano mantenere il più stretto riserbo. Tale ingenuo stratagemma, ideato probabilmente da Ferdinando, visto che la sua educazione si era formata, frequentando il popolo più che i nobili di corte, serviva per evitare di sottostare alla rigida etichetta di corte, di sfuggire alle cerimonie, ai festeggiamenti, alle acclamazioni del popolo, per ritrovare insomma un minimo di normalità e perché no anche di intimità con Maria Carolina. Tale espediente, a dimostrazione di quanta considerazione e amore avessero per la nostra città,  fu utilizzato, per la prima volta e per primi, stando alle fonti documentali in nostro possesso, nella primavera del 1785, quando i due sovrani, poco più che trentenni, si concessero una lunga vacanza, viaggiando in incognito (sic.) attraverso l’Italia centro settentrionale, ospitati dai loro augusti parenti. In seguito anche i loro successori, Francesco e Isabella, si servirono dello stesso appellativo durante i loro viaggi soprattutto in Europa. Continua a leggere

Fig. 3 E. Gaeta. Interno dello Stallone, il portone con l’arco di piperno (coll. Priv.)

Alcune note sullo Stallone

Lo Stallone

Gelda Vollono

articolo del 13/06/2021


Nel 2019, insieme al mio amico Lino Di Capua, ho curato la pubblicazione di un libro dal titolo:

Castellammare oltre la Porta del Quartuccio. Ritrovamenti e Rinnovamenti[1].

La sua realizzazione è stato il frutto di un lavoro di ricerca, che ha visti impegnati per diversi anni noi curatori e un gruppo di professionisti: studiosi di storia locale, di urbanistica, di archeologia e di geologia, su una particolare zona di Castellammare, inizialmente su quella che va dall’attuale piazza Principe Umberto, alla piazza Martiri d’Ungheria, antistante la stazione centrale della Circumvesuviana, attraversando il sito una volta detto dello “Stallone”, e poi allargando gli interessi fino al monte Faito.

L’area occupata dallo “Stallone” è stata oggetto del mio studio all’interno della pubblicazione e  di esso ne darò di seguito un breve excursus, mettendo in risalto i momenti salienti che ne hanno orientato e determinato le scelte per il suo sviluppo e le sue trasformazioni.

Lo “Stallone” era un particolare casamento che occupava la parte orientale dell’attuale piazza Principe Umberto e che, nell’Ottocento, era di proprietà del sig. Antonino Spagnuolo[2], ricco possidente originario delle Botteghelle. Tuttavia, se si osservano attentamente le varie rappresentazioni cartografiche settecentesche dell’area occupata dallo “Stallone” si nota la costante presenza di un edificio alla base della rupe del Solaro e a chiusura delle mura della città.  Considerato che in quel luogo convergevano dalle località viciniore uomini, animali e mercanzie non è difficile dedurre, che quel fabbricato doveva essere una stazione di sosta e che, ancor prima dell’abbattimento delle mura e ancor prima che lo Spagnuolo ne diventasse unico proprietario, quella zona già venisse nominata dello “Stallone”.

In seguito, allorché, a cominciare dagli anni ’30 dell’Ottocento, lo Spagnuolo comprò suoli e fabbriche nell’area delle paludi di Santa Maria dell’Orto, località immediatamente adiacente all’attuale piazza Principe Umberto e a quell’edificio,  si  realizzò intorno a quel nucleo originario quel grande complesso di proprietà che fino al 1934 fu conosciuto come lo  “Stallone”.

Fortunatamente per la mia ricerca, alla morte dello Spagnuolo, avvenuta nel 1869,  si aprì una contesa legale tra alcuni suoi eredi e la Congrega della Carità a cui egli aveva lasciato tutta la proprietà dello “Stallone”, ledendo i legittimi diritti di successione dei suoi eredi. Tale controversia si protrasse per circa un ventennio fino a quando, nel 1887, addivennero ad un accordo, per mezzo del quale si decise che alla Congregazione spettasse un quarto dell’intera quota e i rimanenti tre quarti venissero suddivisi equamente tra i coeredi. La Congregazione si fece carico di avviare l’iter legale e nominò l’ing. Antonio Vitelli per la stima, la ripartizione delle quote medesime e l’elaborazione della planimetria dell’intero casamento. Così, grazie alla planimetria elaborata dal Vitelli, ho potuto avere la descrizione dettagliata dell’intero complesso dello Stallone (fig. 1).

Fig. 1 Planimetrie del piano terra e del primo piano dello Stallone elaborata dall’ing. A. Vitelli

Esso è descritto come un grande complesso con uno spazioso cortile “di figura trapezoidale, ed ha pavimento di nudo terreno”, al quale si accedeva per un ampio arco di piperno, facente cornice al portone (figg. 2 e 3).

