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Gallettaro (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Gallettaro
( a cura di Maurizio Cuomo )

Antico mestiere tipicamente stabiese che identifica il produttore della “Galletta” (un caratteristico sfarinato durissimo, simile ad un biscotto dalla forma tonda e schiacciata).

Gallette (foto Enzo Cesarano)

Gallette (foto Enzo Cesarano)

La “Galletta”, definita anche “Biscotto di mare”, perché apprezzata e consumata già in epoca remota dai marinai, fu senz’altro prodotta con lo scopo di approvvigionare i velieri ed i mercantili per le lunghe traversate marittime. Un documento angioino risalente al 1283 relativo ad una commissione di gallette per l’armata navale, attesta l’antico nobile utilizzo di tal biscotto. Secondo la tradizione locale il “Gallettaro” otteneva il caratteristico biscotto, cuocendo l’impasto (privo di lievito e sale), per un tempo addirittura doppio rispetto al comune pane (l’operazione era richiesta per eliminare qualsiasi traccia di umidità, in modo tale di poter conservare la “Galletta” per lunghi periodi, senza pericolo di ammuffimento). Per il consumo era necessario ammollare la “Galletta” con acqua di mare (a quei tempi sicuramente meno inquinata), operazione essenziale per ammorbidire ed insaporire il biscotto (altrimenti insipido). Per la peculiare durezza che caratterizza la “Galletta” stabiese, la tradizione popolare propone questo antico detto: “E’ jute trentasej’anne pe’ mmare e nun s’è spuniata ancora”.

Carnacuttaro (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Carnacuttaro
( a cura di Maurizio Cuomo )

Questo termine (per gli stabiesi di raro utilizzo), indica il venditore di carni cotte, ossia l’ambulante dedito alla vendita di: trippa, “pere e ‘o musso” (piede e muso di maiale) e particolari zuppe di frattaglie in brodo.

carnacuttaroQuesto mestiere ha origini molto remote, l’antica nobiltà, infatti, considerava “il piede ed il muso” del maiale, la trippa e le interiora, parti di scarto (una offesa al fine e nobile gusto). La servitù che viveva all’ombra di tanta signorilità, alle prese con la sopravvivenza quotidiana (dove nulla si butta e tutto può servire), in mancanza di meglio, imparò a sfruttare e ad apprezzare anche queste povere pietanze. Nello specifico, oggi, la tradizione locale ripropone ‘o pere e ‘o musso, come una prelibatezza servita a pezzetti in cartoccio, rigorosamente degustata con un pizzico di sale e qualche goccia di limone.

Ammuola forbece (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Ammuola forbece
( a cura di Maurizio Cuomo )

(articolo del 12 gennaio 2014)

Ammuola forbece

Ammuola forbece

A questo caratteristico personaggio (solito girare su di una vecchia bicicletta) venivano affidati coltelli, temperini e forbici, al fine di farne ripristinare il filo della lama. L’ambulante riusciva ad essere presente in tutta la città, passando di zona in zona in un differente giorno settimana. L’attrezzatura da lavoro (simile ad una mola da banco) rudimentale ed ingegnosa allo stesso tempo, era posta sulla parte anteriore della bicicletta e collegata alla pedaliera della stessa, nello specifico “l’ammuola forbece” (fissata la bicicletta con dei piedistalli) con la semplice rotazione dei pedali azionava la “mola a ruota”. Il mestiere di “arrotino ambulante”, purtroppo, è stato soppiantato dal moderno consumismo, nel quale si preferisce acquistare, anziché aggiustare.

Acquaiuolo (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Acquaiuolo
( a cura di Maurizio Cuomo )

(articolo del 12 gennaio 2014)

Portatore d'acqua

Portatore d’acqua

Negli anni ’80 era ancora possibile incontrare nella calura estiva delle strade cittadine un acquaiuolo ambulante (visualizza la biografia dell’indimenticato Ciro Lo Schiavo); l’uomo dedito alla vendita di diverse tipologie di acqua (contenute in damigianelle poggiate in delle ceste di vimini), annunciava la sua presenza rionale gridando: “Acquaiuooolo”; non raramente a questa voce si affacciava una casalinga calando il caratteristico paniere contenente qualche spicciolo ed una fiaschetta da riempire. L’acquaiuolo ambulante assolto l’occasionale dovere lavorativo, si allontanava con il suo carretto trainato dal “ciuccio”, continuando il giro cittadino. La figura dell’acquaiuolo con bottega fissa (Acquafrescaio), purtroppo è anch’essa quasi del tutto estinta (sul territorio stabiese). Il caratteristico banco in marmo ornato da: limoni ed arance pronti da spremere, bicchieroni pesanti in vetro e da immancabili scorze già spremute di limone necessarie per la pulizia dei boccali, resiste solamente in alcuni punti del centro antico.

