I Giorni della Memoria a Castellammare di Stabia
(25 luglio – 30 settembre 1943)
articolo del dott. Raffaele Scala
Premessa: caro Maurizio, dopo un lungo silenzio ritorno con una nuova inedita ricerca sui fatti del settembre 1943, utilizzando alcune, inedite relazioni dell’allora Segretario Generale del comune, poi Commissario Prefettizio ed infine Podestà, prima di ritornare al suo lavoro originario. Relazioni scritte a caldo, nel fuoco di quei giorni terribili che raccontano dell’orrore vissuto, della fame e della disperazione degli stabiesi, la crudeltà nazista, le complicità fasciste. Se vi sono testimonianze di quanti vissero quei giorni ed hanno voglia di raccontare, sono pronto a raccogliere le loro voci. Allego le foto di due protagonisti dell’antifascismo stabiese, immagini inedite di Guglielmo Perez, operaio ebanista e Luigi Blundo, impiegato.
Come sempre ringrazio per lo spazio che mi concedi. Raffaele Scala.
Il 25 luglio 1943 fu un giorno traumatico per la metà del Paese, in tanti, i più, si liberarono di camice nere, distintivi e gagliardetti buttandoli nel più vicino bidone della spazzatura, rinchiudendosi in casa o mettendosi al sicuro da probabili, sicure vendette allontanandosi dalla propria città. Vi fu chi pianse, chi giurò vendetta contro il tradimento patito da Mussolini e pronto a dare la propria vita per riscattare l’onore del Paese. In gran parte furono i più giovani, quelli nati e cresciuti nel mito dell’Impero, attratti dal fascino delle parole d’ordine di cui erano pieni i muri dei mille e mille campanili d’Italia, gli altri che corsero a rafforzare la Repubblica di Salò erano i disperati, quelli consapevoli che per loro non c’era speranza di salvezza nel caso fossero caduti vivi nelle mani dei nuovi vincitori, assetati di giustizia e di vendetta. L’altra metà si lasciò andare a festeggiamenti di varia natura, invadendo le strade e brindando allegramente alla ritrovata libertà, lo fecero due volte, ripetendo il giubilo anche nella tarda serata dell’otto settembre, ma ben presto costretti a rinchiudersi nuovamente nelle loro case perché il peggio doveva ancora arrivare, con il suo lungo, interminabile, micidiale colpo di coda nazifascista. La messa in minoranza del Duce d’Italia nel corso della drammatica riunione del Gran Consiglio e il suo successivo arresto fecero esplodere le mille contraddizioni di una Italia ormai allo stremo, stanca di una guerra che neanche Mussolini aveva in realtà voluta, almeno non nell’anno in cui fu effettivamente dichiarata, quando, ormai convinto della guerra lampo immaginata e voluto da Hitler, volle sedersi al tavolo dei vincitori con il minor danno possibile aggredendo la confinante Francia, già invasa dai nazisti. Continua a leggere