Intorno al cortile si trovavano ampie stalle e rimesse per carrozzelle e per pesanti carrette da trasporto di carichi, allora in uso, negozi e magazzini. In esso inoltre vi erano due pozzi d’acqua sorgiva, una vasca, per abbeverare i cavalli, lavatoi e pozzi neri, di proprietà comune, oltre alle scale di pertinenza, per accedere ai piani superiori. Sul lato occidentale presentava un lungo porticato, al quale avevano accesso tutte le botteghe con apertura sul vico Stallone ed alcune di quelle situate su via Surripa, mentre sul lato orientale mostrava una vasta zona adibita a giardino, che si prolungava fino all’attuale vico San Vincenzo. Sul lato prospiciente Piazza Principe Umberto, all’esterno, a sinistra dell’ingresso, vi era una bottega, che ad inizio ‘900 era un caffè. Continua a leggere

Fig. 3 Da una cartolina d’epoca. Si nota a dx in continuazione dell’attuale palazzo Cascone il portone con l’arco di piperno dello Stallone (coll. priv.)

Perche’ “Palazzo Cardone”?

Perche’ “Palazzo Cardone”?

articolo di Lino Di Capua Gelda Vollono

articolo del 12/02/2019


Alla fine del ‘700 il susseguirsi e l’intrecciarsi di diversi avvenimenti innescarono delle reazioni a catena, che in meno di un secolo trasformarono completamente la topografia, l’urbanistica e l’economia di Castellammare. In particolare la demolizione delle mura difensive, la concessione da parte dello Stato al Comune di alcuni suoli lungo il litorale, appartenuti in passato agli ordini religiosi, e l’accrescimento degli arenili, causato dal naturale accumularsi di materiale di sedimentazione trasportato nel corso dei secoli, ne determinarono la naturale espansione lungo la direttiva di nord-ovest per tutti gli anni a venire. Il processo di urbanizzazione, che ne conseguì, con la costruzione di interi nuovi quartieri da parte di privati sui suoli a loro alienati dal comune, non a caso, interessò particolarmente la zona a nord di Castellammare, iniziando proprio dall’odierna piazza Principe Umberto I. Infatti, nel 18281 la Giunta Comunale decise di alienare alcuni suoli con fabbriche al Largo del Quartuccio e la valutazione di dette superfici fu affidata all’Ingegnere del Comune D. Michele Jennaco. Tuttavia il Consiglio dell’Intendenza di Napoli, non avendo ritenuto tale stima completa e soddisfacente, la respinse e per elaborare una nuova pianta geometrica, con le relative valutazioni e stime dei luoghi da alienarsi, diede mandato all’architetto stabiese2 Policarpo Ponticelli, all’epoca ispettore generale della Direzione Generale di Ponti e Strade e delle acque e foreste e della caccia.3 mentre precedentemente era stato ingegnere comunale (cfr. A.S.C.C.S. Volume IV del decurionato).]
Il Ponticelli, andò ben oltre i suoi doveri di tecnico e, preoccupandosi di dimostrare, che la costruzione di altre fabbriche su tali suoli non avrebbe avuto alcun impatto ambientale negativo sulla piazza, nel suo lavoro disegnò il complesso della piazza, comprese le strade, che si dipartivano da esse e le fabbriche già costruite (fig. 1 e 2).

Fig. 1 Pianta elaborata dell’ing. Policarpo Ponticelli

Fig. 1 Pianta elaborata dell’ing. Policarpo Ponticelli

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  1.  Archivio storico comunale Catello Salvati da ora A.S.C.C.S. 1828 Busta 311
  2.  C. Parisi Cenno storico-descrittivo della città di Castellammare di Stabia. Firenze 1842
  3.  Carica che gli era stata conferita il 21 gennaio 180[3
La Piedigrotta