Una curiosità: prima dell’invenzione del moderno frigorifero, il ghiaccio che serviva a refrigerare l’acqua sulle bancarelle di Napoli e provincia, proveniva dal nostro “Faito”: la neve caduta in inverno, veniva raccolta in delle enormi fosse (ancora esistenti sulla cima del Faito) e coperta (al fine di preservarne l’integrità per lungo tempo), la corretta conservazione permetteva di ottenere grossi blocchi di ghiaccio da vendere nel periodo estivo.

L’Acqua dei Porci (scheda di percorso)

( Schede tecniche di percorso )

“Da Quisisana all’Acqua dei Porci”

Itinerario: Palazzo reale di Quisisana – boschi di Quisisana – sentiero dell’Angelo – sorgente “Acqua dei Porci”.

Durata: 3 ore e 50 minuti (comprese ampie soste di rilevamento).

Lunghezza: 4 km circa.

Difficoltà: E (Escursionistica – media difficoltà).

Dislivello: 750 mt.

Tipo di percorso: Il primo tratto nel bosco di Quisisana (circa 15 minuti di cammino), è agevole e a carattere turistico. Alle spalle della storica e purtroppo semidistrutta “Fontana del re”, imbocchiamo il sentiero a est in direzione Monte Coppola: superati i tralicci dell’alta tensione e raggiunto il primo ponticello, proseguiamo per circa altri cento metri facendo attenzione (a lato monte) alla segnalazione (bianco/rossa CAI) dell’imbocco del cosiddetto “Sentiero dell’Angelo”. Lasciata in tal modo la strada carrabile, il percorso s’inerpica sin da subito, nella fitta vegetazione boschiva, per cui si godrà di una discreta ombreggiatura e più in alto di bellissimi scorci panoramici sul golfo (questo tratto è caratterizzato da un piano di calpestio sterrato e in alcuni punti roccioso).
A circa metà percorso (superato in altitudine il cosiddetto “Pizzo delle Monache”), ci ritroveremo in prossimità di uno dei curvoni dello stradone carrabile del Faito, proseguiamo sul percorso sterrato per ritrovarci poco dopo nel bosco (in alcuni tratti la boscaglia si presenta selvatica e priva di manutenzione). Proseguiamo nella fitta vegetazione seguendo l’indispensabile segnaletica CAI, fino a raggiungere la caratteristica sorgente dell’Acqua dei Porci.

Punti d’acqua: Fontane dei boschi di Quisisana – sorgente Acqua dei Porci (non potabile).

Segnaletica: L’itinerario è tracciato da evidente e ben marcata segnaletica bianco/rossa (C.A.I).

Tipo di vegetazione: Il tratto iniziale del percorso attraversa lo splendido parco di Quisisana caratterizzato da Castagni e Lecci secolari. Imboccato il sentiero “dell’Angelo” ci s’immerge nella tipica macchia mediterranea. Proseguendo per l’Acqua dei Porci, con l’aumentare della quota, s’incontrano alternati, cedui a bosco misto e a Castagno.

Punti d’interesse: Palazzo reale di Quisisana – boschi di Quisisana – Sorgente dell’Acqua dei Porci. Numerosi gli spunti storici le attrattive naturalistiche e gli scorci panoramici che il percorso offre.

Osservazioni: Percorso affascinante e agevole da percorrere, l’ideale per l’escursionista che vuole godere dell’amenità dei monti di Stabia. La tradizione vuole che questo storico sentiero veniva utilizzato dai nostri avi per raggiungere con sacrificio e devozione la chiesa di San Michele al Faito. Straordinari sono anche gli spunti naturalistici che l’itinerario può offrire: la magnificenza di un inerme bruco, la perfezione di una enorme ragnatela nel bosco o anche il fortuito ritrovamento delle fragoline di bosco in fiore, purtroppo sempre più rare e difficili da individuare.


per approfondimenti:
l’Acqua dei Porci nelle immagini itineranti