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‘A ‘Mmaculata arapre ‘e pporte a Natale… Santu Catiello ‘e cchiure

(di Enzo Cesarano)

BOOM!!! Spara ‘a botta, passa la Voce «Fratielle e surelle, ‘o Rusario ‘a Maronna…» qualcuno si segna con la croce, qualcun altro jastemma, troppi fanno finta di niente e continuano a dormire.

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Festività di Natale: le zeppole dell’Immacolata

Castellammare di Stabia, prime luci dell’alba, ‘a ‘Mmaculata arapre ‘e pporte a Natale… a chiuderle sarà Santu Catiello il 19 gennaio dell’anno nuovo. Così è anche quest’anno.

Il sapore e il senso della festa, però, ultimamente non sono più gli stessi, la tradizione si va perdendo, al suo posto restano i ricordi.

Fino agli anni Ottanta era usanza per le famiglie stabiesi organizzare per la sera della vigilia dell’Immacolata un vero e proprio cenone, la prova generale di quelli da fare il 24 e il 31 dicembre.

La “tavuliata” aveva inizio dopo la visione dei tradizionali “fucaracchi” che, a differenza di oggi, si accendevano nella grazia di Dio al calare del sole. Tutta la famiglia era riunita a tavola: anziani, giovani, bambini, se qualcuno mancava era troppo lontano per tornare. Anche la fame era tanta, per la giornata di lavoro passata a stomaco vuoto in attesa di gustare le prelibatezze del menù. Continua a leggere

MESSAGGIO di NATALE ( Natale del Signore 2011 )

del prof. Luigi Casale

E’ tempo di Natale. Festa della memoria e della tradizione.
L’atmosfera della festa la si respira nell’aria già a partire dagli ultimi giorni di novembre. Con ogni condizione di tempo. Neve o nebbia, bruma o pioggia, o anche bufera e tempesta.
Ma specialmente quando risplende la bella giornata dicembrina con il sole basso nel cielo e le ombre che si allungano sulla terra: quando i diversi piani di luce si sovrappongono trasparenti, ma ancora distinti e chiaramente individuabili nel riverbero della foschia pomeridiana, mentre si prepara il tramonto.
Sempre e comunque, però, la tipica atmosfera di festa resiste la durata di un mese. E a Santo Stefano subito si cambia registro. Tanto che la cultura popolare – quella condensata nei proverbi – per dire che qualcosa: un’emozione, un fenomeno, una promessa, un impegno, è di breve durata, esclama: “E’ durato Natale e Santo Stefano”.
In effetti succede che l’Avvenimento, presente nella evidente attualità storica e nella sua perenne contemporaneità psicologica, fuga dalla coscienza la tensione accumulatasi durante l’attesa della festa, ed esplode nella pienezza della gioia, il giorno della Festa.
Così passato il Natale svanisce anche il cosiddetto clima natalizio. Quello festaiolo e superficiale, naturalmente. E si ritorna alla consapevole realtà dell’oggi.
Perciò, quello che anche noi inseriti come siamo nella cultura popolare, semplicisticamente continuiamo a dire “tempo di natale”, la Liturgia cristiana, opportunamente invece, chiama “Tempo di Avvento”. Cioè tempo proiettato verso la venuta. Quindi, “Tempo dell’Attesa”. Tempo animato dal desiderio che genera fervore, mentre si avvicina il momento della gioia piena, quando la Festa sarà presente nel suo “essere”.
Il sabato del villaggio? Solo in parte! La differenza è che il Poeta dice che, dopo, ritorna la noia.).
La fiducia e la speranza cristiana ci fa dire invece che ritornano serenità e certezza.

* * *

Quanti si muovono alla ricerca del significato dei gesti, e quindi alla scoperta del loro fondamento nella esperienza esistenziale e alla loro conseguente esplicitazione, fino ad una rilettura più profonda e motivata del mito, e della sua rappresentazione, fanno opera educativa di carattere sociale. Fanno cultura. E qui non c’entra la religione. Anche se essa resta di primaria importanza.
Per parte nostra, noi, allungando lo sguardo a ritroso sulla vicenda umana: personale, di gruppo, o universale fino alle più recondite e misteriose origini, notiamo come la consapevolezza (la retta coscienza) dell’innato bisogno di trascendenza abbia sviluppato nella persona umana, insieme al processo di conoscenza o di crescita, la cosiddetta coscienza morale e il sentimento religioso. Questa ricerca, questo sviluppo umano che è crescita culturale, come detto, (e nella visione cristiana è segno dell’alleanza di Dio con l’uomo), ha prodotto quel sublime dato culturale (religioso) presente nelle Sacre Scritture. A cui l’uomo attinge la rivelazione del Dio (Epifania = manifestazione). Dio è nelle Scritture. O meglio nella Scrittura.
Ed è la stessa manifestazione di Dio che ritroviamo nella vita dell’uomo, quella che poi come storia esemplare ed emblematica confluisce nelle Scritture. Quelle antiche, con la esemplarità del “popolo eletto”. Le nuove, il Vangelo, con l’esemplarità della vita di Gesù.
Dio, quindi, è nella nostra vita e nella storia dell’uomo. Un modo diverso e interessante per cogliere il senso della “creazione” e della “redenzione”. Storia di salvezza.
Alla luce di questa certezza, diamo significato al Natale di Gesù, e alla sua Attesa.
Con questo spirito auguro a tutti un Buon Natale.

l.c.