Il cav. De Gaetano e la nascita della Piedigrotta Stabiese

Il cav. De Gaetano e la nascita della Piedigrotta Stabiese

di Lino Di Capua & Gelda Vollono

articolo del 06/06/2009


Le Feste Estive, agli inizi del ‘900, sono per Napoli e per molti paesi della sua provincia un appuntamento importante. Il ricco programma di manifestazioni che si organizzano non ha solamente lo scopo di attrarre e divertire il turista, ma è soprattutto l’occasione per pubblicizzare le proprie risorse e caratteristiche al di fuori dei propri confini.
Ogni città diventa palcoscenico sul quale ciascuno, in ogni campo e a tutti livelli, s’improvvisa attore protagonista di uno spettacolo il cui unico fine è quello di vendere bene la propria mercanzia.
Castellammare non è da meno: ha da difendere e consolidare la fama di meta turistica à la page conquistata durante il periodo d’oro del grand tour del secolo precedente.
Non è difficile quindi immaginare quanto il programma estivo delle feste sia fitto di iniziative: gli stabilimenti balneari e quelli termo-minerali, gli alberghi, i ristoranti e i locali più eleganti, nonché i posti più caratteristici della città, quali la Villa Comunale o il parco delle Antiche Terme contribuiscono con una programmazione speciale di concerti e di spettacoli. Anche tutte le personalità cittadine, letterati, musicisti, poeti, sportivi, commercianti e industriali sono chiamati a dare il loro contributo con l’organizzazione di mostre, convegni, gare, concorsi a premio ecc.
E’ probabilmente in questo ambito che nel 1924 si decide, ad imitazione delle Feste Estive che si tengono a Napoli e che culminano a settembre con la annuale celebrazione della Piedigrotta, di promuovere ed organizzare qualcosa di simile anche a Castellammare.

La Piedigrotta

La Piedigrotta stabiese

Il cav. Carlo De Gaetano, direttore del neonato periodico “La Canzonetta Stabiese”, coglie l’occasione al volo per lanciare la sua rivista che pubblica canzoni, pensando che la manifestazione contribuirà a darle grande popolarità e nello stesso tempo offrirà l’opportunità ai tanti giovani artisti collaboratori che “fanno corona alla Direzione della Canzonetta” e che sognano con le loro composizioni di diventare dei nuovi Denza, di diffonderne le canzoni.
Pertanto si lancia nell’impresa di sostenere anche l’organizzazione della prima Piedigrotta Stabiese.
Ma non sono poche le difficoltà che deve affrontare e risolvere e nel primo numero della sua rivista non esita a manifestarle ai propri lettori: “Se non ci fosse mancato all’ultimo momento l’ausilio di tanti o per meglio dire, se non ci fossimo illusi dell’appoggio che molti ci promettevano in un primo momento la Canzonetta Stabiese sin da quest’anno, cioè fin dal suo inizio, avrebbe rivaleggiato con le migliori edizioni del genere, ed avrebbe avuto una ricchissima raccolta di canzoni”.
Gli restano vicino solamente alcuni artisti, tra i quali un certo Arturo Imperati nei confronti del quale così si esprime: “anima della nostra organizzazione, artista impareggiabile”.
Nonostante tutto però, è convinto che il successo della manifestazione costituirà il volano per quello della rivista e pertanto non manca di imbonire i suoi lettori: “Castellammare ove tutto è sorriso e fascino, Stabia gemma fulgida del golfo partenopeo, Stabia sublime e gentile saprà accogliere e incoraggiare la canzonetta stabiese che si propone negli anni successivi di gareggiare con le Edizioni più diffuse e conosciute della provincia”.
Pertanto è molto probabile che si debba alla sua ostinazione se nel settembre del 1924 si tiene nella nostra città la prima edizione della Piedigrotta Stabiese.
Nel primo numero del periodico sono riportati i testi e gli spartiti di 7 canzoni e un monologo finale partecipanti alla manifestazione e per dovere di cronaca ne citiamo qualcuna:

1. Primavera di rose (Versi di Piero-Steno Casoni. Musica di Italo Baldi);

2. Tarantella stabiese (Versi di Arthur Imperati. Musica di Luigi De Lia);

3. Asso piglia tutto (Versi di Umberto Follo. Musica di Italo Baldi);

4. Se sceta Napule (Versi di Di Lieto Matteo. Musica di Salvatore Rose)

5. ’E bellezze ‘e Nannina (Versi di Arthur Imperati. Musica di L. De Lia)

Canzoni e artisti che, come si può constatare, non hanno superato il giudizio inesorabile del tempo finendo oramai coll’essere completamente dimenticati. A confermare il fatto che la manifestazione deve essere anche un momento pubblicitario per prodotti e coloro che li vendono “TARANTELLA STABIESE” e “’E BELLEZZE ‘E NANNINA” hanno lo stesso motivo ma non i versi . Infatti Tarantella Stabiese è dedicata al Sig. Giovanni Cimmino, meglio conosciuto come Giovanni ‘e Puzzano, (Ancora oggi sulla Via Panoramica di Pozzano è presente il ristorante Giovanni ‘e Puzzano) ed i versi devono magnificare non solo le virtù del vino che da lui si può bere

“ Mett’ ’a coppa ’o meglio vino
Che’ malate fa sanà ”.

Ma anche le doti di chi lo serve :

“ ’E Giuvanne ’o canteniere
Nummer’ uno ’e stu paese
Tutt’ ’o popolo Stabiese
Sape ’e certo cuntentà ”.

Negli anni successivi le feste, la cui organizzazione è affidata all’Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo di Castellammare, diventano sempre più articolate e ricche di iniziative tanto che in una brochure del 1929 ritroviamo la Piedigrotta inserita nel cartellone di fine estate insieme a molteplici altre manifestazioni così presentate:
Manifestazioni atletiche – gare nautiche – festa a mare – gare popolari – piedigrotta stabiese – gimkana automobilistica, sotto l’alto patronato del Fascio e del comune di Castellammare di Stabia, con Premi, coppe del Fascio e del comune di Castellammare, del Dopolavoro Provinciale di Napoli, dell’ Hotel Royal, Terme Stabiane ecc.
La manifestazione ebbe inizio il 1° settembre alle ore 20.00 con questo programma:
Piedigrotta stabiese – festa a mare – fuochi d’artificio a mare – gara con premi tra le barche meglio addobbate ed illuminate – concorso a premi ai migliori concertini vocali e strumentali, al migliore balcone addobbato al corso Garibaldi ed alla migliore terrazza balneare.

I premi erano così suddivisi:

al migliore balcone addobbato – coppa delle terme;

alla migliore terrazza balneare – coppa del Fascio;

barche meglio addobbate ed illuminate: 1° premio lire 250; 2° premio lire 150; 3° premio lire 100; 4°-5°-6°-7°-8°-9°-10° premio lire 25 ciascuna; concertini vocali e strumentali: 1° premio lire 250; 2° premio lire 150.

Le Piedigrotte nella nostra città sono continuate almeno sino al 1967, come è attestato nell’edizione speciale di “Città e Turismo”, anno sesto n. 43 agosto-settembre 1967. In essa si legge a p. 20: “9 Settembre: “Piedigrotta Stabiese” con l’Orchestra Desidery e i cantanti Tony Astarita e Nora Palladino”.
Per quanto concerne le altre edizioni abbiamo notizie certe solamente di quelle del 1948 e del 1956: la prima riportata nel libro di Lilino Diogene “All’ombra del castello”, dove si legge che l’organizzatore di quell’edizione fu il maestro Francesco Martinelli, il quale compose per l’occasione anche alcune canzoni e la seconda, dedotta dal numero unico della rivista “Lo Zampillo” del 30 luglio di quell’anno, che riporta nella programmazione delle feste nel golfo di Napoli: “Piedigrotta Stabiese e Sagra della Canzone (16 settembre)”.
E’ certo che le edizioni della Piedigrotta Stabiese del 1929, del 1956 e quella del 1967 si sono svolte in Villa Comunale. Per quanto concerne, invece, la prima edizione (quella del 1924) ci sentiamo di azzardare che essa si svolse a Pozzano, come farebbe pensare la scelta del cav. De Gaetano di titolare il primo numero della rivista, interamente dedicato all’evento: “Pozzano 1924 – La Canzonetta Stabiese”.

La Cirio di Castellammare

La “Cirio” di Castellammare…

La “Cirio” di Castellammare…

di Lino Di Capua e Gelda Vollono

articolo del 06/06/2009


La Cirio di Castellammare... un ricordo perduto (foto Antonio Cimmino)

La Cirio di Castellammare… un ricordo perduto (foto Antonio Cimmino)

La storia della Cirio inizia lontano nel tempo e nello spazio. Infatti il fondatore Francesco Cirio nasce a Nizza Monferrato (Asti) il 24 dicembre 1836, da un modesto negoziante di pane e pasta, che non può permettersi di pagare operai per cui Francesco incomincia a lavorare nella bottega del padre fin da piccolo. Ha appena undici anni quando inizia a lavorare in proprio: due o tre volte la settimana va al mercato di Nizza Monferrato e vi acquista qualche cesto di ortaggi o di legumi, a spalla li trasporta a Fontanile e li rivende. E’ in questo modo che mentre impara cosa vuol dire fare l’imprenditore, dall’altra intuisce che la conservazione della verdura può essere il business del futuro. Lascia pertanto, insieme al fratello maggiore Ludovico, la casa paterna per andare a cercar fortuna a Torino. Nel 1850 dopo aver lavorato in un pastificio, incontrato il favore e la fiducia dei dirigenti di una grande ditta, la Gamba (poi Marocco), ne diventa un prezioso collaboratore allargando lo smercio delle loro derrate alimentari anche all’estero: Parigi, Bruxelles, Vienna, Olanda.
Finalmente nel 1865, in possesso di un piccolo capitale di appena alcune migliaia di lire, si sente pronto a realizzare il suo sogno: conservare le verdure per rivenderle durante la stagione invernale. Incomincia con i piselli in un’unica stanza e con due grandi caldaie tuttavia, l’enorme Continua a leggere